Il clima ecclesiale cattolico sta conoscendo ben più di uno scadimento di stile. La divergenza di opinioni e visioni, per ciò che concerne il futuro della Chiesa, ha incattivito la discussione – l’ironia da tagliente si fa spesso offensiva (e smette quindi di esser tale). Al posto di una sana dialettica argomentata è subentrata l’opinione aggressiva, che tutto vuole tranne che mettersi in ascolto delle ragioni altrui.
Tracce di questo clima avvelenato si trovano, ogni tanto, anche nei commenti del nostro blog. Sembra che nessuna parte ecclesiale ne sia immune. E tutti ci sentiamo in un qualche modo legittimati da un’autorità più a alta a farci beffa della fede di chi non la pensa come noi.
Se il limite del buon gusto lo si supera oramai abitualmente, preoccupa il fatto che il “discorso” ecclesiale sia diventato terreno fertile per espressioni di odio e minacce di morte.
Questa la denuncia espressa, qualche giorno fa, dalla professoressa Agnes Wuckelt, presidentessa dell’Associazione delle donne cattoliche tedesche. Se, per il momento, atti di tale gravità non sono ancora abituali, normale è invece diventato l’hate speech quale espressione della differenza di vedute.
Non si argomenta più sulle ragioni portate avanti da una persona, ma si orienta una violenza di parte contro la persona stessa. Da qualunque parte provenga, questa violenza personale è diametralmente opposta sia alle intenzioni del Vangelo sia alla verità della fede.
In casi come questo, vi è una completa omologazione mondana della Chiesa portata avanti in nome della sacralità di Dio. Il cattolicesimo è una macchina potente: quando si mondanizza diventa più mondano del mondo stesso.
Mancando però, così facendo, ogni possibilità di instaurare nelle dinamiche del mondo la differenza critica che la fede attinge dall’Evangelo di Dio. L’irriverenza violenta con cui guardiamo alle posizioni altrui nella Chiesa dice molto sulla irreligiosità che scorre in parecchie vene del cattolicesimo contemporaneo.
Ritornando al caso tedesco, si deve sottolineare come siano soprattutto le donne a essere il bersaglio di minacce, insulti e violenze (che non possiamo definire solo linguistiche). In questo caso si tratta di tre donne che si sono impegnate per un processo di riforma della Chiesa tedesca in seno al Cammino sinodale. Ma credo che anche sul fronte delle donne che non condividono questa visione di Chiesa si possano registrare esperienze simili – ossia essere fatte oggetto di odio e insulti.
Che ai due apici del sentire cattolico odierno siano proprio le donne ad attirare su di sé la violenza della “difesa della fede” è un pessimo segno, che va ben oltre eventuali colpi di coda di un patriarcato che sembra rigenerarsi a ogni generazione credente.
È come se vi fosse un qualcosa di insopportabile, nella Chiesa, quando le donne parlano, agiscono e credono – secondo libertà e coscienza. Stante questa condizione, sia che si vada verso la Chiesa di Bergoglio o si torni a quella di Ratzinger, nulla cambierà nell’anima profonda del cattolicesimo e della sua istituzione ecclesiale. Ci saranno sempre sorelle di un Dio minore, sopportate al più come alleate complici di un’ecclesiologia fatta da maschi per i maschi.
La maggioranza dei commenti è al maschile e allora come donna voglio sottolineare il finale dell’articolo che è tanto tanto vero:
È come se vi fosse un qualcosa di insopportabile, nella Chiesa, quando le donne parlano, agiscono e credono – secondo libertà e coscienza. Stante questa condizione, sia che si vada verso la Chiesa di Bergoglio o si torni a quella di Ratzinger, nulla cambierà nell’anima profonda del cattolicesimo e della sua istituzione ecclesiale. Ci saranno sempre sorelle di un Dio minore, sopportate al più come alleate complici di un’ecclesiologia fatta da maschi per i maschi.
Le barricate sulla questione femminile non permettono una seria riflessione in merito. Alcuni pensano ad adeguarsi semplicemente al tempo attuale ed altri ad opporsi all’adeguamento al tempo presente senza che entrambi cerchino nel tesoro della tradizione millenaria della Chiesa. In questo tesoro ci sono le diaconesse e le badesse mirate che poi sono state risucchiato nell’oblio della storia. Quando Benedetto XVI attribuì il titolo di dottore della chiesa a Santa Ildegarda di Bingen scrisse queste parole Perciò l’attribuzione del titolo di Dottore della Chiesa universale a Ildegarda di Bingen ha un grande significato per il mondo di oggi e una straordinaria importanza per le donne. In Ildegarda risultano espressi i più nobili valori della femminilità: perciò anche la presenza della donna nella Chiesa e nella società viene illuminata dalla sua figura, sia nell’ottica della ricerca scientifica sia in quella dell’azione pastorale. La sua capacità di parlare a coloro che sono lontani dalla fede e dalla Chiesa rendono Ildegarda una testimone credibile della nuova evangelizzazione.”
