«Le Chiese possono svolgere un ruolo importante, molto importante, in questa società. Semplicemente perché credo che abbiano qualcosa da offrire alla società. E non mi riferisco alle verità fondamentali che le Chiese possono o devono dire alla gente su cosa fare e non fare. E non perché i valori e le morali delle Chiese siano quelli giusti e debbano essere imposti agli altri. Ma perché la società moderna – e quindi europea – è in una fase di “stallo a rotta di collo” e chiede un prezzo molto elevato. Constatiamo che questa società è alla disperata ricerca di un modo alternativo di relazionarsi con il mondo, di essere nel mondo. E dove può cercare vie per entrare in relazione con la vita, l’universo, il cosmo e la natura? Dove trovare questo “deposito” alternativo?».
«La risposta alla domanda se la società odierna abbia ancora bisogno delle Chiese o delle religioni non può che essere: sì». È un passaggio della relazione di un sociologo e pensatore tedesco, Harmut Rosa, in un intervento alla conferenza delle Chiese cristiane in Europa (Tallin, giugno 2023; cf. qui su SettimanaNews).
Da decenni la sociologia religiosa ha seguito con acume la parabola della secolarizzazione delle società occidentali nei suoi diversi momenti ed esiti. Rosa, che appartiene alla tradizione della sociologia critica di Adorno e di Horkheimer, rovescia la domanda e, a partire dalle contraddizioni delle società, apre l’interrogativo sul possibile ruolo delle fedi.
Accelerazione
Per capire la sua apertura di credito, è necessario rifarsi a due concetti fondamentali del suo pensiero, elaborati nelle due opere maggiori: Accelerazione e alienazione (ed. tedesca 2005, trad. italiana, Einaudi, Torino 2015) e Resonanz: eine Soziologie der Weltbezihung (2016; Risonanza: una sociologia delle relazioni al mondo).
A partire dal 2000, la società occidentale, e non solo, si è gettata in un’accelerazione tanto dinamica quanto sostanzialmente ferma, una corsa alla crescita economico-finanziaria necessaria non per costruire un futuro, ma per mantenere lo status quo.
Si spendono sempre più energie per mantenere ciò che esiste. Una condizione paradossale che viene tradotta in ossimori come: «stallo vertiginoso», «immobilismo frenetico», «stallo a rotta di collo».
L’esperienza dei genitori che non possono più augurare ai figli una condizione più prospera, ma, al massimo, la continuazione del presente, è una delle espressioni più comuni. Fra le conseguenze: l’alienazione, l’aggressività sociale, la rabbia diffusa, una politica che sostituisce l’avversario col nemico, una democrazia solo formale, il burn out (depressione).
L’incapacità di «visione» rende inaffrontabili le grandi questioni: migrazioni, pandemie, guerre, emergenze climatiche e ambientali, minaccia nucleare.
Le fedi e la «risonanza»
Il secondo concetto, elaborato come risposta al paradosso dell’accelerazione, è «risonanza». Per sfuggire all’atteggiamento aggressivo richiesto dall’accelerazione, per uscire dall’imperativo del controllo, del dominio e del potere, è necessario aprirsi a quegli elementi che ci dispongono ad un altro rapporto col mondo. «La frenesia del controllo inibisce la nostra capacità di lasciarci interpellare e commuovere dal mondo in cui viviamo; come nel caso della musica, della poesia, delle arti visive; come possiamo percepirci attraverso la visione, l’odore, il sentimento della natura, in un campo coltivato o in una foresta selvaggia.
Rosa ha una parola per caratterizzare queste esperienze: «risonanza». Sono esperienze che risuonano in noi; ci permettono di avvertire in noi un’affinità con le cose, esseri o idee, che ci sono esterne» (Ch. Taylor, nella prefazione al libro di Rosa, Pourquoi la démocratie a besoin de la religion; traduzione del testo di una relazione fatta all’assemblea diocesana di Würzburg, in Germania, nel 2022).
Lo spazio per le fedi si apre nella contraddizione dell’economia neo-liberale. «Nel trasformarsi in un circolo autoreferenziale il processo di modernizzazione di accelerazione sociale (competitiva) si è rivelato più forte del progetto (etico) di autonomia e di autodeterminazione, fino a risucchiare nella sua logica quest’ultimo e così renderlo ineffettuale» (Giorgio Fazio).
Per non perdere la democrazia
Il fallimento della promessa della rivoluzione industriale trascina con sé la fine della democrazia: «La mia tesi – dice Rosa – è che la religione non deve assolutamente essere un ostacolo alla “democrazia risonante” ma, se compresa e vissuta nel modo giusto, può davvero essere una risorsa importante, addirittura cruciale, per la formazione e l’addestramento di pratiche e atteggiamenti “risonanti”» (Tallin).
Vi è uno scoramento di fedeli e di ecclesiastici di fronte allo sgretolarsi delle forme della cristianità. «Oggi si parla della religione come di un disastro, una catastrofe, un pericolo per la democrazia» (intervista a La Croix, 27 settembre 2023), spesso anche da preti e vescovi.
