Lo scorso sabato 24 giugno 2023 si è svolto a Incisa Valdarno (Firenze), un seminario teologico dal tema «Partecipare/presiedere/decidere. Radice sacramentale e dinamica comunionale nel cammino del popolo di Dio in missione». Il seminario, che ha visto la partecipazione di oltre una trentina di studiosi, in particolare teologi e canonisti, è stato promosso dal «Centro Evangelii Gaudium» (CEG), espressione dell’Istituto Universitario «Sophia», un laboratorio di formazione, di studio e di ricerca operante nella prospettiva della «nuova tappa dell’evangelizzazione» cui la Chiesa è chiamata.
Sinodalità: da evento a dinamica generativa
L’obiettivo di questo momento formativo era quello di riflettere ed elaborare un contributo all’attuazione di quel «camminare insieme» che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo e in vista della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, il cui Instrumentum laboris è stato presentato il 20 giugno (qui il testo).
Nel suo saluto ai partecipanti, il card. Mario Grech, Segretario generale del Sinodo, ha evidenziato come il titolo del seminario richiamasse il contenuto dell’Instrumentum laboris. Il cammino sinodale entra, infatti, in una nuova fase: esso è chiamato a diventare dinamica generativa e non soltanto un evento fra gli altri, sottolineando come non si possa ascoltare lo Spirito Santo senza ascoltare il popolo santo di Dio. Esiste una continuità dei momenti nel processo sinodale che delinea il profilo della Chiesa quale discepola in ascolto: ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto reciproco che, dal di dentro, la struttura e la convoca.
Certamente tale cammino richiede un attento discernimento e una profondità di sguardo: non ogni ascolto è ascolto del popolo di Dio, poiché il luogo proprio dell’ascolto è la Chiesa particolare. Il discernimento dei vescovi ai vari livelli rende l’ascolto un’effettiva consultazione del sensus fidei di tutti i battezzati e, mediante tale reciprocità aperta, l’ascolto non si riduce a un mero passaggio strumentale o occasionale.
Popolo e pastori, in quanto soggetti ecclesiali, sono legati gli uni agli altri in Cristo, nella forza dello Spirito, e in questo legame comunionale prende forma quella particolare metodologia della conversazione nello Spirito, ben descritta in occasione della presentazione dell’Instrumentum laboris.
Il cardinale Grech ha poi sottolineato l’esigenza di articolazione di un principio della restituzione: l’unità del processo sinodale è garantita dal fatto che esso ritorna dove è partito, alla Chiesa particolare, ed è un momento importante del riconoscimento di quanto maturato nell’ascolto di ciò che lo Spirito dice oggi alla Chiesa.
Il travaglio del nostro tempo e l’annuncio del Vangelo
La nuova tappa sinodale che ci si appresta a vivere si colloca in un frangente storico singolare, ed è questa una consapevolezza che è risuonata nei lavori del seminario e nel dialogo fra i presenti. Molteplici sono le interpellanze che vengono anche dalla realtà, come, ad esempio, i conflitti a più livelli che si vivono nel mondo, la fatica della democrazia, il regime dell’urgenza che sfianca i processi decisionali, ma anche l’allentarsi del legame sociale, la rarefazione della fede, la domanda di senso che risuona in maniera differente.
Il cammino sinodale sembra porsi, dunque, come un significativo momento della vita ecclesiale, capace di stimolare e di attivare lo slancio creativo e di annuncio evangelico che viene dalla riscoperta della relazione con Dio che innerva la relazione tra i credenti, e anche come un segno per un contesto culturale in cui alberga un grido silenzioso di fraternità nella ricerca del bene comune.
Gli interventi che hanno scandito i lavori hanno provato a guardare dalla prospettiva della teologia, del diritto canonico e della prassi le ricadute e le potenzialità del cammino sinodale per la vita della comunità ecclesiale.
