«Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Lo sport ha il potere di ispirare. Ha il potere di unire le persone come poche altre cose riescono a fare. Parla ai giovani in una lingua che essi comprendono. Lo sport può creare speranza là dove prima c’era solo disperazione. Ha più potere dei governi nel rompere le barriere razziali. Irride ogni tipo di discriminazione».
Queste parole, pronunciate da Nelson Mandela nel maggio 2000, durante la cerimonia inaugurale dei Laureus World Sports Awards, sono oggi riprese dalla Laureus Sport for Good, che ha frattanto raccolto oltre 150 milioni di euro per le attività di sviluppo attraverso lo sport, raggiungendo e contribuendo a cambiare la vita di quasi 6 milioni di bambini e di giovani, supportando oltre 200 progetti in più di 40 Paesi.
Da parte ecclesiale, se nel 1904 Pio X aprì le porte del Vaticano allo sport, ospitando una manifestazione giovanile di ginnastica, s’insiste ormai da qualche secolo, perfino ricordando la rilevanza delle metafore sportive nel testo sacro.
Si legge nel recente e ampio documento Dare il meglio di sé. Documento sulla prospettiva cristiana dello sport e della persona umana del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita (1° giugno 2018): «È noto che san Paolo usasse metafore sportive per spiegare la vita cristiana ai Gentili. Durante il Medioevo, laici cattolici partecipavano a giochi e attività sportive durante i giorni di festa, che non erano pochi, oltre che di domenica. Questa attività ludica trovò supporto teologico nel pensiero di Tommaso d’Aquino il quale scrisse che esiste una “virtù nei giochi”, poiché la virtù deve essere esercitata con moderazione… Gli intellettuali umanisti del Rinascimento, così come i primi gesuiti, fecero proprie le riflessioni sulle virtù di Tommaso d’Aquino evidenziando l’importanza che, all’interno della giornata scolastica, ci fosse il tempo per il gioco e la ricreazione. Questa fu l’origine dell’inclusione del gioco e dello sport all’interno delle istituzioni scolastiche del mondo occidentale» (n. 1.2).
L’iter parlamentare del disegno di legge costituzionale
Ora, queste e analoghe istanze hanno per l’Italia come una sorta di consacrazione istituzionale. Difatti, il 20 settembre 2023, in quarta lettura, la Camera dei deputati, con la maggioranza dei due terzi dei componenti (per cui il testo si considera definitivamente approvato, senza la possibilità di sottoporre la legge a referendum popolare), ha approvato una riforma costituzionale che prevede il riconoscimento dei valori insiti all’interno dell’attività sportiva.
La modifica amplia l’art. 33 della Costituzione con un nuovo comma: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme».
La portata della revisione costituzionale
La finalità della revisione costituzionale è quella d’introdurre espressamente lo sport tra i valori tutelati dalla Carta fondamentale.
Le dichiarazioni di voto finale hanno evidenziato il traguardo insito nell’assunzione dell’attività sportiva a rango costituzionale.
Ha detto, tra l’altro, Ilaria Cavo: «Lo sport è per tutti e, se lo inseriamo in Costituzione, è proprio perché sia chiara la dimensione individuale e universale al tempo stesso di questo diritto; lo è tanto quanto la cura della propria salute e l’istruzione. Ma è ai giovani che viene naturale pensare in prima battuta parlando di sport; ai ragazzi che, spesso, non trovano alternative per esprimersi, perché lo sport è anche uno strumento di educazione sociale e di contrasto alla violenza».
E un altro deputato, Filippo Zaratti, ha aggiunto: «Un Paese si misura su quanti giovani e quante giovani praticano lo sport quotidianamente, su quante persone appunto possono dedicare il loro tempo all’attività sportiva», augurandosi che, per il nuovo comma, non si ripeta quanto avvenuto tempo prima per un’altra riforma costituzionale: «È stata promulgata la riforma costituzionale che ha inserito la tutela dell’ambiente negli articoli 9 e 41 della Costituzione… È stato un momento molto bello, noi ambientalisti abbiamo festeggiato, è stato un momento anche emozionante, devo dire – ripeto, anche emozionante – e io ringrazio chi ha votato quel provvedimento; però, non è cambiato nulla, non è cambiato nulla da allora, non si è fatto nulla contro i cambiamenti climatici».
E un esponente della Lega, nel corso del medesimo dibattito, ha ricordato «il reclutamento di ulteriori 1.740 maestre e maestri di educazione motoria, perché, fino all’altro giorno, a insegnare educazione motoria nelle scuole pubbliche italiane non c’era personale specializzato».
