Francesco: le fonti del pensiero e la pedagogia implicita

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«Tutto il pensiero di Bergoglio è un pensiero della riconciliazione. Non un pensiero “irenico”, ottimistico, ingenuamente progressista ma, al contrario, un pensiero drammatico, “tensionante”». Così Massimo Borghesi mette a fuoco una questione specifica e decisiva per comprendere il pensiero di papa Francesco e le sue conseguenze in prospettiva pedagogica e pastorale.

Parte proprio da qui il Focus «Le fonti del pensiero di papa Francesco e la sua pedagogia implicita», pubblicato nel n. 3/2022 della rivista Studia patavina come primo esito di una più ampia ricerca condotta da un gruppo di pedagogisti e da una teologa dell’Istituto universitario salesiano di Venezia con l’intento di indagare le fonti e le prospettive pedagogiche del pensiero di papa Bergoglio.

«Jorge Mario Bergoglio non è un pedagogista – precisa Andrea Pozzobon, docente IUSVE e coordinatore dell’approfondimento – ma il suo pensiero (prima e dopo il 13 marzo 2013) interroga profondamente l’educazione sia implicitamente, attraverso ogni intervento di carattere antropologico, spirituale, sociopolitico, pastorale… sia esplicitamente attraverso il lancio del Patto educativo globale e altri discorsi sull’educazione».

Il pensiero pedagogico di papa Francesco

Per dare forma coerente agli effetti educativi del pensiero del pontefice è necessario andare alle fonti, fra le quali spiccano: la fonte europea, riconducibile al pensiero di alcuni gesuiti francesi, in particolare Gaston Fessard, Henri de Lubac e Michel de Certeau, connessa alla centralità della figura di Romano Guardini; la spiritualità ignaziana; la filosofia sudamericana (Alberto Methol Ferré, Amelia Podetti) e in particolare la teologia del popolo (Lucio Gera, Rafael Tello, Juan Carlos Scannone).

Il passaggio successivo è l’esplorazione dei possibili legami con il pensiero pedagogico (in particolare con quello di Paulo Freire e con i principali esponenti del personalismo dialogico: Martin Buber, Johann Heinrich Pestalozzi) e culturale in genere (Zygmunt Bauman e Edgar Morin).

Riprendendo il “la” dato da Borghesi, Pozzobon accentua il fatto che il pensiero bergogliano è un pensiero innervato da una dialettica polare che caratterizza un approccio al concreto vivente come spazio da abitare e non da risolvere.

L’incontro di Bergoglio con L’opposizione polare di Romano Guardini, negli anni ’80 del secolo scorso, dà maturità e stabilità a un approccio che, in realtà, il futuro pontefice incontra in tutte le sue principali fonti.

«Le innumerevoli coppie polari disseminate nei discorsi di papa Francesco – riprende Pozzobon – sono uno stimolo tra i più fecondi per la riflessione e la pratica educative e pastorali. Ne elenco solo alcune: pienezza-limite, idea-realtà, globalizzazione-localizzazione (o universale-particolare), grazia-libertà, novità-continuità, presenza-assenza, parusìa-impegno nel mondo, teoria-prassi, divino-umano, spirito-corpo, comunione-istituzione, intelligenza-affetto, immanenza-trascendenza, contemplazione-azione, dolcezza-forza, primato-collegialità, maschile-femminile, passato-presente, teologia-pastorale, uomo-natura».

In particolare, la polarità persona-comunità appare centrale per il discorso educativo nell’articolazione tra persona, famiglia, gruppo, comunità, società: «Tale polarità esprime la radice relazionale e sociale dell’approccio antropologico di papa Francesco, radicato in due misteri-chiave della fede cristiana, la Trinità e l’Incarnazione, e dà ragione alla sua insistenza sulla cultura del dialogo e dell’incontro».

In fondo l’idea stessa di educazione «richiama una tensione polare tra i termini educāre ed educěre i quali, mettendo in luce sfumature diverse dell’atto educativo, concorrono a far emergere la sua ricchezza. Infatti, il verbo educāre richiama la dimensione di guida dell’educatore, mentre l’educěre è più centrata sulla centralità dell’educando il quale, accolto dall’educatore, è facilitato ad appropriarsi della verità».

Il Focus di Studia patavina si apre con un intervento di Massimo Borghesi (Università di Perugia) che accompagna il lettore nel percorso storico e intellettuale di Jorge Mario Bergoglio, esplorando in particolare due fonti fondamentali del suo pensiero: Gaston Fessard e Romano Guardini (Alle fonti del pensiero di papa Francesco. L’influenza di Gaston Fessard e di Romano Guardini).