Se, per il prof. Severino Dianich, professore emerito di ecclesiologia e di cristologia alla Facoltà di teologia di Firenze, risulta decisivo riscoprire esistenzialmente l’essere corpo del popolo di Dio, recuperando l’ecclesiologia paolina e valorizzando la co-essenzialità dinamica dei doni gerarchici e carismatici; per il prof. Alphonse Borras, professore emerito di diritto canonico all’Università cattolica di Lovanio, questo punto di svolta necessita di un’esplicitazione canonica, che delinei una prassi procedurale flessibile capace di accompagnare i processi decisionali e di partecipazione attraverso i vari organismi previsti (consiglio episcopale, consiglio presbiterale, consiglio pastorale diocesano, consiglio pastorale parrocchiale…).
Il cammino sinodale dischiude una prassi che sfugge a una logica meramente funzionalistica in cui tutto deve funzionare per raggiungere un obiettivo, sacrificando sull’altare dell’efficienza il dono che ogni persona è. Esso attiva una dinamica che chiede una conversione reciproca dello sguardo capace di generare un agire individuale e comunitario aperto all’ascolto dello Spirito, vivendo in Cristo la ricerca del bene dei molti.
Proprio in questa traiettoria il card. Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del Pontificio consiglio per i testi legislativi, ha posto all’attenzione due passaggi decisivi della Lumen gentium e del Codice di diritto canonico, rispettivamente il n. 37 e il canone 212, in cui è possibile rinvenire una definizione di sinodalità, quale comunione di pastori e fedeli nel compiere l’attività di riconoscere qual è il bene della Chiesa e nella capacità di decidere come attuare il bene individuato. Processo che si esprime in organismi partecipativi specifici che funzionano secondo i due momenti propri della sinodalità: conoscenza (del bene) e decisione. Ora, se spetta all’autorità competente prendere le decisioni, tuttavia nell’elaborazione di esse i vari soggetti ecclesiali sono coinvolti con una partecipazione attiva e consapevole, pur nella differenza di competenze e di spazi di realizzazione, i quali chiedono di essere sempre meglio tematizzati.
L’obiettivo di un processo sinodale non sarà tanto quello di raggiungere un accordo di maggioranza, quanto di verificare il grado di accordo, per lasciar emergere un sentire assieme nello Spirito in fedeltà dinamica al Vangelo. E in questo giocano un ruolo decisivo le Chiese particolari nella loro strutturazione, chiamate a mettere in opera nel diritto particolare questa dinamica partecipativa. Si tratta di una nuova inculturazione della fede che si pone in gioco con le istanze della contemporaneità e la sua complessità. Aspetti questi richiamati nell’Instrumentum laboris, in cui si legge: «Sembra opportuno intervenire anche sul diritto canonico, riequilibrando il rapporto tra il principio di autorità, fortemente affermato nella normativa vigente, e il principio di partecipazione; rafforzando l’orientamento sinodale degli istituti già esistenti; creando nuovi istituti, ove ciò appaia necessario per le esigenze della vita della comunità; vigilando sull’effettiva applicazione della normativa» (Instrumentum laboris, B 3.3.e).
Il soggetto comunionale tra vocazione e missione
Il cammino sinodale rinvia pertanto a un orizzonte di senso per il discernimento autentico dei segni dei tempi, offrendo l’opportunità di una crescita della consapevolezza della missione ecclesiale nel mondo.
