Dopo una malattia fulminante, è morto mercoledì 12 aprile a Parigi il vescovo francese Jacques Gaillot. Alla guida della diocesi di Evreux dal 1982, nel 1995 fu sollevato da papa Giovanni Paolo II dall’incarico a motivo di alcune sue prese di posizione in materia di ordinazione di uomini sposati e a favore dei divorziati risposati.
Non senza responsabilità rispetto a questa decisione disciplinare estrema del Vaticano furono i suoi confratelli vescovi in seno alla Conferenza episcopale francese di allora, che mal sopportavano la sua libertà di espressione e la sua capacità di comunicare con la società civile.
Degradato a vescovo in partibus infidelium della diocesi di Partenia (Mauritania), scomparsa dalla geografia cattolica nel V secolo, Gaillot ne assunse il ministero in maniera effettiva, trasformandola – già alla fine del XX secolo – in un luogo pastorale digitale. Mostrando sia la sua abilità di interfacciarsi con nuovi territori di annuncio della fede, sia una fedeltà al mandato di una Chiesa che lo aveva emarginato – trasformando una punizione in occasione.
I margini erano comunque i territori dell’umano vivere che erano la casa del suo vissuto credente – quelli della società e quelli delle persone nella Chiesa cattolica.
Nella dichiarazione dell’attuale Conferenza episcopale, i vescovi francesi lo ricordano in questi termini: “al di là di alcune prese di posizioni che hanno potuto dividere, facciamo memoria di lui come qualcuno che ha soprattutto guardato alla situazione dei più poveri e delle periferie”.
Una posizione della fede che lo rendeva particolarmente prossimo a papa Francesco, che lo ricevette in udienza privata nel settembre del 2015 – accogliendo così una richiesta espressa da Gaillot in una lettera inviata al papa.
Uomo di Dio che si è sacrificato per tutti in nome della libertà del cristiano. Rappresenta uno dei tanti errori della chiesa durante il pontificato di GPII.