La fede si trasmette da persona a persona, da famiglia a famiglia, da amico ad amico. Per accedere al dono della fede, bisogna incontrare un cristiano che lascia trasparire dal suo viso, dal suo stile di vita, dalle sue parole, qualcosa che incuriosisce e crea meraviglia, perché rivela “un di più” che non si può trovare altrove.
Nessuno può diventare cristiano con la logica del self service. Per incontrare Cristo, come Maestro e Signore, bisogna essere iniziati, illuminati, introdotti, accompagnati, custoditi, protetti da qualcuno che già lo ha incontrato e vive con il suo stile. Per diventare cristiani, bisogna incontrare un maestro di vita, che sveli il mistero di Cristo, piano piano, e si affianchi con discrezione e garbo, rispettando i tempi di crescita di ciascuno. È la logica del catecumenato.
Nel tempo, tutto questo si è come perso, perché tutti siamo cristiani, tanto da far coincidere, nel linguaggio corrente, uomo con cristiano. La scelta di essere cristiani è diventa un dato culturale che ha perso il suo peculiare significato e quindi si è come squalificata.
Oggi siamo dentro questo contesto storico: si chiedono i sacramenti senza scegliere di essere cristiani. A noi, cristiani un po’ più consapevoli, tocca la responsabilità di aiutare qualcuno a compiere la scelta di essere cristiano con consapevolezza e coscienza. Stiamo vivendo, forse, la stessa esperienza dei cristiani dei primi secoli.
I nostri padri nella fede, della Chiesa postapostolica, quando si diventava cristiani per scelta, per aiutarsi in questo processo evangelizzante, hanno individuato dentro la Chiesa due figure complementari: il catechista e il padrino.
Il catechista, per conto della Chiesa, cura l’inserimento dentro una concreta comunità, accompagna nella comprensione dei contenuti della fede e aiuta a vivere con la logica dei riti sacri. Per esplicitare questo delicato compito, ogni Chiesa locale ha la responsabilità di individuare coloro che hanno questa vocazione e sostenerli nella loro formazione. Il fatto di non avere catechisti pienamente capaci non autorizza nessuno ad eliminare il ministero del catechista, ma a formarli.
I padrini sono cristiani scelti dai candidati stessi per stima personale, amicizia, affetto, familiarità. La comunità ecclesiale ha la responsabilità di rendere consapevoli questi cristiani, che vengono scelti come padrini, e affiancarli con amorevolezza. Il fatto di non avere padrini consapevoli non autorizza a togliere questa figura educativa, ma a formarla.
Se assumiamo la logica del “togliere” perché non risponde alla vera e completa identità, dovremmo eliminare tutto, perché nessuno può dire di avere piena e completa consapevolezza della propria fede. I genitori che chiedono il battesimo per il loro bambino che consapevolezza hanno? I giovani che chiedono il matrimonio che consapevolezza hanno? Su questa linea potremmo continuare… ma non è una strada che spunta… i cristiani ben formati non si trovano per caso… non si nasce cristiani ben formati, per tutta la vita lo si può diventare.
Nei comunicati ufficiali si dice, che si proibisce di assumere il ruolo del padrino “ad experimentum”. Ma che cosa vogliamo sperimentare? Se vi sono più iniziazioni cristiane senza i padrini? Se i padrini si formano da soli senza la Chiesa? Se la Chiesa è più fedele al Vangelo senza i padrini? Che cosa vogliamo sperimentare?
La Chiesa è, innanzitutto e sempre, una realtà in costruzione, perché fa della formazione cristiana, per tutti, la sua priorità. Una formazione alla fede che abbraccia la totalità della vita, in tutte le sue stagioni. Oggi, credo che, più che svilire e togliere, dobbiamo qualificare e sostenere, formare e incoraggiare, correggendo ciò che è sbagliato e introducendo nuove prospettive.
Non abbiamo bisogno di una Chiesa che decreta, ma di una Chiesa che si assume la fatica dell’educare tutti, ciascuno secondo i propri bisogni. Una Chiesa che educa è una Chiesa che si educa permanentemente alla fedeltà al Vangelo.
