Forse la nostra non è più una “democrazia bloccata”; di certo però ancora di una democrazia inceppata si tratta.
Ricordo che, scambiando dei messaggi con il grande Salvatore Veca a proposito del rapporto, nei lunghi anni della prima Repubblica, tra la Dc e il Pci, il filosofo lo sintetizzò evocando un verso, divenuto proverbiale, di Ovidio: Nec sine te, nec tecum vivere possum.
Già; i due giganti del bipartitismo imperfetto del dopoguerra italiano finivano per sorreggersi a vicenda, pur non potendo governare insieme. È noto ad esempio, tanto per riferirci all’ultimo decennio di quella fase, come De Mita riuscisse a contrastare Craxi, con il quale governava, proprio attraverso un gioco di sponda con il Pci.
Ma, in fondo, la frase del poeta si confà anche alla dialettica che intercorreva tra la Dc e il Psi e, appunto, tra lo stesso Craxi e De Mita. Un altro modo per esprimere la “felice ambiguità”.
Proviamo, comunque, a dare uno sguardo alle dinamiche politiche di oggi. Non vi è qualcosa del genere, poniamo, tra il Pd e il M5s o, anche, tra il Terzo polo e il Pd? E che dire degli equilibri all’interno delle singole forze?
Per restare a sinistra, forse proprio un legame di tal natura unisce politicamente la segretaria dem Elly Schlein e il presidente Stefano Bonaccini. Per non dire di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Vedremo.
Insomma, quella frase poetica, al di là delle complesse alchimie dell’amore (o dell’odio), parrebbe una metafora formidabile della nostra vicenda nazionale.