Ancora oggi, riferendosi al pontificato di Giovanni XXIII, si usa sovente l’aggettivo “pastorale”. Come se la cifra dell’azione e del pensiero di quel papa e dello stesso Concilio Vaticano II risiedesse nello sforzo volto ad adeguare la dottrina “di sempre” ai nuovi tempi.
Adeguare nel senso di individuare gli strumenti migliori per trasmetterla. Quando, in realtà, in ballo erano grandi temi teologici ed ecclesiologici. Del resto, per dirne una, l’ecumenismo è stato definito come la vera teologia della nostra epoca.
Anche per Francesco ricorre quel vocabolo: molti sottolineano, infatti, il carattere pastorale dell’iniziativa dell’attuale vescovo di Roma. Proprio da lui, però, qualche anno fa è venuta una replica indiretta, dinanzi alle accuse di “comunismo”: “non è comunismo, è il Vangelo”. Il nocciolo della fede, l’essenza dell’annuncio.
Siamo, dunque, nel cuore della teologia. E così è, a me pare, dinanzi alle grandi questioni dell’inclusione delle coppie omosessuali o dei divorziati. Certo, magari è proprio la prassi, è proprio l’azione pastorale, appunto, che forniscono l’occasione per porsi, per porci tali dilemmi. Essi poi, però, sfidano proprio il cuore della fede e della teologia.
Toccano, cioè, il senso più intimo e profondo del messaggio di quel neonato che riceve l’omaggio dei pastori (i quali, come è noto, occupavano un grado infimo della scala sociale), di quell’uomo dalle “frequentazioni” discutibili, di quel predicatore che non teme, ad esempio, “l’impurità” del sangue mestruale.
Insomma: è la pastorale, certo, ma, soprattutto, è il Vangelo.
Mi sembra, caro amico, che l’articolo non dica affatto ciò che afferma Lei. Ecclesia semper reformanda, ma non la Tradizione della Chiesa, ossia Scritture e Padri Apostolici. Su ciò si fonda la fede cristiana ed il Vangelo non può essere affatto cambiato, pena snaturare il Vangelo stesso e ovviamente il Cristianesimo. Adeguare le forme di evangelizzazione e di pastorale non equivale a renderle più “accettabili”, come scrive Lei, ma ad avvicinarle agli uomini e donne di oggi. “Cambiare il messaggio” del Vangelo un tempo lo si chiamava apostasia. Non è della nostra apostasia che il mondo necessita, ma di una nostra maggiore
fedeltà al Gesù dei Vangeli, giacché “Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre”.
Forse ho capito male.
Si tratta dell’inclusione delle coppie omosessuali o dei divorziati e queste sarebbero esattamente opzioni contrarie alle Scritture e ai Padri Apostolici.
Però ripeto che forse ho capito male io.
Sono perfettamente d’accordo.
Finalmente qualcuno che parla chiaro.
Per poter adeguarsi ai nuovi tempi la Chiesa deve rinunciare alla fede di sempre.
Non si tratta di trovare nuovi mezzi più adeguati per portare il messaggio di Cristo agli uomini ma, piuttosto, di cambiare quel messaggio affinché gli uomini lo trovino più accettabile.
Non si poteva dire meglio.
Articolo perfetto.