L’estate scorsa, dopo una fortunata ricerca, ho recuperato i contatti con una ex compagna di studi universitari, oggi suor Maria Chiara, clarissa. Dal 1989 vive il dono della vocazione ricevuta tra le «sorelle povere di Santa Chiara» a Bouar nella Repubblica Centrafricana, unica presenza contemplativa in quella terra.
Una scelta che confesso di aver faticato a comprendere fin dalle prime battute, pur riconoscendone i caratteri di coraggio e di intensa forza spirituale. Gli stessi che avevo individuato in quella giovane e intelligente studentessa di filosofia, dotata di innata, contagiosa e semplice allegria.
Nei mesi scorsi ci siamo sentite più volte via Whatsapp e ho letto volentieri un suo articolo scritto in lingua francese, apparso nel dicembre 2022, in un Bollettino di collegamento tra i monasteri francescani (cTc No.60 français). Nell’incipit di questo pezzo le parole di papa Francesco pronunciate a Bangui – capitale della Repubblica Centroafricana – il 29 novembre 2015: «L’Anno Santo della Misericordia comincia in anticipo su questa terra. Bangui oggi diventa la capitale spirituale del mondo». In questa terra situata appena a nord dell’equatore, «terra che soffre da più anni di guerre e di odio, di incomprensioni e di mancanza di pace» il papa volle iniziare l’Anno Santo.
Il paese – scrive suor Maria Chiara – stava da poco emergendo da un conflitto molto violento a seguito del colpo di stato del 2013 che aveva rovesciato il presidente François Bozizé e che aveva causato migliaia di morti e provocato lo spostamento di un terzo della popolazione. Poi altri colpi di stato, cicli regolari di violenze e ribellioni. Paradossalmente, in una terra ricchissima di risorse minerarie, vi è tanta, tanta povertà.
La situazione nel paese
Attualmente la situazione politica e sociale è ancora molto instabile, soprattutto dopo la guerra in Ucraina. Ne parlo con lei dopo la visione di un documentario (Il fattore umano. Russi d’Africa apparso lo scorso 24 luglio su Rai 3) dedicato alla situazione attuale della Repubblica Centrafricana dove la popolazione convive con più forze armate.
Quella dell’ex dominatore francese, ora assai ridotta nel numero e nel plauso popolare; quella dell’ONU che conta 18.000 unità provenienti da 57 paesi e la cui missione è di proteggere i civili (missione che lascia peraltro molte domande aperte…). Poi – sempre più numerosi – i russi con i mercenari della Wagner a cui cercano di opporsi gruppi ribelli (riuniti nella sigla CPC) in larga misura foraggiati da paesi nemici della Russia. L’attuale Presidente, Faustin-Archange Touadéra (Bangui, 21 aprile 1957), già dottorato in matematica e docente universitario, è protetto da militari russi che hanno anche il compito di addestrare le truppe del paese su mandato presidenziale.
Inevitabile chiedere alla mia cara amica notizie di lei e delle sue «sorelle povere». Con apprensione e nello stesso tempo ammirazione per una scelta evangelica così radicale. Ella mi dice che sono una piccola fraternità di donne italiane e africane unite nel vivere una sfida con armi molto diverse da quelle che le circondano e le minacciano. Più che di proprie armi suor Maria Chiara parla di «perle» che costituiscono il loro tesoro.
Ovvero: fraternità, preghiera, costante discernimento fraterno di segni di salvezza – materiale e spirituale – che rafforzano la loro missione. Una missione che esse sentono protetta con tenerezza materna dal Signore e da santa Chiara d’Assisi, la loro Madre.
È femminile e spiritualmente nutriente il loro lavoro di «panificatrici»: producono le ostie da distribuire nel territorio per la consacrazione eucaristica. Con grande disagio vivono il rincaro del prezzo del grano dovuto alla guerra russo-ucraina e soprattutto le sue ripercussioni sulle mense povere oltre che su quelle del banchetto sacro. Si sa che guerre, embarghi e sanzioni affamano e colpiscono soprattutto i più deboli.
