I cristiani LGBT+, i loro familiari e gli operatori pastorali che li accompagnano, sono abituati ad abitare la «frontiera» ed è forse per questo motivo che si sono sentiti interpellati con forza da un percorso sinodale in cui si parla di «una Chiesa “in uscita”, una Chiesa missionaria “con le porte aperte”» (DP 15). Lo testimoniano i documenti raccolti in Dalle frontiere al Sinodo. Alcuni percorsi fatti con i cristiani LGBT+ all’interno del cammino sinodale in Italia, volume curato dal gesuita p. Pino Piva e da Gianni Geraci e realizzato dall’associazione La Tenda di Gionata, che raccoglie una parte dei tanti scritti che, nel corso degli ultimi dodici mesi, sono stati offerti alla riflessione sinodale dalla galassia dei cristiani LGBT+. Ne riprendiamo la prefazione.
Viviamo nella Chiesa un momento storico molto significativo del presente e soprattutto proiettato nel futuro. Stiamo celebrando il Sinodo della sinodalità, cioè un nuovo modo di vivere il nostro essere Chiesa, sotto tre dimensioni che sono indicate nel suo stesso titolo: «Comunione, Partecipazione, Missione».
È un Sinodo diverso dagli altri. Resta sempre il significato ricco di questa parola: camminare insieme. Ma la chiamata è cambiata: è un invito universale, nessuno è escluso dal dire la sua parola, il suo desiderio, la sua richiesta, per migliorare il nostro modo di essere e di vivere l’essere Chiesa.
Partecipativo e inclusivo
Non si tratta di un evento una tantum, ma di un processo, iniziato nell’ottobre 2021 e che andrà avanti fino all’ottobre 2023. Un itinerario con le sue tappe e in atteggiamento orante. Processo spirituale, in un discernimento che implica necessariamente l’ascolto reciproco e, insieme, dello Spirito Santo.
Si parte dalla base per dare origine, con questi apporti a livello diocesano, al documento preparatorio per la tappa successiva, che è quella continentale, cioè delle conferenze episcopali di tutta la Chiesa. In questo invito universale c’è un aspetto molto importante. Persone che sono ai margini della Chiesa perché non le abbiamo accolte o abbiamo avuto un atteggiamento escludente e le abbiamo costrette ad andarsene.
E il Documento preparatorio ci ricorda che «la sinodalità è vivere un processo ecclesiale partecipativo e inclusivo, che offra a tutti – in particolare a coloro che per varie ragioni si trovano in situazioni marginali – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltati per contribuire alla costruzione del Popolo di Dio (DP 2).
In questo momento molte persone e gruppi hanno ascoltato con speranza, a volte non senza diffidenza dovuta alle esperienze vissute, questo invito e, superando la sfiducia, hanno detto la loro parola alla Segreteria Generale del Sinodo, che è destinataria di tutto ciò che vogliamo fare arrivare al Sinodo.
Tra questi gruppi ci sono i nostri fratelli e sorelle che vivono in modo diverso la dimensione affettivo-sessuale, e che sono cristiani e desiderano vivere la loro fede all’interno della Chiesa. Sappiamo che molte volte hanno subìto al suo interno il rifiuto e l’emarginazione nei gruppi che chiamiamo cristiani o, in altre istanze, ecclesiali.
A causa di questo atteggiamento e di altri simili, non avremo una Chiesa sinodale se non sarà unita al perdono e alla riconciliazione. È necessario riconoscere il nostro peccato, chiedere perdono e impegnarci a cambiare atteggiamento. In questo modo creeremo una Chiesa più credibile, più simile al sogno di Gesù. Più riconciliata tra tutti coloro che ne fanno parte.
Dalle frontiere al Sinodo
Consentitemi di riprendere il titolo che guida il lavoro che i gruppi italiani hanno svolto e che è contenuto nel libro che ho l’onore di introdurre: posso dire con cognizione di causa che è stato un lavoro molto profondo che nasce dal desiderio di rimanere nella Chiesa, seguendo le orme di Gesù, incarnando nella propria vita i valori del Vangelo. Un’opera partecipata da molte persone, sinodale nella sua sostanza e nella sua forma.
È da apprezzare e da riconoscere in onore alla verità che la Chiesa stessa, con questo Sinodo, sta dimostrando un vivo interesse a mettersi in cammino al fianco di tutte le persone che sono ai margini, comprenderle ed accoglierle, e questo è un grande passo che molto stimola e dà grande speranza nel trovare porte e cuori aperti e accoglienti nello stile di Gesù.
Questo ci permette anche di dare visibilità ad ogni persona e gruppo con il suo nome e cognome, con il suo volto e la sua realtà concreta. Papa Francesco non smette di ricevere e ospitare queste persone e gruppi. Siamo anche molte le persone impegnate nella pastorale della diversità sessuale in molti Paesi.