I valori costituzionali
Dal gruppo parlamentare PD/IDP è venuta, nel corso della seduta conclusiva, l’avvertenza storica circa il motivo «che portò i nostri padri e le nostre madri costituenti a non inserire il riconoscimento dello sport nella Carta costituzionale: creare discontinuità con una interpretazione distorta di sport che, nel ventennio precedente, era stato strumento di propaganda e di divisione fra i popoli».
A ciò si associa la forte sottolineatura del valore socio-educativo dello sport. Trascriviamo dal resoconto stenografico: «Se, nelle nostre scuole si facessero due ore al giorno di educazione motoria per imparare la grammatica di uno sport, il risultato sarebbe più efficace dell’invio di tante Forze di polizia negli stadi».
E ancora: «Penso ad Alfonsina Strada, una donna che, nel 1924, decise di iscriversi al Giro d’Italia, dicendo: “Vi farò vedere io se le donne non sanno stare in bicicletta come gli uomini”! Penso agli invincibili del Grande Torino, a Fausto Coppi, a Gino Bartali, padri della Patria per come contribuirono a tenere insieme questo Paese e a farlo rialzare dalle macerie della Seconda guerra mondiale».
Conviene, sulla scia delle indicazioni dei siti parlamentari, sottolineare i valori costituzionali in gioco.
Anzitutto, la scelta del verbo “riconosce”, che richiama la formula linguistica dell’articolo 2 della Carta, lasciando trasparire la visione dell’attività sportiva come realtà “pre-esistente”, di cui la Repubblica è chiamata a prendere atto, offrendole al contempo tutela e promozione. Inoltre, il contenuto assiologico: l’attività sportiva è declinata su tre direttrici, ovvero il valore educativo, legato allo sviluppo e alla formazione della persona; il valore sociale, dal momento che lo sport rappresenta spesso un fattore di aggregazione e uno strumento d’inclusione per individui o cerchie di soggetti in condizioni di svantaggio o marginalità del più vario genere; infine, la correlazione con la salute, specialmente se intesa nella sua più moderna concezione di benessere psico-fisico integrale della persona, anziché come mera assenza di malattia.
Per questo, chiudendo il dibattito parlamentare, il Ministro per lo sport e i giovani, Abodi, ha affermato: «Considero lo sport una difesa immunitaria sociale. Mi auguro che questa definizione aiuti tutti a comprenderne l’importanza e a comprendere l’importanza del rafforzamento delle difese immunitarie in senso generale, tanto più quelle sociali».
La Chiesa contemporanea e la lotta ai regimi in nome dello sport
I cristiani italiani non possono che concordare con il sancito riconoscimento del valore dell’attività sportiva «in tutte le sue forme». Le ricerche storiche, del resto, evidenziano che, sia nel settore scolastico che extrascolastico, l’impegno educativo dei cattolici, dall’unità nazionale negli anni Cinquanta del Novecento, fu notevolmente ricco di proposte, con un notevole rilievo degli oratori.
Dal canto loro – come si legge in uno studio di L. Caimi – le associazioni giovanili, incominciando da quelle di Azione Cattolica, hanno fornito impulso speciale all’educazione cristiana e civile della nostra gioventù. L’obiettivo dell’educazione e formazione cristiana della gioventù caratterizza, infatti, l’azione della Chiesa almeno dall’Ottocento in poi. Il Forum degli oratori italiani proclama che l’oratorio è l’investimento più concreto con cui una comunità cristiana esprime vicinanza e attenzione alle giovani generazioni.
Di qui il nostro piacere per la modifica della Carta costituzionale, ben ricordando che, proprio sullo sport e l’educazione motoria dei giovani, vi fu uno dei più forti attriti della gerarchia cattolica col fascismo, di cui Lando Ferretti (1895-1977) fu la voce autorevole nel giornalismo sportivo: «Lo sport è, per noi anzitutto e soprattutto, scuola di volontà che prepara al fascismo i consapevoli cittadini della pace, gli eroici soldati della guerra. Se non avesse questo supremo valore etico di milizia e di religione al servizio della patria, lo sport sarebbe un volgare contorcimento di muscoli, o, al più uno svago di giovani in ozio. […] Prepararsi; affrontare la lotta; condurla cavallerescamente; morire per vincere, se è necessario, quando così comanda l’onore della bandiera: ecco tutto il ciclo dell’educazione sportiva e il fine supremo di essa».