Gli articoli non pretendono di essere dei trattati esaustivi, ma forniscono degli stimoli attraverso delle opinioni aperte al confronto. Per quanto riguarda le prove a sostegno delle “affermazioni apodittiche”, non è vero che non sono state fornite. Riporto di seguito l’esempio contenuto nel mio articolo. “Se Francesco abolisce Summorum Pontificum (che apriva le porte ai tradizionalisti anticonciliari) non può essere accusato di progressismo o di modernismo (come è accaduto da parte dei circoli conservatori). Il papa ha corretto una falsa contrapposizione ed ha agito nel rispetto dello spirito conciliare che è quello di riformare la Chiesa dalle pastoie di una tradizione usata come uno strumento per lasciare tutto immutato. Non si è trattato pertanto di una lotta tra due estremismi, ma di una giusta correzione di rotta.”. Di vicende analoghe è piena la storia dei questi decenni post conciliari. Ogni volta che si prova a ricondurre la chiesa entro il solco tracciato dal concilio e si prova a mettere in cantiere le riforme, scatta l’accusa astiosa ed infondata dei circoli tradizionalisti. Il cui scopo è quello di rifiutare il concilio e lasciare tutto immutato. Scopo che cercano di conseguire inventando artificiose contrapposizioni come quella tra tradizionalisti e progressisti.
cerco di esplicitare meglio i problemi nel suo articolo:
– lei nega che le posizioni avverse alla sua sua siano ‘posizioni’, ma solo ‘opposizioni’. negando loro questa dignità ontologica, non sono degne di essere dibattute e valutate, ma solo soppresse, in quanto si oppongono al destino prestabilito dalla storia. posizione simile e speculare a quella dei tradizionalisti, che negano qualsiasi diritto a quello che loro ritengono come Errore.
– lei non ha la minima idea di quali siano le posizioni dei tradizionalisti: loro non vogliono per niente lasciare tutto com’è. Loro vogliono riformare la Chiesa e la società in senso ‘gerarchico e ordinato’, secondo dei principi politici derivanti dall’integrismo dell’800-‘900. sono dei ‘rivoluzionari’, ma in un altro senso. vada a leggersi, per esempio, comunicati di Viganò, per vedere come queste ideologia pervade tutto.
Anima errante, premesso che lei continua a mascherarsi dietro una falsa identità (cosa disdicevole assai), la invito a non distorcere il mio pensiero. Eviti di usare la fallacia retorica dello spaventapasseri per mettere in cattiva luce la tesi dei suoi interlocutori. Il rifiuto opposto dai tradizionalisti al concilio ed a Francesco non è ricevibile. Non può essere posto sullo stesso piano di chi è impegnato nella riforma della chiesa accogliendo e sviluppando le “novità” che emergono dai documenti conciliari. L’errore è rigettare il concilio. Non è accogliere il concilio. Questo dovrebbe essere chiaro. Ma vedo che occorre ribadirlo. Per quanto riguarda il tenore rivoluzionario dei tradizionalisti alla Viganò (e dei tanti “moderati” che boicottano nell’ombra ogni rinnovamento), non è nemmeno il caso di ribattere, tanto è fantasiosa l’asserzione. Riformare la chiesa “in senso gerarchico e ordinato” è una barzelletta. Ridiamoci su.
Condivido le preoccupazioni dell’articolista e più volte ho espresso simili timori nei miei commenti. Purtroppo sia nei commenti che in alcuni articoli pubblicati suvquesto sito si respira proprio il clima di scontro descritto. Molti, a corto di argomenti, scadono nell’attacco personale.
Ma forse è inevitabile che sia così.
Condivido la preoccupazione: il problema è serio e grave. Tuttavia la Chiesa che è nel mondo non è estranea alle logiche del mondo. Detto in altri termini c’era e c’è da aspettarselo dalla deriva social di cui tutti siamo protagonisti o direttamente o indirettamente. Un clima di odio social e reale si sta instaurando dovunque: nessuno è immune ahimè!