Personalmente, vivo tutto questo con grande speranza, ma non posso ignorare che abbiamo ancora strada da fare. Sono una donna, educatrice, consacrata in una congregazione religiosa – le Suore Figlie di Gesù −, mi dedico all’accompagnamento spirituale personale e quindi ho all’attivo tante ore di ascolto di persone ed esperienze molto diverse; a volte arrivano esperienze con grande dolore, e tocca profondamente il mio cuore femminile il sapere che in molti ambienti dei nostri Paesi, in altre parti del mondo, ci sono pene severe, anche la morte, per un orientamento sessuale diverso.
Ci sono sacerdoti, religiosi, e soprattutto religiose, che non possono parlare in modo trasparente del proprio orientamento sessuale.
Pagine stimolanti
Come aiutarci, come aprire il cuore e la mente all’accoglienza di ogni persona, questo è il centro, il resto sono dettagli. Gesù si è sempre messo in gioco a favore della persona al di là della legge. Ascolto, accoglienza, integrazione, perdono, riconciliazione… non sono parole, sono atteggiamenti umani e cristiani.
Dal mio posto nella Chiesa, collaborando alle commissioni che preparano l’attuale Sinodo, vivo con fiduciosa speranza un tempo nuovo in cui l’esclusione delle persone sia «trasformata» in inclusione e accoglienza incondizionata. Sogno un altro modo di vivere la Chiesa, di farne parte, con impegno attivo.
Non voglio essere una spettatrice e restarmene tranquilla guardando cosa succede e come dovrebbe essere migliorato. Le mie viscere si commuovono al vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Desidero continuare ad accompagnare ciascuno nella propria realtà.
Grazie per questa opportunità di presentare le seguenti pagine. Riflettere ancora una volta sulla nostra Chiesa – la Chiesa che amo e in cui voglio rimanere – mi dà l’opportunità di essere grata di farne parte e quindi di soffrirne e gioirne coi suoi dolori e gioie.
Fiduciosa che lo Spirito Santo è colui che guida questo Popolo di Dio che cammina tra luci e ombre, ringrazio coloro che hanno firmato questi testi dalla radice della loro fede e dal desiderio di una Chiesa più coerente con il Vangelo. Continuiamo ad andare avanti sinodalmente. Ci sosteniamo a vicenda appoggiati nel Signore Gesù che continua ad invitarci e ci chiama per nome, con la promessa di camminare al nostro fianco.
Grazie mille per queste pagine così stimolanti!
Maria Luisa Berzosa, religiosa delle Suore Figlie di Gesù, è membro della Commissione del Sinodo dei vescovi per la spiritualità e consultrice del dicastero per l’educazione cattolica.
Si profila ancora una volta un incontro, spero, o uno scontro tra la concezione dell’umano cristiana e l’accoglienza della persona che vive una sessualità diversificata.
Cosa intende l’autrice dell’articolo quando scrive di ‘un’accoglienza incondizionata’ da parte della Chiesa? Mi si lasci dire che l’accoglienza delle persone è vita della Chiesa da anni. Basterebbe andare nelle nostre comunità parrocchiali. Non solo c’è un’accoglienza viva, cordiale, decisa ma si trovano persone omosessuali anche all’interno di vari servizi anche educativi e non solo. Rifiuto di credere che ci siano presbiteri che hanno allontanato fratelli omosessuali. Può essere che qualche membro della comunità abbia fatto commento poco fraterni, ma anche questo in numero molto esiguo. E questo sarebbe buona cosa dirlo in quanto le comunità cristiane sono Chiesa, sono la Chiesa proprio là dove le persone vivono.
Inevitabile che la riflessione sarà più dura sulla concezione di persona che la Chiesa ha maturato dalla Scrittura anzittutto e dalla Tradizione. Ci può essere una rilettura e maggior conoscenza della Parola, ci può essere uno sviluppo del pensiero teologico ma non uno sconvolgimento o una cancellazione di quanto maturato fino ad oggi. Il pericolo sarà davvero di piegare anche la lettura della Parola e la Tradizione al pensiero ‘unico’, al pensiero dominante. Pensiero che comunque porta la persona a un soggettivismo esasperato dove deve diventare possibile tutto ciò che io penso appartenga alla mia dignità di uomo e donna.
Noi cristiani, invece, pensiamo che l’uomo non possa essere pienamente se stesso se non in una relazione con Tu che chiamiamo Dio: Dio Parola fatta carne in Gesù di Nazareth, il Signore. Sono pienamente uomo perchè liberamente credo che solo seguendo Lui la mia umanità sarà compiuta.
Infatti la scrittura non va taciuta. Ma continuare a non vedere che se i gamberi li possiamo mangiare nonostante il levitico li definisca impuri perché non possiamo fare lo stesso con le persone omosessuali. E ben più di un gambero abbiamo qui!
Bisogna smetterla di offendere le persone in nome di Dio usando un documento umano come una clava sulla testa delle persone.