Il silenzio interrotto
Un altro gesto femminile e materno fu quello dell’accoglienza che le sorelle offrirono a circa 30 donne e bambini nel parlatorio del monastero con la città assediata da un gruppo armato denominato 3R. Era il 9 gennaio 2021 e quel giorno il silenzio che caratterizza la vita delle sorelle ha cominciato a confrontarsi, per tutto il periodo dell’occupazione, con il pianto, le grida gioiose e le corse dei piccoli nel chiostro.
«Tutto è grazia» scrive Maria Chiara e «lì abbiamo colto il significato di chi vive senza avere posto dove posare il capo». Quell’oasi di pace – dal respiro silenzioso e meditativo – è il contrappunto obbligato al frastuono della guerra e a quello di molte chiacchiere che accompagnano i proclami di pace, le tregue e le alleanze tanto strategiche quanto effimere. Gli interessi economici e politici internazionali, presenti benché a più sconosciuti nelle loro ramificazioni, sembrano avere la meglio e molti non colgono alcun valore nel «non-produttivo» operato da poche e povere donne in preghiera.
A che serve la clausura? Si chiedevano i rivoluzionari francesi che arrivarono a uccidere le famose sedici suore carmelitane ghigliottinate a Compiégne nel 1794 negli ultimi mesi del Terrore. Esse si erano rifiutate di rinunciare ai loro voti: un vero fatto storico, già oggetto di una novella firmata da una scrittrice tedesca (Gertrude von Le Fort, L’Ultima al patibolo,1939) poi ripreso nei celebri Dialoghi di Bernanos, in seguito splendidamente musicati da Poulenc.
La stessa domanda rimbalza oggi ed è inevitabile pensare al minuscolo spazio claustrale nel cuore dell’Africa e alla sfida raccolta da poche donne. Non manca loro la consapevolezza del rischio e la paura. Tuttavia, si sentono strettamente solidali con i poveri e i piccoli che si abbandonano a Dio, come suggerisce «la voce dei rifugiati, che nella loro disarmata fragilità, ogni giorno alle 17, trovavano la forza e il coraggio di pregare il rosario con il parroco davanti alla grotta accanto al monastero».
Potenze benigne
Nei potenti segnali di aiuto che non sono finora mancati – come perle infilate in una pregiata collana appesa al loro collo – queste «signore» sanno cogliere insieme la mano protettrice di un Padre misericordioso e capace di consolazione. Sanno che le vicende belliche possono assumere tratti pericolosi, ma sono certe che «solo un cuore disarmato e quasi invisibile ai potenti della terra può tentare di togliere tutte le forme di violenza presenti nelle nostre parole, attitudini, barriere tra persone».
Vivere la propria vocazione nella storia significa «incrociare inevitabilmente tribolazioni e insieme la Pasqua del mondo». Non mi è difficile avvicinare questa convinzione a quella di chi recita che «il personale è politico».
Lo scritto di suor Maria Chiara termina con una frase tratta da una lettera paolina, la lettera che disegna il volto di un Dio capace di consolazione: «non guardiamo le cose visibili ma quelle invisibili, perché quelle visibili sono caduche, mentre quelle invisibili sono eterne» (2Cor 4, 18).
Un rimando inevitabili ai testi platonici che ho studiato con lei sui banchi di scuola ma anche alle semplici parole del famoso Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry: «L’essenziale è invisibile agli occhi… non si vede bene che col cuore».
Anche la mia amica e le sue sorelle vivono in un pianeta in parte misterioso e in parte ben radicato nella storia. Come una stella che brilla per chi sa coglierla con gli occhi del cuore.
Grazie per averci fatto conoscere un’altra ” PERLA” di umanità , nascosta in mezzo a tanti fatti negativi che abitano il nostro povero mondo. E’ MOLTO importante rendere visibile anche la ” foresta che cresce e che non fa rumore” per continuare a nutrire la speranza in un mondo migliore e per infonderci un po’ di coraggio nell’andare contro corrente.
GRAZIE ancora.
Fedra