Prosegue la rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente pubblicata in digitale su SettimanaNews.
Tempo fa, mi sono trovato in un incredibile ingorgo alle porte di Milano. Centinaia e centinaia di auto davanti a me, attorno a me e dietro di me. E in questi casi, come è noto, la pazienza non è mai sufficiente. Illuminante, però, mi risultò in quell’occasione un cartello stradale: «Tu non sei nel traffico. Tu sei il traffico». Non era, dunque, unicamente degli altri automobilisti la colpa di quel traffico tremendo. Ero anch’io ero parte – e parte attiva – di quell’ingorgo.
Questo breve ricordo personale mi permette di richiamare un elemento fondamentale dell’Opzione Francesco: quello relativo alla necessaria presa di coscienza che noi non siamo in un’epoca di cambiamento, quanto piuttosto in un cambiamento d’epoca. Di più: noi siamo il cambiamento d’epoca. Ed è proprio questo ci rende milioni di volte differenti rispetto ai nostri genitori e ai nostri nonni. Ed è ancora proprio una tale inedita situazione che manda in soffitta la proposta del cristianesimo come esperienza di consolazione e che rende del tutto inefficace la pastorale dell’accompagnamento.
Cambiamento d’epoca
Ma precisamente in che cosa consiste questo nostro essere «il cambiamento d’epoca»? Consiste nel fatto che noi abitiamo l’umano che è comune in un modo che è totalmente altro rispetto a quello che ha caratterizzato l’esistenza dei nostri genitori e dei nostri nonni.
Concretamente questo si deve e si manifesta, innanzitutto, nel fatto della longevità. Come cittadini occidentali, godiamo, infatti, di circa 30 anni in più di speranza di vita rispetto a chi ci ha preceduti. E non si tratta di un semplice allungamento della vecchiaia; si tratta di anni in più che, proprio grazie agli sviluppi della medicina e della ricerca farmaceutica, al benessere diffuso, al fatto di avere case calde d’inverno e fresche d’estate, al venire meno di lavori usuranti, disegnano tutto un altro orizzonte dell’esistenza umana.
Un secondo elemento di distinzione si ha poi in quell’enorme guadagno di tempo di cui oggi disponiamo grazie all’avvento in grande stile della tecnica e dei suoi ritrovati.
Una terza differenza è legata al deciso contenimento dell’esperienza della sofferenza e del dolore. Quanti miracoli ha fatto la medicina, la ricerca farmaceutica e la psicanalisi!
Nuova, inedita soggettività
Un ulteriore elemento è dato da fatto che, dal punto di vista economico, stiamo decisamente meglio che in qualsiasi altro momento storico passato. C’è un benessere così diffuso che ci ha portati dal tempo in cui le nostre nonne avevano il problema di mettere insieme il pranzo con la cena al tempo in cui molti di noi hanno il serissimo problema di scegliere quale sia la dieta più efficace per arrivare preparati all’immancabile appuntamento con il costume da bagno!
E poi il web! Grazie al quale è data a ciascuno e ciascuna di noi – senza alcuna distinzione di età, di grado di istruzione e di orientamento politico, esistenziale, religioso o di altra natura – la possibilità di «prendere parola»: la possibilità di dare e trovare spazio per il proprio «io» dopo secoli di sudditanza di ogni tipo.
Ed è proprio a soggetti fatti così che oggi i cristiani devono annunciare il Gesù del Vangelo e il Vangelo di Gesù.
Tutto vero tutto bello: peccato però che questo comporta un’esplosione dell’io, mentre per conformarsi a Gesù l’io andrebbe continuamente ridimensionato!