Domani sera – 21 dicembre – alle ore 18.30, a Bari, nella basilica di san Nicola il presidente della CEI Matteo Zuppi guiderà la preghiera per la pace sulla tomba del santo, con la partecipazione di cristiani ucraini, russi e bielorussi. Abbiamo posto a padre Gerardo Cioffari della comunità domenicana san Nicola di Bari, direttore del centro studi nicolaiani, alcune domande circa il particolare contesto dell’evento ecclesiale (Giordano Cavallari).
- Come la comunità domenicana accoglie l’iniziativa di preghiera ecumenica del 21 dicembre, promossa dalla CEI, nella basilica di San Nicola?
L’iniziativa è molto bella e ricorda quella del febbraio 2020, che vide, nella stupenda Basilica, l’incontro di oltre una cinquantina di vescovi del Mediterraneo per la pace in Medio Oriente. Indubbiamente è un riconoscimento del ruolo ecumenico del Santo di Mira e di Bari.
Ovviamente la comunità domenicana è felice della designazione della Basilica come luogo d’incontro, anche perché la preghiera è lo strumento principale che hanno i cristiani per regolare i conflitti. San Nicola, specialmente nel Medioevo e nella prima età moderna, era conosciuto soprattutto come il Santo dei mari (O agios ton thalassòn) e delle tempeste.
Purtroppo, la tempesta che stiamo vivendo sta durando da troppo tempo e non se ne vede la fine. Il paradosso sta ora nella circostanza che i due governi in guerra rappresentano le nazioni alle quali più caro è san Nicola. La speranza è che la fede religiosa cominci a prendere il sopravvento sulla ostilità politica.
- Quale valore ha il fatto che la preghiera avviene in prossimità del Natale, ricordando ai lettori perché san Nicola è il santo del Natale?
Il più celebre agiografo dell’occidente, Jacopo da Varagine, verso il 1265 scriveva la sua “Leggenda aurea”, e quasi all’inizio poneva la Vita di San Nicola. Il motivo non era tanto l’universalità del culto di questo Santo, quanto il fatto che il giorno della festa cadeva (e cade) il 6 dicembre, quasi ad introdurre il periodo dell’Avvento e del Natale.
Un aspetto al quale Benedetto XVI ha dedicato un intero articolo. Nella cultura laica, già dal XV secolo, Nicola divenne Santa Claus (Babbo Natale), che 500 anni dopo la Coca Cola ha immortalato col vestito che tutti conosciamo. Speriamo allora che gli adulti riescano a diventare come bambini e risolvere i problemi con cuore puro.
- Come è nata questa iniziativa?
Se non vado errato, l’iniziativa è stata proprio del presidente della CEI, il card. Matteo Zuppi, il quale si sarà ricordato del discorso in Basilica di papa Francesco, che definì Bari “capitale dell’unità dei cristiani”. Nel prosieguo, protagonista, insieme alla CEI, è divenuta l’arcidiocesi di Bari-Bitonto, che ha messo a disposizione teologi, ecumenisti e liturgisti.
- Come si svolgerà la preghiera?
Come in tutte le funzioni solenni, si inizierà con una processione guidata dal cardinale Matteo Zuppi e dall’Arcivescovo di Bari, Giuseppe Satriano. I vescovi partecipanti procederanno al canto liturgico “Cristo principe della Pace”, innalzando la croce ed elevando un Evangeliario.
Il Kyrie eleison sarà seguito da una serie di invocazioni per i volti segnati dall’orrore della guerra. Verranno poi le letture bibliche, seguite dal Trisaghion. La lettura dal profeta Isaia sarà letta anche in lingua ucraina. Dopo alcuni altri canti si scenderà nella cripta, la chiesa sotterranea dove riposa il corpo di san Nicola.
Qui si pregherà per la pace e si canterà il responsorio a san Nicola, vale a dire la sequenza: Se chiedi miracoli, si placano le tempeste. Si concluderà con un breve canto alla Vergine. Tale programma generale potrebbe però cambiare in base ai partecipanti ortodossi aderenti all’iniziativa.
- Quali comunità di fedeli parteciperanno?
A parte l’episcopato cattolico, ignoro al momento la situazione dei partecipanti. Certamente il problema degli inviti è un problema spinoso, e penso che avverrà tramite contatti informali. C’è troppa permalosità in giro. Come ricorderete, persino l’iniziativa papale di far partecipare una donna russa e una ucraina alla Via Crucis suscitò un coro di proteste.
La stampa e i governi occidentali hanno preteso una condanna senza se e senza ma (come se tutto ciò che è successo tra il 2014 e il 2022 non avesse alcuna importanza). Per cui con questo stato d’animo persino la naturale concordia tra ucraini, russi e bielorussi dinanzi alle reliquie del nostro Santo, rischia di incrinarsi. Anche in questo però dobbiamo tener viva la fiammella della speranza.
- Quale sarà la difficoltà di russi e ucraini a pregare insieme?
Io che conosco bene l’ambiente “barese” e “nicolaiano” sono convinto che gli ucraini, i russi e i bielorussi locali pregherebbero in armonia dinanzi alla tomba di San Nicola, come hanno sempre fatto e come stanno facendo anche in questi giorni, con la differenza che ora lo fanno con un cuore grondante sofferenza. Il rischio deriva da quelli che verranno da altrove, che potrebbero non vivere questi sentimenti di concordia.
- Quale sarà il valore e forse l’efficacia speciale della preghiera per la pace nella Basilica di San Nicola?
Se ci basiamo sulle notizie che quotidianamente ci arrivano sulla guerra la speranza sull’efficacia della preghiera è praticamente uguale a zero. Da buoni cristiani però la speranza non deve abbandonarci, perché l’intercessione di san Nicola – per russi e ucraini l’amico di Dio – è potente.
Io però avrei preferito che l’insegna di San Nicola fosse stata messa nelle mani della Comunità di S. Egidio, l’unica capace di non lasciarsi influenzare dai media e di ascoltare entrambe le parti in guerra. La pace, infatti, non è quella che noi vogliamo, perché spesso facciamo il tifo per una squadra contro l’altra, mentre i pensieri di Dio sono altra cosa.
- Vuole brevemente ricostruire la vicenda della grande statua di San Nicola donata a suo tempo dal presidente Wladimir Putin?
Per noi domenicani il pellegrinaggio russo, ucraino e bielorusso è un segno distintivo della Basilica di san Nicola. Come è noto, quando Kiev, nell’XI secolo, era capitale dell’Ucraina, della Russia e della Bielorussia, avvenne la traslazione di San Nicola da Mira (Turchia) a Bari.
Un anonimo scrittore, ricordando i principi di Kiev e di Černigov, raccontò la vicenda agli slavi di quelle terre e nel 1095 fu istituita la festa ortodossa della Traslazione che ancora oggi si celebra: caso più unico che raro per una festa squisitamente cattolica.
Dato che nel 2000 il pellegrinaggio russo, ucraino e bielorusso si è molto incrementato, anche nel contesto della consegna della chiesa russa di Bari al patriarcato di Mosca, Putin volle questa statua con l’iscrizione bilingue che ricordasse il secolare rapporto fra Bari e la Russia.
Influenzati dalle notizie della guerra come presentate dal parlamento dell’UE, circa 20.000 baresi hanno proposto la sua rimozione, ma è prevalsa la saggezza del sindaco Decaro che si è espresso a favore del mantenimento di questo simbolo intatto della fratellanza fra i popoli.