La sua retorica violenta giocata sulle accuse di offese che nessuno non si è mai neanche sognato di fare non serve né il dialogo né la verità. Ma d’altronde sono abituato ai suoi metodi “dialogici”. Non penso che giovino né a lei né alla causa che pretende di difendere.
Io vedo solo un uso strumentale delle sacre scritture in cui la chiesa è rodatissima ma ormai è un giochetto che non tiene più. Se ne faccia una ragione. Su una mancata esegesi biblica non c’è molto da discutere. Si segua un bel corso biblico fatto da un buon biblista e vedrà che ne avrà molto giovamento spirituale.
L’uso strumentale delle Scritture è quello di fargli dire ciò che non dicono o meglio fargli dire l’opposto di ciò che dicono. Ovviamente per fare questo occorre una esegesi biblica di quelle veramente creative e prone all’ideologia del momento. Questo è lo sport di molti dei “buoni biblisti” cui fa riferimento lei. Se i corsi di tali “biblisti” le piacciono buon per lei. Ma attenti ad essere – non dico fedeli alla Chiesa ed al suo Magistero – ma almeno onesti intellettualmente quando si leggono i testi sacri. Altrimenti ci si prende in giro da soli e da ciò non ne viene certo “giovamento spirituale” piuttosto direi che ne viene nocumento.
Quanto ai miei corsi biblici penso che gli esami dati all’università – per ora – mi bastino.
Un ultima riflessione. In ogni epoca la Chiesa ha dovuto difendere la retta fede dalle ideologie del momento: gnosticismo, marcionismo, manicheismo, arianesimo, monofisismo, iconoclasmo, luteranesimo, calvinismo ecc. Spesso, come anche oggi avviene per l’ideologia LGBT+, tali orientamenti erano fiancheggiati dal potere sociale e politico. Addirittura nei primi secoli si parla di “eresie imperiali”, ne sanno qualcosa santi perseguitati come Atanasio, Teodoro Studita e tanti altri. Ciononostante la profonda verità della fede sull’essere umano ed il suo destino è stata preservata e trasmessa sino a noi grazie all’opera irresistibile dello Spirito Santo. Prego e confido che quella stessa verità possa illuminare lei ed i miei contemporanei in vista della patria celeste. Saluti
Purtroppo le istanze LGBT+, con la loro sessualizzazione estrema dell’identità umana, stridono terribilmente con l’antropologia cristiana e gesuana. Ciononostante (e per grazia di Dio) la Chiesa – come spiega bene il CCC raccomandando “rispetto, compassione, delicatezza” – è e dev’essere sacramento di salvezza per tutte le persone, qualunque sia il loro sesso o genere o orientamento sessuale od altro. Certo ogni persona risponde a tale grazia a suo modo (cfr. parabola del seminatore) con una maggiore o minore adesione alla Via indicata dal Signore. Ma non è tacendo, sminuendo o cancellando il contenuto delle Scritture e della Tradizione circa gli atti omoerotici che si recherà un buon servizio a questi fratelli.
L’accoglienza per i sodomiti si limita solo, come è giusto, all’invito ad ascoltare assiduamente la Parola di Dio e a pregare, affinché si convertano e cambino vita abbandonando le loro pratiche perverse, visto che sono di fatto scomunicato e non possono aver accesso ai sacramenti, né ricoprire incarichi di alcun genere. Voglio ricordare che le prescrizioni alimentari e di costume di origine ebraica sono state risparmiate solo a noi cristiani non di origine ebraica nel primo concilio della Chiesa; tuttavia qui stiamo parlando dei Comandamenti e di peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio: c’è l’inferno, altro che l’inclusione!
visto che sono di fatto scomunicato e non possono aver accesso ai sacramenti, né ricoprire incarichi di alcun genere
1) mi sembra che il diritto non preveda nessuna scomunica o altra sanzione per gli atti omosessuali. forse lei confonde il peccato mortale con la scomunica
2) se sono esclusi dai sacramenti non possono neanche confessarsi, e invece (per fortuna) possono
3) la condanna per l’atto non esclude l’accoglienza verso la persona che ha queste tendenze, che ha bisogna dell’aiuto della comunità cristiana nel suo percorso di fede
Devo precisare visto che sono stato troppo sintetico: non intendevo parlare di un singolo e sporadico atto contro natura, ma di persona che convive more uxorio con una dello stesso sesso o comunque che intrattiene con essa una relazione che prevede atti sessuali (del resto le stesse considerazioni valgono anche nel caso del concubinaggio); con questa precisazione, fintanto che uno permane in tale situazione è di fatto scomunicato e non ha accesso nemmeno alla confessione che prevede oltre all’accusa dei peccati, anche il dolore e il proposito di non commettere mai più ed ha come conditio sine qua non l’interruzione di una relazione malata. Sulla terza considerazione sono d’accordo, ma ti ho detto i termini: ascolto della Parola e preghiera, non (come qualcuno pensa e fa) una pastorale per coppie omosessuali: la relazione malata va interrotta, non accolta; la tentazione si fugge, non si affronta!