Il prof. Aurelio Ascoli, nato a Monza il 6 novembre 1929, a 8 anni si pose la domanda se essere direttore d’orchestra o fisico. A 13 anni, in occasione della sua maggiorità religiosa, si fece regalare un violino, ma subito dopo la famiglia sfollò per evitare i bombardamenti e l’inizio dello studio fu rinviato. Un anno dopo, a seguito dell’invasione tedesca in Italia, Ascoli dovette rifugiarsi, assieme alla famiglia, in Svizzera. Al suo rientro in Italia le mani, a seguito di pesanti lavori manuali, si erano troppo ingrossate per intraprendere la carriera di violinista e non gli restò che essere un fisico. Dopo la maturità classica, su consiglio del padre, si iscrisse a ingegneria seguendo gli studi complementari comuni a Fisica. Ugo Facchini, suo docente di Fisica Nucleare, lo indirizzò al Centro Informazioni Studi Esperienze, che conduce ricerche nelle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare. Qui testimonia la sua partecipazione alla anteprima, a Milano, del film «Rapito» del regista Marco Bellocchio, presente alla serata. Ringraziamo il prof. Ascoli − ebreo italiano della comunità milanese − per il franco contributo.
Un film da non perdere. Da non lasciarsi assolutamente scappare. Ho assistito all’anteprima di “Rapito” di Marco Bellocchio al cinema Colosseo di Milano, e al relativo dibattito che è seguito, moderato da un giornalista del Corriere della Sera. Sul palco il regista e i tre protagonisti: Barbara Ronchi (la madre di Edgardo Mortara), Fausto Alesi (il padre) e Paolo Pierobon (Pio IX). Bellocchio ha aperto il dibattito, avertendo subito che non si tratta di un film storico, bensì di un film che prende spunto da un fatto realmente avvenuto, ma che poi lascia ampio spazio alla fantasia artistica creativa.
Approfondita, invece, la ricerca degli attori che recitano come genitori di Edgardo, nessuno dei due ebreo, che hanno studiato usi e costumi delle famiglie ebraiche italiane per rendere meglio l’atmosfera familiare di Edgardo prima del rapimento. La doverosa e corretta precisazione del regista non è bastata a evitare il malumore della platea, costituita in grande maggioranza da iscritti a una Comunità Ebraica preoccupata che l’impatto culturale del film sul grande pubblico finisca col non tenere in conto la professione di non adesione alla realtà storica da parte dell’autore del film, favorendo la formazione di una visione distorta dei fatti.
Confesso che condivido questa preoccupazione. Dalle violente, inarrestabili proteste della prima intervenuta dal pubblico, Bellocchio si è difeso ripetendo la tesi di non pretesa aderenza del film alla realtà storica. La presenza tra il pubblico di una pronipote di Edgardo ha consentito qualche utile raffronto con la viva realtà dei ricordi di famiglia, mentre una psicologa presente tra il pubblico ha dottamente commentato gli aspetti psicologici dell’intera vicenda, che ruota tutta intorno al “non possumus” ripetutamente pronunciato da Pio IX nella realtà e nel film: Edgardo era stato battezzato, sia pure fraudolentemente, e “apparteneva” ormai alla Chiesa cristiana, non poteva essere restituito alle sue origini non cristiane.
Ho quindi chiesto la parola e ho sentitamente ringraziato l’autore Bellocchio per avermi offerto una profonda emozione, anzi una scossa intensa, con una vera opera d’arte: bellissima la sceneggiatura, bellissima la fotografia. Ma, tributato questo omaggio all’Autore sul piano artistico, ho proseguito raccontando un episodio personale, che credo centri in pieno quel problema del “non possumus”, che è il vero oggetto dell’intera questione.
