Incontrai il card. Paulo Arns la prima volta nel gennaio 1980 a San Paolo. Era passato più di un anno dall’elezione di Giovanni Paolo II. Nel 1979 si era tenuta la famosa Conferenza di Puebla, che incontrava difficoltà e resistenze nell’attuazione. Chiesi al cardinale che cosa pensasse del corso degli eventi. Mi rispose: «La Chiesa segue le oscillazioni del pendolo. Puebla, a nome dell’America Latina, insieme con il papa e nell’ambito della sua competenza, ha fatto la scelta dei poveri e dei giovani. Vuole pertanto un costante rinnovamento, senza sacrificare valori autentici e la dottrina fondamentale del Vangelo».
Bisogna valorizzare il sinodo!
Dom Paulo Arns aveva studiato a Parigi, dove aveva conosciuto direttamente l’ambiente della ricerca teologica di Chenu, Congar e altri. In Brasile era a contatto con diversi teologi. Uno di questi, Leonardo Boff, era sotto inchiesta da parte della Congregazione per la dottrina della fede.
Sapevo che la questione Boff gli pesava dentro: «Chenu, Congar e altri hanno aperto nuove prospettive. I nostri teologi dell’America Latina in realtà partono dal contesto socio-politico ma, contemporaneamente, cercano con molta sensibilità le risposte del Vangelo agli immensi problemi, quasi insolubili, del nostro continente. Ritengo che siano molto legati al popolo e ugualmente uniti ai pastori che cercano soluzioni concrete. Non sembra che le inchieste in corso tocchino questo campo. Pare piuttosto che riguardino le aree della cristologia, che vengono studiate a partire dai secoli IV e V della storia cristiana. Ho la piena fiducia che le discussioni restino all’interno del campo che è loro proprio, che mai pregiudichino l’autentica ricerca di proposte per una società più giusta, fraterna ed evangelica. Almeno fino a questo momento non conosco nessun tribunale incaricato di giudicare la nostra teologia pastorale dell’America Latina. Vogliamo essere fedeli al Vangelo e al popolo: è questo che ci sta a cuore».
Ero al corrente che il «centralismo romano» gli facesse problema e che si rammaricasse che la «collegialità» non venisse applicata. Ebbe un sussulto: «È vero! Bisogna valorizzare il sinodo universale. Questa è la formula migliore, soprattutto quando i temi sono di rilevo. Sono un uomo di fede e per questo sono ottimista. Finora ho conservato il buon umore; l’ho conservato anche negli anni più oscuri della dittatura militare. Sa che cosa disse san Francesco – buon italiano e buon cattolico – sul letto di morte ? “ Comincio proprio ora”. Di fatto, non vale la pena consumare energie nelle preoccupazioni e nelle diatribe. È meglio usarle nella ricerca di nuove vie per una maggiore giustizia sociale e una maggiore fraternità».
Il “caso Boff”
Quando, alla fine degli anni ’70, scoppiò il caso-Boff, Arns scese in campo. Il teologo era stato suo discepolo per quattro anni ed egli seguì la sua specializzazione in Germania. «Un alunno brillante, umile, di grande spiritualità, di una forte capacità di espressione poetica, filosofica, teologica, riconosciuta da tutti». Arns difendeva senza peli sulla lingua la ricerca teologica di Küng e di Boff e l’orientamento della teologia della liberazione. Nel suo ultimo viaggio a Roma mi confessò di aver parlato a favore di Edward Schillebeeckx, d’accordo con l’arcivescovo di Utrecht, Willebrands. Aggiunse: «Penso che, sia Leonardo Boff che Edward Schillebeeckx, affermino chiaramente la divinità di Cristo oltre che la sua umanità».
Arns mi disse che avrebbe espresso il suo pensiero nei riguardi di Boff in netto disaccordo con la Congregazione per la dottrina della fede. «Ho battuto il pugno a Roma tempo fa. E ultimamente non mi è stato detto niente di Boff. E sì che sono stato con Seper, il prefetto della Congregazione. È incomprensibile come Roma proceda in questo modo. Boff è stato mio scolaro. È un uomo straordinario. Si corre ancora dietro ad astrattezze con i problemi che ci sono? E poi si parla di diritti umani. Interverrò di persona. Interverremo noi vescovi in suo favore. Boff non sarà punito, non deve essere punito».
Nel 1984 Boff fu convocato a Roma davanti alla Congregazione presieduta dal card. Joseph Ratzinger. Non fu soddisfatta del «colloquio» con il teologo brasiliano e l’anno successivo Leonardo fu condannato al «silenzio ossequioso», cioè divieto d’insegnare e di pubblicare. Reagirono in molti e la decisione fu parzialmente revocata nel 1986. Arns ne soffrì molto e continuò ad avere grande stima del suo pupillo.
Il 15 aprile 1998 divenne arcivescovo emerito di San Paolo. La gente continuò a chiamarlo il “cardinale dei poveri”, l’uomo fedelissimo al Vaticano II e al suo spirito rinnovatore. Un vescovo, figlio del Concilio nel pensiero, nelle parole e nelle azioni.