Laura Vedelago (Facoltà teologica del Triveneto e Iusve) ed Elena Piatto (Iusve) si concentrano sulla relazione tra papa Francesco e Romano Guardini, esplorando in particolare il loro comune approccio alla realtà, la rilevanza del dialogo, la relazione tra differenza e unità, la polarità silenzio-parola, la centralità della cultura dell’incontro («Uno spazio per farti incontrare la verità». Il “pensiero aperto” di Guardini e Francesco).

Giuseppe Riggio (direttore della rivista Aggiornamenti sociali) si addentra nella relazione di papa Francesco con la spiritualità ignaziana, sia come cammino personale di incontro e di dialogo con Dio sia come esperienza intellettuale; il contributo approfondisce, in maniera particolare, i temi della conversione, della missione, della misericordia e del discernimento (L’impronta ignaziana in papa Francesco).

Infine, Loris Benvenuti (Iusve) e Andrea Conficoni (Iusve) si focalizzano più specificamente sulla relazione tra il pensiero di papa Francesco e il discorso pedagogico, approfondendo in particolare il legame tra pedagogia, antropologia e idea di società.

I concetti di cammino e di alleanza danno forma al Patto educativo globale e al sentirsi e farsi popolo. È quest’ultimo processo che è in stretta connessione con la Teologia del popolo argentina e con l’educazione popolare latinoamericana e interroga la pedagogia sociale e di comunità (Intorno al “pensiero pedagogico” di papa Francesco).

Oltre al Focus, la rivista Studia patavina propone le consuete rubriche, con approfondimenti sulla tematica del gender e sul rapporto delle famiglie con la Chiesa; presenta, inoltre, una ricerca sui seminaristi del Triveneto.

L’identità sessuale fra etica del gender e psicologia dello sviluppo

Agorà presenta due contributi che esplorano la tematica, molto attuale, del gender. Susy Zanardo (Università Europea di Roma) si concentra sulla questione dell’identità sessuale, esplorando il legame fra corpo vissuto, mediazioni culturali e significazione personale; se l’etica del gender lavora all’inclusione di corpi, identità e desideri non conformi, l’etica della differenza sessuale rinsalda il legame fra corpo e simbolico, azione politica e forza creativa dell’esperienza (L’identità sessuale fra etica del gender e politica del simbolico).

Giancarlo Pavan (Istituto superiore di Scienze religiose “Giovanni Paolo I” di Belluno-Feltre, Treviso, Vittorio Veneto) affronta la questione nella particolare prospettiva della psicologia dello sviluppo e la declina nei termini dello sviluppo dell’identità di genere. Dopo avere individuato i principali fattori che concorrono alla definizione dell’identità di genere (biologico, socio-culturale e psicologico) e la loro interazione reciproca, l’autore argomenta come il processo di sviluppo che porta alla definizione della propria identità di genere richieda di non sottrarsi alla tensione tra la polarità oggettiva del dato biologico di partenza e la rielaborazione psicologica soggettiva di questo dato e dei diversi input forniti dall’ambiente a questo riguardo (L’identità di genere dal punto di vista della psicologia dello sviluppo).

Chiesa e famiglie, un confronto aperto

La sezione Ricerche propone la prima parte di un lavoro a quattro mani di Paolo Carrara (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale) e Francesco Pesce (Facoltà teologica del Trivento) su La fede cristiana e l’istituzione ecclesiale alla prova delle famiglie, svolto a partire dal dibattito sorto in questi anni attorno all’esortazione Amoris laetitia.

La riflessione indaga i tratti distintivi – in particolare la percezione di una “distanza” – relativamente al rapporto che oggi le famiglie riconoscono di intrattenere con la Chiesa e, in modo analogo, circa quello che a loro dire la Chiesa manifesta nei loro confronti.

Vita da seminaristi

Infine, un articolo di Paola Bignardi dal titolo Vita da seminaristi riporta i risultati di un’indagine promossa dai Seminari del Triveneto che, sempre più vuoti, mostrano con grande evidenza la loro crisi.

La ricerca ha affrontato il tema attraverso l’ascolto dei seminaristi, chiedendo loro di raccontare le ragioni della propria scelta, la valutazione della loro esperienza formativa, l’idea di prete che si aspettano di realizzare.

«Ciò che è al centro degli interessi, delle passioni e dell’attrattiva di questi giovani futuri preti è la vita della comunità, con le sue attività e le sue relazioni – scrive Bignardi –. All’entusiasmo con cui i seminaristi pensano a questo loro futuro corrisponde una visione della vita cristiana che sembra non aver ancora maturato ragioni personali. Alla ricerca religiosa piuttosto selvatica ma vivace di molti giovani comuni, nei seminaristi corrisponde una fede scontata, che ripete le modalità del passato».

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