Avendo seguito un gruppo di cresimande, la proposta è stata quella che loro stesse scegliessero, tra le persone che avrebbero conosciuto in parrocchia, quella con la quale ci sarebbe stata più sintonia nel parlare di dubbi, di fede, di Gesù. Non è stato facile, e vi è chi all’ultimo ha optato per la parente a 300km di distanza designata dalla famiglia, però penso sia una via percorribile. L’importante è che entri in testa nelle famiglie. A partire dal lessico: non “padrino/madrina” ma “testimone di fede”. E se uno non lo trovasse, può farlo direttamente chi cura il percorso di iniziazione cristiana. In un caso una cresimanda ha scelto la madre: “Perché amo pregare con lei che mi ha insegnato a farlo”. Altrimenti, si ricorderà, non è obbligatorio.
Condivido pienamente questo ricordo al compito educativo e evangelizzante che non ricorre a chiusure burocratiche
Sul clericalismo mi permetto di rimandare al mio intervento http://www.settimananews.it/ministeri-carismi/la-radice-malata-del-clericalismo/ ed a quello di Andrea Lebra http://www.settimananews.it/chiesa/clericalismo-2/
Una scelta giusta ? Una scelta irrisoria, direi, assolutamente insufficiente, qualcosa per dare l’illusione del rinnovamento, ma che in realtà è incapace di affrontare la realtà. Sono decenni che si propongono piani pastorali, priorità educative, corresponsabilità ecclesiali, purificazione della religiosità popolare, “nuovi” libri liturgici, revisione del codice di diritto canonico, e nel mentre si ignorava il concilio, nel contempo si boicottava ogni seria riforma, nel frattempo il clero praticava ogni sorta di ostruzionismo per mantenere un sistema di potere che oggi chiamiamo clericalismo. Altro che sperimentare l’abolizione dei padrini, caro sig. Alcamo, l’ineludibile urgenza è quella di abolire i padroni. È il clericalismo la causa dei mali nella chiesa, e dinanzi alla gravità della situazione, l’esperimento triennale sui padrini è una ridicola pezza sistemata su un vestito logoro. Sono ben altri “gli otri nuovi” che necessitano. La chiesa va riformata a livello strutturale: dottrinale, canonistico e liturgico. Si tratta di riprendere e sviluppare il dinamismo conciliare e mettere in cantiere progetti coraggiosi al fine di debellare il clericalismo. Occorrerà un Francesco II e tanta spinta da parte della base, delle donne soprattutto. Ed in sincero ascolto dello Spirito che non smette di riformare la Sua chiesa.
Il protestantesimo è in fondo a sinistra! Il problema della Chiesa è la secolarizzazione, il parlare come il Mondo, il voler inseguire il Mondo! La Chiesa deve aprire il Cielo all’uomo, non scavare le buche per terra. La Chiesa non ha bisogno di riforme, ma di Cristiani con la Fede, che non si fanno con sinodi, convegni, riforme, né “abbassando l’asticella”, in modo da includere qualche persona in più: la Fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio. Evangelizzare, catechesi, missioni nelle parrocchie!
Condivido in pieno tutto quello che hai detto: questa è l’essenza dell’evangelizzazione, ciò che deve fare la Chiesa.
il problema è malposto. Non si tratta di imporre o proibire. I genitori (ovviamente parliamo di battesimi) dovrebbero essere LIBERI di scegliere. Io nel 1983 volevo fare il padrino del mio secondogenito ma il parroco me lo proibì e non volle fare un battesimo “pubblico”. Il “padrino”, a mio parere, deve essere una libera scelta. Ho fatto anche io il “padrino” da giovane, ma in un altro contesto e all’epoca era giusto e doveroso. Oggi il mondo è cambiato, la Chiesa è cambiata, MUTATIS MUTANDIS SERVATIS SERVANDIS.
Mario Centini
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