Lo scorso 23 dicembre 2022, a seguito degli sviluppi della vicenda che ha coinvolto il gesuita p. Marko Rupnik (cf. qui su SettimanaNews), anche il cardinale vicario per la Diocesi di Roma, Angelo De Donatis, si è espresso con una dichiarazione nella quale annuncia «una serie di provvedimenti rispetto agli uffici canonici diocesani (…) di cui P. Rupnik è investito tuttora». La Diocesi afferma di «dover riflettere ed eventualmente prendere provvedimenti» anche sul Centro Aletti, che è riconosciuto come associazione pubblica di fedeli della Diocesi di Roma.
La Diocesi di Roma, fedele alla sua missione di presiedere nella carità, confortata dal discernimento del suo Pastore Supremo, sente doveroso pronunciarsi su un caso, ormai conclamato, di accusa a livello mediatico a un chierico, P. Marko Ivan Rupnik S.J., membro della Compagnia di Gesù, Istituto Religioso di Diritto Pontificio, incolpato di pesanti abusi di vario genere, protratti nel tempo, a danno di diverse persone, a partire dall’inizio degli anni Novanta, in Slovenia e in Italia.
L’attuale pronuncia del Vicariato di Roma si deve intendere rispettosa delle competenze e decisioni dei legittimi Superiori di P. Rupnik, nonché delle determinazioni di tutte le Istanze che si sono occupate del suo caso, soprattutto negli ultimi mesi, in particolare del Dicastero per la Dottrina della Fede. Invero, il chierico finora ha avuto un rapporto di carattere pastorale a più livelli con la Diocesi di Roma, ma non si trova in una posizione di sottomissione gerarchica al Cardinale Vicario a livello disciplinare ed eventualmente penale.
P. Rupnik finora aveva prestato numerosi e preziosi servizi di carattere ministeriale alla Chiesa di Roma: tra i tanti, che hanno segnato la sua diuturna collaborazione, il cui inizio risale a molti anni orsono, spiccano in particolare l’attività di predicatore di ritiri ed esercizi, soprattutto al Clero romano, e l’attività artistica che lo ha portato fra l’altro a decorare anche la Cappella del Seminario Romano Maggiore.
Tutta la Diocesi, di fronte a questa sconcertante comunicazione, soprattutto mediatica, che disorienta il Popolo di Dio, sta vivendo con preoccupazione e sgomento queste ore, consapevole dell’estrema delicatezza della situazione, che – va ribadito – è stata ampiamente trattata in sedi giudiziali che esulano del tutto dalla competenza del Cardinale Vicario, e che ora viene gestita autonomamente dai legittimi Superiori di P. Rupnik, come ci è stato comunicato in data 16 dicembre u.s., Prot. DIR-SOLI 22/006, a firma del Delegato DIR, P. Johan Verschueren S.J.
La Diocesi di Roma, che non era consapevole fino a tempi recenti delle problematiche sollevate, non può entrare nel merito delle determinazioni assunte da altri, ma assicura, anche a nome del suo Vescovo, ogni supporto necessario per l’auspicabile soluzione positiva del caso, che risani le ferite inferte alle persone e al corpo ecclesiale, portando per quanto possibile a fare piena luce e verità sull’accaduto: quella verità che sola ci rende liberi (Gv 8,32).
È dovere della Chiesa applicare i criteri della verità, che sono quelli di Dio, con i quali Lui ci guarda e ci giudica. Essa ha due mandati inalienabili che sono al contempo anche doveri: stare vicino a chi soffre e attuare i criteri di verità e di giustizia desunti dal Vangelo. Nel caso che la sta scuotendo è bene si proceda secondo una strada certa: noi ministri di Cristo non possiamo essere meno garantisti e caritatevoli di uno Stato laico, trasformando de plano una denuncia in reato. I giudizi che vediamo diffondersi da parte di molti con particolare veemenza, non sembrano manifestare né un criterio evangelico di ricerca della verità, né un criterio di base su cui si fonda ogni stato di diritto, a verbis legis non est recedendum.