Che i toni giungano talvolta ad un livello estremo, che si scada nelle offese personali, insomma che ci si faccia prendere dalla foga della discussione non è uno spettacolo decoroso e soprattutto non è una bella testimonianza evangelica. ma fatte salve queste esagerazioni, io trovo poco convincente questa polarizzazione tra tradizionalisti e progressisti. In buona sostanza, io ritengo che sia una falsa contrapposizione. Ho illustrato la mia opinione in questo intervento http://www.settimananews.it/chiesa/falsa-contrapposizione-quella-vera/
Come già detto, l’articolo è perlomeno semplicistico: i ‘progressisti’ sarebbero delle persone buone animate da un desiderio di riformare la Chiesa, mentre i ‘tradizional-conservatori’ sarebbero gente malvagia che vuole perpetuare un sistema sbagliato e oppressivo.
Se questa analisi ha sicuramente dei buoni spunti, non tiene in conto tante cose: anche tra i conservatori e i tradizionalisti ci sono molti in buona fede e con buoni motivi per agire in difesa dell’esistente. Magari sbagliano, ma non meritano giudizi così netti.
L’articolo manco si sogna di fornire delle prove per le affermazioni apodittiche fatte, per esempio citando dichiarazioni della parte avversa.
Se legge bene l’articolo vedrà che parlo di entrambe le posizioni sia come fonte di violenza linguistica, sia come vittima di tale violenza.
E’ il conrappasso per anni e anni di parlare ambiguo e mellifluo da parte delle autorita’ ecclesiastiche, sbrando quasi che dire papa al pane e vino al vino sia poco cristiano. Da qui un linguaggio eufemistico ,pieno di neologismi per fare trangugiare con le buone certi tremendi cambiamenti ( basta un poco di zucchero e la pillola va giù’).
Ci vuole da entrambe le parti un parlare franco e onesto, non violento, ma neppure sofistico.
Sono i sofismi di certi teologi che fanno infuriare . I fedeli si sentono presi in giro e menati per il naso. Cambiare il linguaggio e’ il primo passo della finestra di Overton per cambiare la percezione e l’ accettazione di cose prima ritenute inaccettabili .
Oggi e’ tutto “inclusione” etichettando cosi’ ogni posizione critica come ….foba. Se si discute su l’ ordinazione delle donne prete da una parte si usano sofismi e si vuole imporre una riforma “a tavolino” ,dall’ altra chi non e’ d’ accordo e’ definito sessuofobo, reazionario.
La discussione non e’ piu’ sulla reale bonta’ ed opportunita’ di una riforma, ma su criticare chi non la pensa come chi vuoi l fare a tutti i costi la riforma. Siamo sicuri che le donne prete le vuole a gran voce la stragrande maggioranza dei fedeli e delle donne cattoliche? O solo una minoranza fortemente ideologizzata dal femminismo) .Se sara’ l’ ennesima riformaimposta dall’ alto e falsamente fatta passare per “voluta da tutti” si dara’ di nuovo in pasto la menzogna .
Si.
Occorre assolutamente abbassare i toni su questo blog e io, facendo mea culpa, mi impegnerò per farlo.
Una certa dose di vivacità dialettica è però indice di vero attaccamento alla fede.
Chi, dal suo punto di vista, sente minacciato il futuro della Chiesa necessariamente reagisce.
Lo ha detto anche papa Francesco, con il suo solito stile he io trovo veramente irritante (questo è un esempio di vivacità dialettica), quando ha detto, vado a memoria, “se uno offende la mia fede e come se offendesse la mia mamma e io gli do un pugno”.
Chi ritiene che il sacerdozio femminile sia un diritto vivrà la posizione dei cattolici legati alla Tradizione come una insopportabile angheria.
Allo stesso modo chi crede che il sacerdozio possa essere soltanto maschile vede nella possibilità di ordinare donne la prospettiva della fine della trasmissione del sacramento dell’ordine e, quindi, della Chiesa stessa.
La violenza è nelle parole ma c’è una dose ineliminabile inconciliabilità in queste posizioni.
Inconciliabilità che, se portata alle estreme conseguenze, condurrà inevitabilmente ad esiti nefasti.
Io prego, prego molto perchè questo non avvenga, ma l’orizzonte, scrutato con la sola ragione, è buio.
Le preoccupazioni evidenziate sono realistiche: ricordiamo che quando la Chiesa di Svezia (luterana) negli anni ’60 apri gli ordini sacri alle donne venne garantito alla sensibile minoranza che non accettava o avevi dubbi sulla validità di dette ordinazioni l’obiezione di coscienza, ovvero il diritto di avere linee di ordinazione solo maschili e di non essere obbligati a partecipare a celebrazioni eucaristiche di preti donna.
Due decadi e divenne obbligatorio per ogni chierico di detta Chiesa accettare la validità delle ordinazioni femminili…