Ringrazio il prof. Giuseppe Lorizio (cf. SettimanaNews, qui) per l’attenzione dedicata alla mia piccola nota su Facebook in relazione alle dichiarazioni del prof. Hans Zollner (qui).
Nel frattempo, il prof. Andrea Grillo formula sul suo blog alcune osservazioni, in dialettica con Lorizio (cf. SettimanaNews, qui). Risponderò anzitutto a quest’ultimo, mediante brevi osservazioni, che non oso chiamare tesi a motivo della loro estrema semplicità e del loro carattere parziale.
Il tema, a questo punto, è il dissenso tra cattolicesimo e protestantesimo sul ministero: non sulla sua patologia, che era lo sfondo delle osservazioni del prof. Zollner, bensì (per usare un termine non semplice da maneggiare, comunque evocato in questo contesto anche dalla Lumen gentium), sulla sua essenza.
Quello che cattolici ed evangelici possono dire insieme
Ministero significa servizio.
Ogni servizio implica l’esercizio di un’autorità e, dunque, richiede l’impiego di forme di potere. Il discredito del quale soffre questo termine andrebbe secondo me relativizzato. Tutto dipende da come è inteso e regolamentato.
Forme di abuso sono possibili in tutti i contesti, anche ecclesiali. Ai fini del nostro discorso, vale l’antico assioma: abusus non tollit usum.
Ogni ministero (non solo, dunque, quelli direttamente legati all’annuncio e al governo della comunità) è espressione e determinazione del sacerdozio universale dei credenti e delle credenti.
Un’esegesi approfondita di questa espressione non è possibile in questa sede, ma ho motivo di pensare che Giuseppe Lorizio e io concordiamo su di essa. Il sacerdozio universale non è come tale un ministero, bensì la condizione di possibilità di ogni ministero.
Intermezzo descrittivo
Ci concentriamo qui sul ministero comunemente detto «ordinato». Nella Chiesa cattolica, esso ha un carattere «tripartito» (vescovo – presbitero – diacono). Soprattutto nel caso del vescovo, ma anche, in forma diversa, negli altri due, la funzione di governo è associata a quella dell’annuncio.
Nelle Chiese evangeliche, il ministero della parola e della presidenza eucaristica è articolato in forme diversificate, ma per semplicità menziono qui il ministero pastorale. Il ministero del governo (sia a livello della singola comunità, sia a livello più ampio) non è necessariamente esercitato dalla figura pastorale.
La differenza
Per amor di sintesi, la esprimerò così: nelle Chiese evangeliche, il «sacramento» che rende possibile il ministero pastorale è il battesimo. All’interno della comunità delle persone battezzate, alcuni e alcune sono scelti e scelte per tale specifico compito. Riassumo tale dinamica parlando di una comprensione funzionale del ministero.
Nella Chiesa cattolico-romana, esiste uno specifico sacramento, l’ordine. La comunità dei battezzati è dunque (non in senso assoluto, è ovvio: da questo punto di vista) divisa in due, chi è ordinato e chi non lo è. La seconda categoria è di solito indicata dal termine «laicato». Questa è la sacramentalità del ministero, della quale parla il prof. Lorizio. Scusandomi per la parolaccia, parlo di una concezione ontologica del ministero.
Se vedo bene, il punto critico della discussione rispetto alla sacralità del potere è tutto qui: l’autorità del ministero nella Chiesa cattolica, e l’esercizio del potere che ad essa è legato, partecipano di questo statuto «ontologico». Come ciò accada, è normato a vari livelli, dottrinali e giuridici.
Se Lorizio preferisce definire tale dinamica «sacramentale», anziché sacrale, io non ho obiezioni: la radice è la stessa, e comunque l’importante è intendersi sul contenuto.
La dottrina del ministero come «perno» dell’ecclesiologia cattolica?
