È iniziata ieri la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani. Da noi in Italia, dove si è in gran parte cattolici, non si avverte il problema. Né si mostra grande sensibilità. Ma in terra d’Africa o d’Asia, dove sono stato come missionario, suonava invece come uno scandalo. «Portateci il Cristo e non le vostre divisioni!» sentivo implorare.
I tempi cambiano
Riunirsi in nome dello stesso Cristo da una parte protestanti e dall’altra cattolici – quasi due mondi separati – era, infatti, ben triste testimonianza.
Ora i tempi stanno cambiando… In Marocco si è perfino costituita nel 2012, a Rabat, insieme, in corresponsabilità tra protestanti e cattolici un’originale Università di teologia, unica al mondo, dal nome “Almowafaqa” (significa “Accordo”). Rappresenta una vera novità nel panorama teologico, includendo persino professori musulmani.
La Chiesa cattolica, d’altronde, accoglie fraternamente nei suoi luoghi di culto o di accoglienza comunità protestanti.
Per gli ortodossi, ricordo quando qualcuno chiedeva a Père Michel, cattolico, di celebrare la pasqua ortodossa. Di fronte all’imbarazzo del sacerdote, il richiedente si mostrava rassicurante «Non si preoccupi, padre, faccia come il solito, metta solo un po’ più di candele sull’altare!». Gli ortodossi, infatti, nel celebrare adorano la luce, segno vivo del Risorto.
A contatto con i protestanti
Come missionario, ho avuto l’occasione di accompagnare comunità di emigranti italiani a Londra, nel mondo anglicano e nella città di Ginevra, definita la “Roma di Calvino”.
Ricordo quando, con due ragazze italiane, siamo stati al culto nella centralissima St. Martin in the Fields a Londra e la loro viva sorpresa di vedere officiare una donna pastore in talare romana. Il sermone, poi, fu di una brevità, un’efficacia e un’ispirazione esemplari. La sorpresa più grande, alla fine, quando la donna pastore alla porta d’uscita saluta, come sempre, ad uno ad uno tutti i presenti. Arrivato il loro turno, sapendo che non erano anglicane ma italiane, con un sorriso inesprimibile le invitava a un caffè nel bar della cripta! Sì, distanza e prossimità, allo stesso tempo, sorprendenti.
A Ginevra, invece, ci venne l’idea di invitare alla preparazione della cresima dei nostri giovani, Philippe, il pastore calvinista della parrocchia accanto. Venne con tutta la preparazione dotta della Parola di Dio, con l’esperienza di padre di famiglia di ben cinque figli e con l’amabilità sorridente del vicino di casa. Il campo da trattare era precisato, anche se sconfinato: lo Spirito Santo nella Bibbia.
Quale, però, fu la nostra sorpresa nel vedere, alla fine del lungo incontro, i nostri ragazzi pronunciare disinvoltamente termini in greco o in ebraico come pneuma, ruah... dopo un bel percorso filologico! Ma entusiasti, soprattutto, della loro ultima scoperta: la creazione dell’uomo. Fu un bacio in bocca dato ad Adamo da Dio. È così che Dio stesso trasmise il suo soffio di vita. Evidentemente, il pastore era ricorso alla scioltezza di linguaggio dei suoi figli, ottenendo un vero e insperato successo!
In altra occasione, in una celebrazione funebre, ci si era divisi i momenti con un pastore calvinista: a lui la spiegazione della Parola e il percorso di vita di un emigrante italiano che conosceva, a me i gesti del rito e il loro commento simbolico (che i protestanti non contemplano). Alla fine, non posso dimenticare come la moglie stessa del pastore, raggiante, ci venne incontro per ringraziare entrambi. La complementarietà dei nostri interventi pare aver dato alla celebrazione senso, interiorità, fede convinta e condivisa. Anche allora il pastore aveva fatto brillare due qualità della tradizione protestante: l’essenzialità e l’efficacia della parola.
Un altro giorno, alla messa per una defunta italiana, notavo la presenza di un pastore protestante nell’assemblea. Durante il corteo verso il camposanto, allora, discretamente avvicinandomi gli chiedevo di improvvisare la preghiera al cimitero. Mi rispondeva con un’occhiata indecifrabile… Ma, poi, in quel luogo sacro che sembrava un giardino, mentre scendeva lentamente la bara nella terra, incominciava forte: «Tu ci hai fatti di terra, Signore, e alla terra noi ritorniamo…», improvvisando cosi una commossa preghiera finale. Con il suo linguaggio biblico ci inchiodò alla terra. Ci fece sentire tutti semplice argilla. E ci depose, allo stesso tempo, nelle palme accoglienti delle mani di Dio. Per i presenti fu un momento forte, indimenticabile di speranza.
Per me, in fondo, occasioni incredibili di fraternità con pastori protestanti, da sempre appassionati della parola di Dio. Parola che essi hanno conosciuto, elaborato e interiorizzato non da sessant’anni come per noi, ma da ben cinque secoli!
Ecumenismo è costruire dei ponti, lanciare delle passerelle con quelli dell’altra riva. Sapendo che, un giorno, Dio stesso prosciugherà il mare che ci separa.