Hanno suscitato diverse perplessità alcune frasi pronunciate da papa Francesco nella recente intervista rilasciata all’agenzia americana Associated Press in merito all’omosessualità.
Occorre risalire anzitutto alla domanda posta dalla giornalista che riguardava la criminalizzazione dell’omosessualità in alcuni Paesi del mondo e l’atteggiamento degli episcopati locali. Senza mezzi termini il papa ha affermato che nessuna legge nata per discriminare o sanzionare gli omosessuali è giusta.
In tal senso anche i vescovi dovrebbero favorire una cultura dell’incontro e della tenerezza affrontando, se necessario, un processo di conversione personale su tali sfide antropologiche e sociali.
Ma la frase che ha destato scalpore riguarderebbe l’abbinamento tra peccato e omosessualità. In realtà, trattandosi di un’intervista, il papa ha utilizzato “un linguaggio colloquiale” (Lettera di papa Francesco a p. J. Martin, 27.01.23), simulando l’esclamazione di un presunto interlocutore rigoroso: “Non è un crimine, però è un peccato!”.
Poi il papa ha proseguito distinguendo tra crimine e peccato, ma soprattutto chiarendo che anche mancare di carità al prossimo è peccato: come se volesse ridimensionare la fama di peccato abominevole riservata per tale materia dalla morale cattolica e ricordare che nessuno è esente da cadute o fallimenti. Papa Francesco ha concluso con parole molto profonde: “Ogni uomo e ogni donna deve avere una finestra nella propria vita dove poter rivolgere la propria speranza e dove poter vedere la dignità di Dio”.
Il 27 gennaio u.s. papa Francesco ha chiarito le sue affermazioni in una lettera indirizzata a padre J. Martin S.J. ribadendo l’insegnamento del magistero in merito: “ogni atto sessuale fuori del matrimonio è peccato”. Nello stesso tempo il pontefice gesuita, evitando una lettura integralista, ha chiarito che bisogna sempre tener presenti le “circostanze che possono diminuire o annullare la colpevolezza”.
Infatti, come per ogni tipo di peccato, occorre sempre valutare la storia delle persone coinvolte in particolare la loro “libertà e intenzione”. Un atteggiamento pastorale che si ispira allo stile evangelico non può limitarsi al pronunciamento di un divieto se prima non si preoccupa di accompagnare, discernere e integrare le vicende umane, affettive e relazionali delle persone coinvolte: anche di coloro i quali vivono relazioni omoaffettive al di fuori di logiche sessuali consumistiche prive di alterità, cura e responsabilità.
Le dichiarazioni di papa Francesco a J. Martin evocano molto il paragrafo 305 di Amoris laetitia, frettolosamente dimenticato, che richiedono un’attenta e profonda riflessione da parte dei teologi e dei Vescovi, chiamati a incoraggiare uno stile evangelico e misericordioso nelle comunità locali: “Un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite».
A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa.
Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio”.
Speriamo che presto si possa modificare il catechismo su questi argomenti che fin troppa sofferenza hanno generato e che rendono l’insegnamento della chiesa indigesto a troppe persone non solo omosessuali e specialmente inaccettabile per i giovani.
Ma io cambierei direttamente la bibbia. Tanto che ci vuole.
In Sud Sudan dove il papa si appresta a fare un viaggio, i rapporti omosessuali sono fuorilegge e i vescovi cattolici locali sono pienamente d’ accordo con la legislazione del posto. Che’ fara’ Francesco ,lì destituira’ tutti sostituendoli con gesuiti vicini alla lobby LGBTQ+? O li obblighera’ pena la scomunica a cambiare idea?
Un cattolico che persista a credere che i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso continui ad essere uno dei peccati che grida vendetta a
cospetto di Dio sara’ cacciato via dalla Chiesa?
io sono convinto che l’attività genitale omosessuale sia in contrasto con i comandamenti, ma penso che una legge che punisce questi atti con 10 anni di galera sia in ‘leggero’ contrasto con il numero 2358 del catechismo che dice ‘Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione’
molti di loro soffrono, non aggiungiamo loro sofferenza
Più che persistere dovrebbe informarsi.
Eviterebbe di offendere ed eviterebbe di fare soffrire inutilmente il prossimo.
La bibbia va interpretata. Perché mentre il Corano è stato scritto sotto dettatura di Dio, la bibbia è stata scritta da uomini sotto ispirazione divina. Quanto ci sia di umano e quanto di divino va verificato attraverso il vaglio del Vangelo. Occorre quindi uno sforzo di analisi alla luce del Vangelo di quanto scritto prima perché altrimenti si scade nel fondamentalismo. Ma queste sono tutte cose che certamente lei sa già.
Certamente.
San Paolo lo consideriamo un interprete autorevole del Vangelo?
Io penso di si.
San Paolo era un uomo per quanto geniale.