Il noto studioso Giovanni Fornero, pubblica un altro libro per riprendere le tesi del 2020 e articolarle meglio, mettendo di nuovo a fuoco il «diritto di andarsene», cioè cercando di spiegare di più e meglio il «paradigma disponibilista». Ovvero – come nota nel libro – «la disponibilità di fatto della propria vita, e quindi della propria morte» rientra tra le prerogative tipiche della condizione umana.
Il volume
Non si parla del suicidio – sempre possibile e per il quale, tragicamente, certo non servono autorizzazioni –. Si parla, invece, della decisione di un soggetto di porre termine alla propria vita, in maniera deliberata e consapevole.
Fornero – come ha già fatto in passato – spiega l’esistenza di un vero e proprio «diritto» all’autodeterminazione del soggetto. «Di fronte a determinate circostanze e sofferenze» vissute e giudicate «invivibili», considerate lesive della propria dignità, il soggetto può decidere di «congedarsi volontariamente dalla propria vita, sia per mano propria sia con l’intervento di altri».
Se questo è il «paradigma disponibilista», al contrario, il «paradigma dell’indisponibilità» dice che la vita è irrinunciabile, non si può ricorrere all’aiuto di altri per rinunciarvi e – di conseguenza – tale posizione è «consustanziale» ad un’ottica «prolife».
Il libro si snoda per 328 pagine (indice compreso) per articolare variamente le diverse forme delle due posizioni. Tra le quali non si dà possibilità di dialogo, ma alternativa secca in quanto sistemi «confliggenti e alternativi» e tra loro «non vige la dialettica dell’et-et ma quella dell’aut-aut».
Rispetto al libro del 2020, questo del 2023 riprende i temi del dibattito, li chiarisce, aggiorna le diverse posizioni riportando quanto è accaduto nei tre anni e la documentazione raccolta è imponente.
La polemica
Naturalmente, Fornero ha una polemica sempre aperta con la Chiesa cattolica, di cui afferma (e critica) il paradigma «indisponibilista» citando variamente Evangelium vitae, papa Francesco, la Congregazione per la dottrina della fede. Ammette, però, che qualche apertura sembra esserci, citando il gesuita Carlo Casalone per l’articolo su La Civiltà Cattolica del gennaio 2022 a proposito del referendum sul cosiddetto omicidio del consenziente, dove si distingue tra posizioni della dottrina e legislazione di uno Stato non confessionale.
E cita alcune affermazioni di mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sempre relative al dibattito di allora sulla legge, sulla strada dell’importanza di una «mediazione giuridica» sui temi del fine-vita. Si tratterebbe però – chiosa Fornero – di «fughe in avanti» e «fortemente contestate» da altri settori del mondo cattolico.
Qui si vede un limite del libro, che introduce e sviluppa troppi argomenti, con il risultato di rendere caricaturali le posizioni del mondo cattolico, al cui interno esiste invece un dibattito assai articolato (Fornero lo ignora?), a partire dal fatto che uno Stato ha il compito di legiferare per tutti i cittadini e su temi come il fine-vita sarebbe auspicabile un dibattito ampio e condiviso – soprattutto informato – di cui in Italia non si vede traccia, nonostante gli appoggi che Fornero fornisce all’Associazione Luca Coscioni e all’impegno di Marco Cappato (autore della Prefazione, ed anche di una certa confusione ai tempi del referendum poi giudicato non ammissibile dalla Corte Costituzionale).
Tre snodi
Cosa manca nel libro? Mancano chiarezza e concretezza. È un libro astratto. Si afferma il diritto dell’individuo a scegliere di terminare quando vuole la propria vita. Ma non è un diritto in solitaria. Nel concreto, per realizzarlo, oggi occorre passare per medici e tribunali che devono produrre documentazione clinica e verificare prima, avallare poi, la scelta della persona. Dunque la morte autoprocurata, la «disponibilità» della propria vita, è tutt’altro che così, nei fatti delle procedure da attuare. E non è un aspetto secondario: fa capire che c’è una dimensione relazionale, sempre, anche quando si vorrebbe morire decidendolo da soli.
Manca poi una riflessione altrettanto approfondita sui progressi della medicina, che hanno portato all’allungamento della vita, ma hanno aperto delicati problemi medici, sanitari ed etici, inediti fino a 40 o 50 anni fa.
La medicina e la società lavorano come se la persona non dovesse morire, ne allungano l’esistenza, si industriano per tenere in vita il più possibile, senza nessuna riflessione organica sulla qualità dell’esistenza stessa.
Paradossalmente, Pio XII e il Catechismo della Chiesa cattolica sono più avanti, quando parlano di qualità dell’esistenza e di rifiuto dell’ostinazione irragionevole (accanimento terapeutico). Il che, sia detto tra parentesi, dissolve le obiezioni ideologiche di Fornero contro la Chiesa.
Invece, la fine della vita è l’orizzonte dentro cui si iscrive l’esistenza, fin dall’inizio. Se vengono taciuti i problemi nuovi portati dai progressi medici e tecnologici – trapianti, sostituzione di organi, rianimazione… – vengono taciute del tutto le Cure Palliative, che invece sui temi del fine-vita hanno qualcosa da dire.
Ma soprattutto è l’impostazione di fondo che non va, come è espressa nell’ultimo capitolo: «la complessa problematica del “fine-vita”, prima di essere una tematica sociale, giuridica e politica, è una tematica filosofica» e la filosofia ha una funzione anticipatrice rispetto al diritto. Servono quasi 100 pagine per argomentare in proposito, dimenticando che la tematica del fine-vita non è questione filosofica.
È questione esistenziale, riguardante il filosofo allo stesso modo dell’uomo della strada, il laureato, il diplomato, la persona di cultura e quella che ha studiato poco, il professionista, il commerciante, la casalinga, la persona anziana e quella giovane. Tutti cioè.
E qui si tocca il limite della politica e del libro. È la politica, con una legislazione attenta alle persone, scientificamente sensata, a dover fornire delle risposte concrete.
La religione fornisce delle risposte sapienziali, dentro un orizzonte di significati validi per i credenti, e non impone. Nessuna istituzione e nessuna legislazione deve imporre. Fornero non ne parla. Sfrutta solo un filone che lo porta a pubblicare un nuovo libro. Ma la realtà, quella di chi ogni giorno si confronta con la sofferenza e l’angoscia, sta da un’altra parte. Forse dal lato di chi cammina con gli altri.
Giovanni Fornero, Il diritto di andarsene. Filosofia e diritto del fine vita tra presente e futuro, UTET, Torino 2023, pp. 328, € 22,00.