Ma ci sono elementi, apparentemente minori, che dicono l’opposto. Rispetto all’aggressività quotidiana, anche la semplice entrata in un luogo di culto induce un cambiamento di sensibilità e di percezione, un mondo non aggressivo. Le Chiese hanno un patrimonio «di narrazioni, un serbatoio cognitivo, riti e pratiche, spazi dove un cuore in ascolto può essere esercitato e forse sperimentato… Dobbiamo lasciarci chiamare». «La società, anzi la democrazia europea, hanno bisogno della capacità di farsi chiamare» (Tallin) avviando un cammino di «risonanza».
La richiesta di simili «risonanze» è molto alto, ben oltre il confine delle fedi e del religioso. C’è la richiesta di una relazione con una realtà ultima che dia una nuova comprensione dei fatti, del cosmo, del nostro destino.
La Trinità e la Cena del Signore
«Credo sia proprio da questo che la religione trae la sua grande forza, cioè dal fatto che alimenta una sorta di promessa verticale di “risonanza” che dice: l’universo silenzioso, freddo, ostile o indifferente, non è alla base della mia esistenza, ma vi è una relazione di risposta. Per me il nucleo del pensiero religioso nelle religioni monoteistiche e ben oltre – certamente nell’induismo e nel buddismo –, ma restando al cristianesimo, è che la ragione della mia esistenza non è l’universo silenzioso, il puro caso o una controparte ostile, ma che esiste una relazione di risposta. “Ti ho chiamato per nome, sei mio”» (Tallin).
Realtà teologiche centrali come la Trinità o la santa cena possono essere citate positivamente. «La pericoresi trinitaria esprime un rapporto di “risonanza” fra Padre, Figlio e Spirito Santo – e, forse, anche in noi credenti. Ho già scritto sulla questione se, nella confessione cattolica in particolare, la religione dispone di qualità di “risonanza”. Direi di sì. Essa possiede molte di queste qualità, forse più o diversamente dalla confessione protestante» (Pourquoi la démocratie a besoin de la religion).
Così per la santa cena, che sviluppa tre assi di risonanza, quello tra le persone, tra persone e cose, e tra queste e il riferimento trascendente.
Senza dogmatismi
Lo spazio spirituale necessario alla «risonanza» va ben oltre la fede cristiana. Nei modi della respirazione buddista, nella ripetizione della sillaba sacra dell’induismo («aum») come nella New Age, nell’esoterismo, persino nell’astrologia o negli oroscopi, vi sono elementi positivi in ordine ad un’apertura verso la «risonanza». Un processo di riformulazione del reale che ingloba anche agnostici e non credenti.
«La religione può anche uccidere la risonanza. Sottoscrivo su questo punto quanto scritto da B. Latour. Egli diceva che la religione finisce quando le credenze diventano dogmatismo. La “risonanza” verticale significa ascoltare un Dio che non posso vedere, a cui non ho un accesso diretto. Oggi le autorità religiose affermano di sapere cos’è Dio e quanto egli esige. È il contrario della risonanza; non si tratta più di una risposta. Peggio ancora. Queste autorità possono distruggere l’asse orizzontale, sociale della “risonanza” quando, ad esempio, condannano la relazione sessuale prima del matrimonio» o nel caso degli abusi (Le Monde, 10 settembre).
Dogmatismo, fanatismo e fondamentalismo impediscono la dimensione di risposta delle fedi. «La questione di sapere se credere in Dio è ragionevole o se vi è una prova della sua esistenza, se la Bibbia spiega il mondo o se è la parola di Dio ecc., tutto questo non mi interessa… Vorrei concludere dicendo che la religione è una forza, che dispone di una riserva di idee e di un arsenale di rituali, canti, gesti, spazi, tradizioni e pratiche appropriate che permettono di sentite e di donare senso a quanto significa l’essere chiamati, lasciarsi trasformare, essere in “risonanza”» (Pourquoi la démocratie a besoin de la religion).
L’apertura alle fedi e alle religioni è un tratto periferico del suo pensiero. Ma, come è successo per l’antropologia, per le scienze della formazione o per la musica, il pensiero di Rosa ha smosso le acque. Erede, com’è, di una tradizione non solo rispetto alla «scuola di Francoforte», ma anche a E. Fromm, M. Weber, K. Marx e dei contemporanei Ch. Taylor, B. Latour e H. Joas.
“Oggi le autorità religiose affermano di sapere cos’è Dio e quanto egli esige. È il contrario della risonanza; non si tratta più di una risposta. Peggio ancora. Queste autorità possono distruggere l’asse orizzontale, sociale della “risonanza” quando, ad esempio, condannano la relazione sessuale prima del matrimonio» o nel caso degli abusi”. Cosa fa la Rivelazione se non, tra l’altro, farci “conoscere” Dio? Allora la Rivelazione non è risonante ergo non è necessaria!
Intrigante riflessione sull’incidenza esistenziale della risonanza del divino anche nelle esperienze singole ed apparentemente trascurabili purché vi si dedichi attenzione. A questo processo di risplendenza anche Tommaso d’Aquino si espresse commentando i Nomi divini da cui si ricava che vertice divino e base mondana partecipano della natura come la fede completa e incompleta… Il punto è che tale aperura e chiusura è fatta dipendere dalla dispositio animi… dal “se vuoi” di Gesù al giovane ricco…