La cura: un manifesto

di:

Mai come in questo periodo di pandemia si sente parlare di cura, concetto declinato in ogni possibile modo, e molto spesso abusato. Il libro Manifesto della Cura. Per una politica dell’interdipendenza scritto dal collettivo inglese The Care Collective, ed edito in Italia da Alegre, ha il merito di riportarlo al suo significato più ampio, radicale e politico possibile.

Emerge, da questo testo, un’idea di cura come una visione altra del mondo rispetto alle nostre società devastate dal neoliberismo, un’etica della responsabilità e della condivisione che, nelle parole di Naomi Klein, rappresenta “la pratica e il concetto più radicale che abbiamo oggi a disposizione”.

Il neoliberismo ha trasformato la cura in una pratica individuale e mercificata, riservata solo a chi ha i mezzi per accedervi e prendersi cura di sé. Anche molti servizi sanitari e sociali sono stati privatizzati e resi accessibili solo a quella fetta di popolazione che può permettersi di pagare. Sebbene l’analisi del collettivo parta dal contesto di Regno Unito e Stati Uniti, dove questa privatizzazione ed esternalizzazione di servizi di base è sicuramente più avanzata rispetto al nostro paese, il neoliberismo ha dovunque contribuito a creare una società atomizzata e individualista, dove ognuno deve “curarsi” da solo.

Se in questo tipo di società la povertà è una colpa, così il bisogno di cura è visto come una debolezza. Paradossalmente, chi ne fa più uso, i ricchi, non se ne devono vergognare perché possono pagarla, delegando sempre più compiti a badanti, babysitter, giardinieri e lavoratrici domestiche, specialmente migranti, contribuendo a creare una società non solo disuguale, ma anche basata sullo sfruttamento del lavoro di persone straniere e non bianche. Per tutti gli altri regna invece l’incuria, in questo “sistema di solitudine organizzata”.

Secondo il collettivo, “la pandemia ha reso evidente l’incredibile violenza del mercato neoliberista, il modo in cui ci ha privato della capacità di fornire e ricevere cura.” Ma la pandemia ha anche reso evidente come sia impossibile per l’umanità funzionare come esseri atomizzati, ha mostrato chiaramente come la nostra interdipendenza non sia solo necessaria, ma anche un valore su cui costruire nuove pratiche di democrazia.

Già anni fa, Naomi Klein, citata varie volte nel libro e presente in copertina con una sua frase di apprezzamento, ci avvertiva nel suo This Changes Everything, che l’emergenza climatica e ambientale stava ponendo al centro l’importanza della cura, sia delle persone che del pianeta. Di fronte ad eventi climatici estremi sempre più frequenti, l’autrice affermava che la cura e i lavori ad essa connessi sarebbero diventati sempre più fondamentali e suggeriva che gli investimenti statali venissero indirizzati verso settori quali la sanità, l’istruzione, i servizi sociali.

Se l’etica della cura al centro del Manifesto è dunque un’etica ambientalista, ancor più è un’etica femminista. Parte infatti dalla distinzione operata dalla studiosa femminista Joan Tronto del “prendersi cura di” (caring for), “interessarsi a” (caring about) e “prendersi cura con” (caring with). Se l’autonomia e l’indipendenza, così esaltati dal neoliberismo, hanno assunto valore perché considerati legati alla sfera maschile, la cura è da sempre considerata appannaggio delle donne e capacità innata del mondo femminile.

Questo relegare il lavoro di cura all’interno delle mura domestiche ha contribuito, come ci insegna l’economia femminista, a svalutarlo. Inoltre, il fatto che la cura generi emozioni ambivalenti, tra cui il disgusto, ha fatto sì che di essa si dovessero occupare donne o soggetti femminilizzati. Per ridare valore alla cura è necessario dunque che il lavoro riproduttivo, nella sua più ampia accezione, sia portato fuori dalla casa e socializzato, attraverso comunità di cura che travalichino e soppiantino la famiglia nucleare, così funzionale al capitalismo.

Il libro illustra molte esperienze di comunità di cura, di spazi e risorse comuni, quei commons già oggetto di studio da parte di Silvia Federici e da lei descritti non come beni, bensì come processi in cui si costruiscono nuove relazioni sociali anticapitaliste. In queste esperienze l’etica della cura è già una realtà. Tuttavia, queste pratiche dal basso non devono trarre in inganno.

Sebbene importantissime, esse non possono e non devono sostituirsi ai compiti e alle responsabilità degli Stati, semmai mostrare loro la strada. La democrazia della cura deve costituire un nuovo paradigma statale e transnazionale che integri il welfare state, allargando i beneficiari dei servizi statali fino ad includervi chiunque, superando così il concetto di cittadinanza e quello di confine. Il collettivo introduce infatti il concetto di “cura promiscua” – una cura che riguardi tutti e tutte – e “indiscriminata” – ossia che non discrimina.

La cura, da concetto abusato e utilizzato in maniera vaga, diventa così qualcosa di molto concreto che ci mostra la strada per il futuro: un imperativo etico ed una responsabilità politica, della collettività così come delle istituzioni.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto