A marzo del 2017 l’organigramma dovrà essere completo e i numeri fissati. Si tratta degli Istituti superiori di scienze religiose (ISSR), quelli che sfornano gli insegnanti di religione per le scuole italiane. Dagli attuali 83 scenderanno a non più di 40 (il numero non è ancora preciso per la resistenza di alcune sedi). I 15.000 studenti (in lenta e omogenea crescita negli ultimi anni) con i professori (si parla di circa 2.000) avranno un quadro normativo e di riferimento più definiti.
Lo smagrimento avviene dopo anni di crescita, tentativi di riforma e di controllo per affrontare con un passo nuovo la revisione dell’Intesa e dare figura definitiva all’insegnante di religione e al futuro degli istituti. Assumeranno diversa dislocazione e titolarità gli Istituti di scienze religiose (ISR) che finora potevano aspirare a passare a ISSR, dislocando le loro risorse sul fronte più direttamente pastorale, diocesano e culturale.
Gli ISSR, assieme alle facoltà teologiche e agli istituti teologici dedicati espressamente ai seminaristi, costituiscono il quadro complessivo della teologia in Italia (a cui si possono aggiungere editrici, riviste, luoghi di dibattito e iniziative associative). Le facoltà teologiche sono oggi 8: Milano, Triveneto (Padova), Bologna, Firenze-Assisi, Napoli, Palermo, Cagliari, Puglia (Molfetta-Bari). Per il suo radicamento nella diocesi di Roma anche il Laterano è considerato fra le facoltà italiane. Si calcola che nelle facoltà vi siano 3.000 studenti iscritti e circa 600 professori. Alle facoltà fanno diretto riferimento gli ISSR.
Verifica e indicazioni
La data del marzo 2017 ha alle spalle un verifica nazionale di tutti gli istituti esistenti. A luglio del 2014 il comitato per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose della CEI ha reso pubblici i risultati della visita che alcuni membri del comitato e i presidi delle facoltà avevano compiuto. I punti di forza sono relativi a presenze con significativo spessore teologico ed educativo (spesso l’unico istituto con queste caratteristiche nel territorio), finalizzati alla preparazione degli insegnanti di religione (che però per tutto il Centro-Sud vede una saturazione), con la disponibilità delle diocesi a investire risorse e a preparare docenti. Ogni istituto, escludendo i professori dal conto, non costa meno di 200.000 euro all’anno, e i docenti stabili devono essere almeno cinque.
Non vi sono problemi relativamente alle strutture murarie e alle biblioteche. Le criticità sono indicate nell’eccessivo numero (da qui il calo previsto), nella situazioni dove i docenti stabili non sono tali, cioè hanno incarichi pastorali o lavorativi troppo impegnativi per permettere un impegno di ricerca e di insegnamento, nella pratica inesistenza di indirizzi “altri” rispetto all’insegnamento della religione, nella precaria situazione economica e giuridico-amministrativa. Altro settore debole sono i contratti con i docenti laici.
Da qui l’opportunità di un accorpamento degli ISSR, avvenuto nel corso del 2015-2016 con una convergente azione degli episcopati regionali, del comitato della CEI e della Congregazione per l’educazione cattolica, ultimo riferimento per Facoltà e ISSR. Per una verifica dell’Intesa prevista nel 2017 la CEI dovrà sottoporre al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) l’elenco definitivo degli ISSR in grado di dare titoli validi, con il rispetto di tutte le condizioni previste dalle legge e dall’Intesa (piano di studi adeguato, frequenza obbligatoria, cinque anni distribuiti secondo la scansione 3+2, laurea e laurea specialistica ecc.). L’eccezione di Trento che si giovava della Fondazione Bruno Kessler – per quanto riguarda la teologia si sta orientando alla ricerca e ai religions studies –, dell’ISR e dell’Istituto teologico per i seminaristi, sta evolvendo con la nascita recente dell’ISSR. Ad Urbino rimane l’inserimento del ciclo di specializzazione (il biennio) all’interno dell’Università. Così come l’ISSR di Brescia continuerà a giovarsi dei strutture e persone dell’Università cattolica del luogo.
DISCITE / EPSCO
Altro elemento importante riguarda i docenti stabili, sia in ordine all’ingresso nella docenza sia in ordine al loro lavoro. Per entrare nell’insegnamento da “stabili” (ordinari o straordinari) sarà necessario il dottorato e relative pubblicazioni, la verifica della domanda da parte del preside di facoltà e di tre censori e il consenso dei vescovi e della Congregazione. Sarà approntato un modello di contratto per docenti che non sono preti, compatibili per le risorse degli istituti e i diritti dei singoli. C’è la volontà di ampliare l’offerta degli sbocchi professionali nell’ambito della pastorale, dei beni culturali, del terzo settore ecc. Sta prendendo piede un servizio di segreteria informatica (DISCITE) con strumenti didattici, accesso a banche dati internazionali e controllo antiplagio. Vi partecipano tutte le facoltà (eccetto Sardegna) e quasi tutti gli istituti. Diventa accessibile anche un progetto di collegamento fra le riviste teologiche nazionali con accesso alle più importanti riviste internazionali (EPSCO). Per venire incontro ai territori più disagiati e lontani è previsto un sistema di «formazione sincrona a distanza» che, attraverso i sistemi informatici e con la responsabilità di un docente, permetta di seguire in diretta le lezioni del centro di riferimento, con l’obbligo di un certo numero di studenti (10), di un tutor, di verifiche periodiche e degli esami in sede centrale.