La Chiesa che è in Roma in questo momento ritiene primario e fondamentale accogliere con profondo rispetto il dolore e la sofferenza di tutte le persone coinvolte in questa vicenda, soprattutto in questo tempo liturgico dell’anno che chiama tutti a riconoscere in Cristo Salvatore l’unico in grado di guarire le ferite del cuore dell’uomo.
In particolare, la Diocesi di Roma assicura tutta la collaborazione necessaria alla Compagnia di Gesù e alle Superiori Istanze per l’attuazione del Decreto Prot. DIR-SOLI 22/005 del 16 dicembre u.s., a firma del Delegato DIR, P. Johan Verschueren S.J., nei termini di legge canonica. Questo comporterà verosimilmente, tra l’altro, anche una serie di provvedimenti rispetto agli uffici canonici diocesani – gli unici direttamente soggetti all’autorità del Cardinale Vicario – di cui P. Rupnik è investito tutt’ora, in particolare quello di Rettore della Chiesa S. Filippo Neri all’Esquilino e di Membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra ed i Beni Culturali.
La Diocesi di Roma è altresì consapevole di dover riflettere ed eventualmente prendere provvedimenti rispetto ad un’attività che già da molti anni è stata avviata da P. Rupnik e dai suoi collaboratori anche nel nostro ambito diocesano: si tratta del noto «Centro Aletti», avviato nei primi anni Novanta, poi sviluppatosi e cresciuto sotto l’autorità della Compagnia di Gesù e finalmente diventato, il 5 giugno 2019 (cf. Decreto Prot. n. 349/19), Associazione Pubblica di Fedeli della Diocesi di Roma, della quale è attualmente Direttrice la Dott.ssa Maria Campatelli.
Affidiamo tutto alla misericordia del Signore e al prudente discernimento di chi è chiamato a prendere decisioni sulle persone coinvolte.
Angelo card. De Donatis,
Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma
Questo comunicato della diocesi di Roma è particolarmente tragico. Mette in evidenza l’approccio ecclesiastico “vecchio stile” e la mancata attenzione alle vittime. La condanna del male è tenue, c’è una forte preoccupazione per sottolineare la “propria” innocenza. Ovvero la diocesi di Roma non sarebbe tenuta a giudicare il caso che spetta alla compagnia e alla Santa Sede. Ma, eppure ha continuato ad affidare incarichi al P Rupnik, anche dopo la condanna-assoluzione per il caso di assoluzione del complice nel peccato contro il VI. Il Pastore di una chiesa deve essere preoccupato della fede delle persone e di confortare quelli che hanno sofferto, le vittime. La principale preoccupazione qui è invece di dimostrare la propria innocenza e estraneità… L’attenzione alle vittime è quasi pari a zero e si fa appello ad un garantismo- la colpevolezza deve essere dimostrata, che non solo è patetico e inutile, ma è una pugnalata non solo per le vittime del presente caso, ma per coloro che hanno sofferto di altri tipi di abusi e vedono con tanta chiarezza quale continui ad essere l’approccio a queste-e altre- questioni nella chiesa da parte di molti pastori. Un approccio giuridico, con un linguaggio distante, preoccupato solo della correttezza formale senza troppo zelo per il bene delle persone che hanno sofferto. Buon Natale card. Angelo. Prega per me
Come credente e come membro della diocesi di Roma provo un grande senso di vergogna e sconforto per l’emegere di abusi e di complicità più o meno silenti verso i responsabili. Quanto dolore inflitto ad innocenti e quanta caparbia cecità nel riconoscerli e denunciarli……a disorientare i fedeli (e mi permetto di dissentire dal cardinale Vicario) non è affato il clim mediatio isterico (che pure c’è) ma la.mancanza di attenzione umana verso chi ha subito violenze e la tardina e fredda presa di posizione delle autorità ecclesiastiche. Il cammink di conversione della Chiesa è ancora molto lungo. Che il Signore ci dia il coraggio e l’umiltà di affrontarlo con fede e disponibilità alla riparazione dei mali inflitti