Da parte cattolica, l’11 febbraio 1929, nell’Allocuzione Il nostro più cordiale – rivolta a parroci e predicatori quaresimali in occasione della firma del Trattato e Concordato nel palazzo Lateranense –, papa Pio XI si mostra preoccupato che lo sport potesse dissuadere dalla santificazione della festa: «In secondo luogo, vedete di promuovere, di difendere (è proprio il caso di dir così) l’adempimento dei doveri religiosi, parrocchiali, vogliam dire tutto quel magnifico insieme che è la vita parrocchiale, la frequenza, l’assiduità, la diligenza — almeno nella misura indispensabile — all’istruzione religiosa, cose tutte veramente minacciate o, peggio, già più o meno danneggiate dagli eccessi di quel movimento che, con parola non italiana, si chiama “sport”».
Che non si trattasse soltanto di eccessi rischiosi da parte statale, ma di una vera macchinazione contro le organizzazioni giovanili della Chiesa, neppure un decennio dopo lo si leggerà nell’enciclica Mit brennender Sorge (14 marzo 1937), indirizzata ai vescovi tedeschi da papa Pio XI: «L’esperienza degli anni trascorsi mette in luce le responsabilità, e svela macchinazioni, che già dal principio non si proposero altro scopo se non una lotta fino all’annientamento» (n. 1).
Inoltre, a proposito dei giovani e della loro educazione nazionale, scriveva il papa: «Noi diciamo a questa gioventù: “Se alcuno vi volesse annunziare un Evangelo diverso da quello che avete ricevuto sulle ginocchia di una pia madre, dalle labbra di un padre credente, dall’insegnamento di un educatore fedele a Dio e alla sua Chiesa, costui sia anatema”. Se lo Stato organizza la gioventù in associazione nazionale obbligatoria per tutti, allora, salvi sempre i diritti delle associazioni religiose, i giovani hanno il diritto ovvio e inalienabile, e con essi i genitori responsabili di loro dinanzi a Dio, di esigere che questa associazione sia mondata da ogni tendenza ostile alla fede cristiana e alla Chiesa…
Quello contro cui Noi Ci opponiamo, e Ci dobbiamo opporre, è il contrasto voluto e sistematicamente inasprito, mediante il quale si separano queste finalità educative da quelle religiose. Perciò Noi diciamo a questa gioventù: cantate i vostri inni di libertà, ma non dimenticate che la vera libertà è la libertà dei figli di Dio. Non permettete che la nobiltà di questa insostituibile libertà scompaia nei ceppi servili del peccato e della concupiscenza. A chi canta l’inno della fedeltà alla patria terrena non è lecito divenire transfuga e traditore con l’infedeltà al suo Dio, alla sua Chiesa e alla sua patria eterna. Vi parlano molto di grandezza eroica, contrapponendola volutamente e falsamente all’umiltà e alla pazienza evangelica; ma perché vi nascondono che si dà anche un eroismo nella lotta morale?» (n. 9).
Chiesa e fascismo sulle organizzazioni giovanili
Mentre questo avveniva in Germania, gli studiosi individuano due fasi nei rapporti fra Azione cattolica e fascismo durante gli anni Venti: la prima, per così dire, di attesa, si protrasse sino al 1924-1925; la seconda, contraddistinta da qualche apertura collaborativa, interessò il periodo della preparazione diplomatica del Concordato fra Stato e Chiesa (11 febbraio 1929).
Resta il fatto che il fascismo compì un passo decisivo ai fini del controllo socio-ideologico della gioventù, istituendo, nell’aprile 1926, l’Opera nazionale balilla (Onb).
Papa Pio XI, protestando vivamente contro le soppressioni di organizzazioni cattoliche in Italia, rintuzza punto per punto le affermazioni di un Messaggio politico fascista, che definiva «ingrati» gli esponenti cattolici. Egli stigmatizza la vera e propria persecuzione religiosa a cui viene sottoposta la Chiesa cattolica in Italia, nell’enciclica Non abbiamo bisogno (29.6.1931) – in antitesi con «una concezione dello Stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all’età adulta». Perciò il papa dichiara che essa «non è conciliabile per un cattolico colla dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto naturale della famiglia» (III p.).
La Chiesa non può limitarsi alle pratiche esterne di religione (Messa e Sacramenti), quasi che il resto dell’educazione appartenga totalmente allo Stato. Perciò Pio XI difende a spada tratta l’Azione cattolica, smentendo che essa avesse un carattere politico, pur avendo stendardi, distintivi, tessere e tutte le altre forme esteriori di un partito politico.
Del resto – rintuzza il papa – come se stendardi, distintivi, tessere e simili forme esteriori non siano oggigiorno comuni, in tutti i paesi del mondo, alle più svariate associazioni e attività che nulla hanno e vogliono avere in comune con la politica.
Perciò egli lamenta in modo veemente che all’Azione cattolica italiana «si sono sequestrati in massa i documenti in tutte le sedi…, si continua (anche questo si fa) a intercettare e sequestrare ogni corrispondenza che possa sospettarsi in qualche rapporto colle Associazioni colpite, anzi anche con quelle non colpite: gli oratorii» (II parte).