Onorando le richieste di legge, rafforzando i singoli istituti e mettendo in rete facoltà e ISSR, si attende con maggiore fondamento il riconoscimento statale del titolo di studio di scienze religiose, spendibile non solo per l’insegnamento della religione, ma anche per tutte le altre occasioni (concorsi pubblici ecc.).
La verifica nazionale sugli ISSR ha dietro di sé l’opera di controllo e di promozione della Congregazione per l’educazione cattolica in riferimento alle Facoltà teologiche. Dal 2007 è attiva l’agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle università e facoltà ecclesiastiche (AVEPRO). Sulla base dell’autovalutazione delle singole accademie l’agenzia ha condotto una visita a tutte facoltà europee, sia per controlli procedurali, sia e soprattutto per rafforzare e indirizzare le scelte progettuali delle istituzioni culturali cattoliche. Il sito della Congregazione raccoglie in un report le attività annuali e mette a disposizione le valutazioni finali di una trentina di facoltà e università cattoliche in Italia e in Europa. È probabile si vada verso la formazione di agenzie di valutazione a livello nazionale, fatta salva la relazione con la Congregazione per l’educazione cattolica (CEC) e l’AVEPRO.
Teologia e “religious studies”
Il combinato disposto fra Congregazione, facoltà teologiche, Servizio nazionale della CEI e ISSR non avrebbe avuto corso se la Santa Sede non avesse deciso nel 2003 di entrare nel «processo di Bologna», espressione della volontà politica dell’Unione Europea e dell’intero continente per formare uno spazio europeo di istruzione superiore. Dal 1999, 47 stati hanno dato vita a uno sforzo significativo di unificazione delle università e di accelerazione del loro ruolo propulsivo attraverso alcuni capisaldi: il sistema accademico dei due cicli (laurea breve e specialistica, con successivo ciclo per la ricerca dottorale); il supplemento di diploma per un riconoscimento dei titoli di facile lettura e comparazione; l’introduzione di un nuovo sistema di crediti; la promozione della mobilità degli studenti; la cooperazione europea nel controllo di qualità.
Dal punto di vista delle istituzioni accademiche, il passaggio che si realizzerà nel prossimi mesi sarà di notevole importanza perché darà maggiore coerenza e solidità agli Istituti superiori di scienze religiose e potrebbe preludere, col riconoscimento del titolo per l’insegnamento della religione cattolica e di possibili altri titoli di studio, a un inserimento più efficace della teologia e degli studi religiosi dentro il mondo accademico.
Mentre si sono rivelati infondati i timori di un «prosciugamento degli studenti» da parte degli ISSR rispetto alle facoltà nel momento in cui ambedue i percorsi danno accesso all’insegnamento della religione (con pochi aggiustamenti sulle discipline didattico-educative), rimangono le discussioni che hanno accompagnato l’avvio delle esperienze della teologia per laici nel postconcilio e poi, con il Concordato, degli Istituti di scienze religiose. Il confronto, ad esempio, fra chi assimilava direttamente i due percorsi, «la teologia è una e basta», e quello che affermava «vi è una sola teologia ma con approcci diversi: formale e pedagogico-educativo». Non si tratta di distinguere uno maggiore e uno minore, né fra completo (totale) e incompleto (introduzione), quanto piuttosto di capire l’apporto creativo che può venire dagli ISSR. Al di là della tradizione neo-scolastica e della sempre incombente tentazione fondamentalista essi possono diventare un luogo in cui il riconoscimento della razionalità teologica si colloca fra le altre forme del sapere e in cui il dato locale-pastorale può interpretare il deposito teologico comune.
Un secondo fronte si sta aprendo. Nel contesto culturale e sociale dell’Occidente il religioso prende sempre più vigore nel dibattito pubblico (per es. il fondamentalismo), ma non trova categorie accademiche in grado di interpretarlo. Per questo la domanda dei religious studies sta crescendo. Vi è da dimostrare che l’approccio più produttivo sia quello neutrale-descrittivo delle accademie o piuttosto quello esperienziale-teologico degli istituti.
Dibattiti preziosi, ma che suppongono un rinnovamento dell’impianto positivistico delle università e una convinzione delle comunità cristiane e dei loro responsabili a investire in mezzi e personale. A giudicare dallo scarso utilizzo che i diplomati ISSR hanno nelle comunità come nelle curie, il cammino appare ancora lungo.
Magari le università statali preparassero gli studenti come siamo stati preparati noi e con la nostra stessa sofferenza. Dopo una una lunga carriera universitaria (obbligo dell´ISR in alcune diocesi) di quasi 100 esami, sentirsi dire che non riescono a valutare neanche la specialistica e quindi la laurea, fa male al cuore. Ci conforta però il fatto di essere stati guidati a scoprire Dio negli Altri.