Lo affermo perché constato che praticamente tutti i temi controversi, sia in ambito ecumenico, sia all’interno del cattolicesimo romano (dal misconoscimento dello statuto ecclesiale alle comunità protestanti, alla cosiddetta «ospitalità eucaristica», al veto all’ordinazione delle donne, per non parlare dell’odierna discussione sulla «sinodalità»), hanno a che vedere, di solito assai direttamente, con essa e con il fatto che essa determina, all’interno della comunità, una distinzione (sacramentale) tra clero e laicato. Il Vaticano II conferma, mi pare, tutto ciò, nel contesto che gli è caratteristico.
Leggo a pagina 89 e 90 di Tomas Halik, Pomeriggio del cristianesimo (Vita e Pensiero, Milano 2022):
“Gli abusi sessuali e psicologici all’interno della Chiesa sono abusi di potere che sfuggono al controllo e alla critica per il fatto di rimandare a un’inconfutabile origine sacra. Uno pseudomisticismo romantico del sacerdozio che pone l’accento sul ‘potere sacro’ del prete ha generato intorno alla persona del sacerdote – in radicale antitesi con lo spirito del Vangelo e con la sua concezione del servizio – un’aura magica (persona, nel senso della psicologia junghiana del profondo) che a volte ha attirato candidati psicologicamente e moralmente problematici. Gesù non era un sacerdote, ma un ‘laico’. Nella tensione fra la religione sacerdotale e rituale e la critica rivoltale dai profeti, stava dalla parte dei profeti. Le sue parole profetiche sulla fine del tempio e della religione dei sacerdoti del tempio gli sono costate la vita. Gesù non ha fatto del circolo dei suoi dodici amici dei sacerdoti nel senso della religione del Tempio di Israele. Voleva che si sforzassero di essere, secondo il suo esempio, ‘i più umili e i servitori di tutti’. Gesù non ha fondato una ‘gerarchia’, un governo ‘santo’ nel senso di un’aula di governo in mezzo al popolo di Dio. Ha dato ai suoi discepoli il mandato di essere un’opposizione provocatoria rispetto al mondo del potere e alle manipolazioni religiose e politiche. Mentre spezzava il pane durante la sua ultima cena, ha affidato loro il compito di imitare la sua ‘kenosis’: la rinuncia di sé, l’annullamento di sé, il dono di sé”.
Divertente quel mantra:” La Chiesa primitiva”. Se con il passare dei secoli la Santa Madre Chiesa stessa ha affinato proprio il volere di Cristo penetrando sempre più i dogmi chi siete voi per voler ergervi a novatori? La donne hanno come modello Maria Vergine e i protestanti da eretici si devono convertire. Il resto viene dal maligno
Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. In questa fratellanza siamo tutti pari e lo siamo anche nelle partecipazione al sacerdozio, alla regalità e alla profezia del Signore Gesù. Ciò che cambia sono i doni che ciascuno di noi riceve da Dio ed i ministeri a cui è chiamato e confermato da coloro cui è stato affidato il compito di governare la comunità ecclesiale.
Venendo ad oggi ed a come si è conformato nei secoli il ministero dell’Eucarestia credo che occorra ritornare al modo della chiesa primitiva ed alla articolazione dei loro carismi e ci sono stati descritti nel loro modo d’essere unici e non accorpati. E così riportando anche da noi questa modalità coloro che vogliono essere dottori continueranno a frequentare i luoghi deputati alla loro lunga formazione e se lo desiderano e sono scelti potranno diventare ministri dell’Eucaristia (sarebbe un cambiamento troppo drastico e forse inopportuno isolare i dottori dal ministero sacerdotale )
Il ministero dell’Eucaristia invece, secondo una formazione più vicina a quella dei diaconi, sarà affidato a coloro, uomini e donne, che saranno scelti in quanto disponibili ad assumere questo ministero. Includo anche le donne perché il punto non è se possono o meno diventare sacerdotI perché, come ho detto ed è riconosciuto dalla Chiesa, già lo sono.