Una decina d’anni fa, fu invitato a svolgere la conferenza conviviale al Rotary Club che allora frequentavo (ho poi cambiato club) un monsignore di elevato rango nella curia milanese, e la svolse secondo i canoni della sua fede e del suo ruolo. Alla fine della conferenza chiesi la parola, e gli dissi: “Io ti voglio bene, Monsignore, proprio perché sei diverso da me, e ci tengo che tu rimanga diverso da me, e non voglio farti uguale a me, per due motivi: il primo è che rispetto il tuo diritto di essere come sei nato, come sei stato educato prima dai tuoi genitori e poi dai tuoi primi maestri; il secondo è che questa tua diversità – se io sono curioso e voglio conoscerla meglio – arricchisce il mio spirito, non lo impoverisce. Allora qui mi sorgono spontanee due domande. La prima: è lo stesso anche per te, Monsignore, anche tu ci tieni che io rimanga diverso da te e non vuoi farmi uguale a te, perché rispetti il mio diritto di essere come sono nato e sono stato educato, e perché questa mia diversità – se sei curioso e vuoi conoscerla meglio – arricchisce il tuo spirito e non lo impoverisce? E la seconda domanda: se io mi comporto bene, secondo principi morali che sono comuni alla tua e alla mia religione, posso andare in Paradiso, o rimango vincolato a un Limbo dove, è vero, non ci sono né diavoli, né fiamme, né forconi, ma che è pur sempre la noiosa anticamera dell’Inferno?”.
Il Monsignore mi rispose che sì, dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa Cattolica si era aperta al dialogo senza porre condizioni preliminari, rispettando così il diritto dei non cattolici di rimanere tali.
In risposta alla seconda domanda, disse che “Cristo, nella sua infinita misericordia, aprirà le porte del Paradiso ai meritevoli anche se non battezzati”. Mi permetto di citare le sue parole tra virgolette, perché mi fecero una tale impressione, che esse rimasero incise nella mia mente come se me le fossi scritte.
Al Rotary non è consentito a nessuno dell’uditorio di intervenire due volte: la risposta del conferenziere è definitiva. Ma se avessi potuto, gli avrei chiesto ancora: e se uno non crede nella appartenenza di Cristo alla Trinità, chi gli aprirà le porte del Paradiso? Questo è il vero messaggio lasciato a noi posteri dal “non possumus” di Pio IX.
Oggi, in epoca di globalizzazione, le Chiese cristiane non possono non tener conto che più di metà dell’Umanità è mussulmana, induista, buddista, shintoista, cioè non crede che Gesù Cristo sia “il” Figlio di Dio.
Il commento del prof. Ascoli rispecchia perfettamente il punto di vista dell’ebraismo, una religione etnica e non universalistica. Il cristiano, che ha ricevuto il comando di Gesù di andare e fare discepole tutte le nazioni e di amare il prossimo suo e financo il proprio nemico, non può non annunciare il vangelo di salvezza di Cristo morto e risorto, via, verità e vita. Il cristiano fa tutte queste cose non per mancanza di rispetto delle convinzioni altrui ma per un sovrappiù di amore nei confronti di ogni persona.
Buongiorno ho appena letto l unico vero commento a questo pastrocchio di Bellocchio su Twrnitotay di Casali. L’unico commento serio e argomentato. Possibile che i cristiani non sappiano più distinguere l acqua santa dal diavolo? Per quanto dica questo tipo e il CVII in paradiso si va se si accetta Cristo il resto sono fuffe da modernisti. Un po’ come voi di settimana news
Se l’articolo a cui si riferisce è questo https://www.ternitoday.it/blog/recensione-film-rapito-successo-politeama-terni-2023.html penso che questi articoli siano una risposta adeguata:
https://www.theatlantic.com/international/archive/2018/01/some-catholics-are-defending-the-kidnapping-of-a-jewish-boy/551240/
https://www.theatlantic.com/international/archive/2018/04/edgardo-mortara-doctored-memoir/554948/
Ha pure affermazioni incredibili: tipo che in Israele gli arabi siano più discriminati di quanto fossero discriminati gli ebrei nello stato pontificio… in Israele gli arabi votano ed hanno partiti alla Knesset, e la loro lingua è tutelata. nello Stato della Chiesa erano confinati nei ghetti e costretti a contribuire alla conversione dei loro correligionari
poi dice “ignora i tentativi di mediazione fatti dal Papa con i Mortara” ovvero “vi abbiamo tolto il bambino, se lo volete indietro dovete convertirvi”
Con tutto il rispetto non comprendo la chiusura dell’articolo.
Non significa nulla che più di metà dell’Umanità è mussulmana, induista, buddista, shintoista, cioè non crede che Gesù Cristo sia “il” Figlio di Dio.
All’inizio erano poche decine le persone che credevano in Gesù.
La Verità non è una faccenda che si possa decidere a maggioranza.
Più che altro è la presa di coscienza che i cristiani sono minoranza sul pianeta, seppur consistente