Nel dialogo conclusivo, il prof. Piero Coda, Segretario della Commissione Teologica internazionale, ha evidenziato come, nei vari interventi, si sia delineata una strada per dare forma strutturale a una prassi sinodale nella Chiesa. Teologicamente il soggetto non è solo un unum (giuridico), ma è – per grazia, e pur nell’asimmetria della differenza simbolicamente tenuta insieme nel corpo ecclesiale – un unus (teologico), ovvero il Cristo. Questo soggetto dal punto di vista misterico non è se non la visibilità del Cristo nella comunità che si esprime in questo luogo sinodale. Il soggetto comunionale è frutto della co-spiratio (azione dello Spirito) dei pastori e dei fedeli che fa venire in rilievo il corpo di Cristo dove ciascuno dei soggetti ecclesiali si ritrova in una unità differenziata in Cristo (unità nella molteplicità). Le ricadute antropologiche di uno stile sinodale sono dunque notevoli, evidenziando certamente la necessità di approfondirne le virtualità come le possibili impasse.
La prassi sinodale vissuta e approfondita nella vita ecclesiale potrà così dare un contributo anche all’attuale contesto sociale e culturale, diventando esperienza kerygmatica. Davanti al rischio reale di una consunzione della forma democratica, ad esempio, la Chiesa potrebbe rimettere in circolo nella società una capacità di ascolto e compartecipazione nella ricerca del bene di cui la democrazia ha bisogno per sopravvivere.
Da qui l’impegno per la prossima assemblea ordinaria generale del Sinodo dei vescovi, quale nuova tappa per la crescita e lo sviluppo di una cultura della prossimità che si alimenta dal «camminare insieme». È diventato chiaro ai presenti che le tematiche, e soprattutto le proposte avanzate dai relatori, rappresentano un ulteriore contributo al discernimento comunitario che si avvierà nella prima fase del sinodo del prossimo ottobre in Vaticano. È in cantiere a breve una pubblicazione a più voci.
Buongiorno, al contrario di chi ha commentato prima io sono felicissimo di essere l unghia del mignolo sinistro del piede mistico. Il corpo ha delle diversità che tali devono restare. Il sinodo non è più dei vescovi visto l ingresso di cani e altre specie animali. In più è già deciso cosa approvare visto chi sceglie gli altri partecipanti. Le donne evangelicamente dovrebbero servire non votare. Mauro Mazzoldi
Chi sarebbero i ‘cani e le specie animali ‘ che secondo lei sono state fatte entrare nel Sinodo? Spero non parli di chi penso io…
Poi da quello che ho capito secondo lei le donne non dovrebbero aver nessun ruolo nei processi decisionali?
P.S. mi sono salvato il suo numero di telefono
Mi sembra debole e comunque complicato da capire come i diversi soggetti ecclesiali comunichino tra loro.
nichino tra loro.Mi interesserebbe sapere come il Sinodo Ordinario dei Vescovi del prossimo mese di ottobre 2023 interagisce col Sinodo dei Vescovi
inodo deDiicesano e questo col Sinodo ParrocchialeMi sembra di capire che il modello resta quello del Corpo mistico di Cristo,del capo e le sue membra,dove non esistono ,come per il corpo fisico ,membra periferiche.Mi ricordo che da giovani di Azione Cattolica,presentammo all’Assistente Naz.le don Carlo Maria Martini- in seguito cardinale Arcivescovo di Milano-una relazione in cui descrivevano la Chiesa locale Diocesana di Cagliari come una delle membra periferiche del Corpo mistico della Chiesa.Ma don Martini ci spiego’che la Chiesa che e’ in Cagliari,non e’ come un piede o una mano del Corpo mistico,ma e’ l’intero corpo nella sua interezza.Partendo da questa riflessione anch”io da semplice laico credente vorrei una interrelazione tra le membra del corpo mistico di Cristo,che ey la Chiesa,che si fondasse su una teologia della gerarchia intesa come Servizio.Non quindi un capo(testa) egli altri membra (periferia-arti etc.) ma un continum di un flusso costante vitale.Io a Cagliari mi devo sentire tutto Chiesa e non un estremità
di un corpo che non mano mi potrebbe emarginare o non interessarmi più.
Giacomo Meloni
Cell. 3318553428
ento in cui scrivemmo che la Chiesa locale in Sardegna era assistente nazionale don Martini-poi cardinale –