Ci si potrebbe chiedere come mai Gesù non abbia scelto fin dall’inizio di includere tra i suoi stretti discepoli le donne ed una risposta potrebbe essere che in quel tempo la divisione tra il mondo maschile e quello femminile era così totale che non era nelle cose poter fare diversamente.
Gesù tuttavia avrebbe potuto introdurre anche questa novità visto che per altre cose ha ribaltato la tradizione. Se Gesù non l’ha voluto perché si è ritratto dall’esercitare questo potere ritenendo che fosse compito di una maturazione storica affidata alla crescita dell’uomo maschio sotto la spinta di una presa di coscienza anche da parte delle donne.
Per secoli abbiamo resistito al cambiamento ed ora grazie al coraggio delle donne e di come ci stanno donando ciò che ci manca in tutti i campi stiamo arrivando alla conclusione che non andremo avanti se non ci faremo carico di questo cambiamento. Se si capisce che Gesù ha lasciato nelle nostre mani questo passaggio allora si inizierà a sanare alla radice quel conflitto Ur/antico tra l’uomo e la donna.
Occorre fare davvero un ‘mea culpa’ collettivo e liberare dai pregiudizi e dalle interpretazioni teologiche errate il trono da sempre destinato alle donne e che l’incapacità ed ottusità maschile non gli ha riconosciuto. Una volta che la Chiesa prenderà sempre più coscienza della dignità del battezzato allora anche il tema del celibato troverà una soluzione lasciandolo alla libera scelta dei ministri, uomini o donne che siano.
Come effetto si avrà un riequilibrio salutare nel corpo della chiesa grazie alla presenza delle donne in tutti i gangli del servizio ecclesiale. Come effetto di questi cambiamenti entrerebbero forze vive a servizio della comunità cristiana per testimoniare l’unico che ci interessa veramente, Gesù, in questi tempi dove è utile andare all’essenziale in quanto la Sua presenza non era destinata solo al suo mondo ma universale e dunque bisognosa di tutta la nostra capacità di discernimento.
Alcune domande cruciali in attesa di risposta.
Nella comprensione cattolica del sacerdozio cosiddetto ordinato sussiste una concezione ontologica secondo la quale il sacramento dell’ordine conferisce un “plus” che investe i candidati di un potere spirituale particolare. Io mi chiedo come in questa ottica si relazioni la grazia “battesimale” con la grazia “ordinata”. I presbiteri ed i vescovi aggiungono un qualcosa in più al loro battesimo ? Qualcosa che li rende differenti in essenza rispetto ai “semplici” battezzati ? E come si può concepire questo “plus” rispetto alla dignità ed all’uguaglianza dei battezzati, tutti re, sacerdoti e profeti ? La vita nuova in Cristo, che è una continua conversione laica ed esistenziale, come si coniuga nel presbitero e nel vescovo, visto che a loro viene assegnata una condizione sacrale, ontologicamente differente ? Laddove non è presente il sacerdozio cosiddetto ordinato e quindi in mancanza di questo potere spirituale particolare, la chiesa è meno chiesa ?
È arcinoto, anche se chi dibatte ((Lorizio, Grillo, Ferrario) che, per la dottrina cattolica, il sacramento dell’ordine imprime un carattere permanente. Da qui deriva lo statuto ontologico speciale rispetto al singolo battezzato.
In effetti, là dove non c’è vera Eucaristia e vero Sacerdozio ministeriale, le Comunità non vengono chiamate Chiese, ma Comunità ecclesiali. A buona ragione.
Credo che cattolici ed evangelici, al di là di alcune significative convergenze, debbano fare molti passi per intendersi. Leggendo Grillo mi pare che, per sforzo di originalità, voglia apparire più evangelico degli evangelici pur rimanendo cattolico. Al di là dei legittimi distinguo a livello dottrinale, vi è da dire che una certa prassi può contraddire la dottrina. Il problema sta tutto qui. Anche la più formidabile dottrina può essere oscurata da una prassi totalmente sbagliata e questo sia in ambito evangelico che cattolico.