E, con linguaggio forte, aggiunge: «Ma, quasi a dolorosa compensazione, quante durezze e violenze fino alle percosse e al sangue, e irriverenze di stampa, di parola e di fatti, contro le cose e le persone, non esclusa la Nostra, precedettero, accompagnarono e susseguirono l’esecuzione dell’improvvisa poliziesca misura, che bene spesso ignoranza o malevolo zelo estendeva ad associazioni ed enti neanche colpiti dai superiori ordini, fino agli oratorii dei piccoli e alle pie congregazioni di Figlie di Maria! E tutto questo triste contorno di irriverenze e di violenze doveva essere con tale intervento di elementi e di divise di partito, con tale unisono da un capo all’altro d’Italia, e con tale acquiescenza delle Autorità e forze di pubblica sicurezza da far necessariamente pensare a disposizioni venute dall’alto» (part. II).
In sostanza, afferma il papa, «ciò che si voleva e che si attentò di fare, fu strappare alla Azione Cattolica, e per essa alla Chiesa, la gioventù, tutta la gioventù… il proposito — già in tanta parte eseguito — [è quello] di monopolizzare interamente la gioventù, dalla primissima fanciullezza fino all’età adulta, a tutto ed esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di una ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana non meno in pieno contrasto coi diritti naturali della famiglia che coi diritti soprannaturali della Chiesa» (parte III).
Praticare e innalzare la qualità della proposta sportiva ecclesiale
Che la partita socio-politica, e anche religiosa, si giocasse, ai tempi del fascismo, nella libertà organizzativa e anche sportiva, di ragazze, giovani e bambini, risulta sempre più chiaro a bocce ferme. Non si tratta soltanto di temi sociali a detrimento di quelli spirituali, come qualcuno lamenta.
Si legge nel documento ecclesiastico già citato in esordio: «Potremmo dire che lo sport è un’attività fisica in movimento, individuale o di gruppo, di carattere ludico e competitivo, codificata attraverso un sistema di regole, che genera una prestazione confrontabile con altre in condizioni di pari opportunità». Ecco perché la Chiesa «come popolo di Dio è legata e sinceramente interessata allo sport, in quanto una delle realtà umane del nostro tempo. Naturalmente la Chiesa sente la responsabilità di fare tutto ciò che è in suo potere per garantire che lo sport sia promosso con umanità e ragionevolezza» (ivi, n. 5).
Chi guarda oggi in tale prospettiva alle “Ecclesiadi”, ovvero alle olimpiadi sportive tra le parrocchie della diocesi di Molfetta, oppure agli avamposti “Sport4Joy” – luoghi polisportivi individuati dalla CEI in 20 parrocchie di periferia di tutta Italia, per avviare un progetto pilota dell’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport – non può che vedere con piacere, nell’avvenuta tutela costituzionale, il rilancio, non solo di pratiche, ma di ideali e modelli di riferimento per tutto il movimento sportivo parrocchiale e territoriale. Non si tratta soltanto di pratiche sociali che, secondo alcuni, svilirebbero le istanze spirituali.
Ne trarranno vantaggio sia i ragazzi sia la formazione dei mediatori sportivi – figure dirigenziali e di animazione dell’avamposto con il compito di costruire il “patto educativo” sul territorio – al fine di incrementare le opportunità di praticare sport nell’ambito parrocchiale e, al tempo stesso, innalzare la qualità della proposta sportiva che è per una mente, anche spiritualmente, sana in un corpo sano. “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano”, sentenziava Giovenale (Satire, X, 356) criticando coloro che s’impegnano soltanto per ottenere ricchezza e fama, per lui dannose ed effimere.
Papa Francesco, incoraggiando, ha precisato che, per “dare il meglio di sé”, «occorre approfondire la stretta relazione che esiste tra lo sport e la vita, che possano illuminarsi a vicenda, affinché lo sforzo di superarsi in una disciplina atletica serva anche da stimolo per migliorare sempre come persona in tutti gli aspetti della vita. Tale ricerca ci mette sulla strada che, con l’aiuto della grazia di Dio, ci può condurre a quella pienezza di vita che noi chiamiamo santità. Lo sport è una ricchissima fonte di valori e virtù che ci aiutano a migliorare come persone. Come l’atleta durante l’allenamento, la pratica sportiva ci aiuta a dare il meglio di noi stessi, a scoprire senza paura i nostri limiti, e a lottare per migliorare ogni giorno» (Lettera del santo padre al card. Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, 1° giugno 2018).