Non l’ho incontrato molte volte, ma il nome di Pier Giordano Cabra è per me strettamente legato al tema della vita consacrata. Un dialogo molto fitto si è sviluppato per tutti gli anni ‘70-‘80 con i padri Franchini Enzo e Luigi Guccini attorno alla questione del rinnovamento della vita consacrata. In particolare quella apostolica.
La rivista di riferimento era Testimoni (in precedenza Ancilla). Non c’era argomento, dai più leggeri (l’abito e gli orari) ai più impegnati (fondazione teologica e riconoscimento ecclesiale) che non li vedesse in lunghe e appassionate discussioni.
Cabra è morto il 2 novembre. Apparteneva alla congregazione Santa Famiglia di Nazareth, noti come “piamartini”. Intelligente, diretto e cordiale diventa prete nel 1956. I suoi studi teologici sono a Brescia (fra i suoi insegnanti Tullo Goffi e Felice Montangini), poi a Milano, all’Università Cattolica con una laurea in scienze politiche.
Nella sua congregazione è stato superiore generale, formatore dei novizi e superiore di varie comunità. Direttore dell’Editrice Queriniana (1957-1973), l’ha trasformata in uno dei luoghi di maggiore intelligenza teologica, traducendo tutti i migliori teologi del momento (Küng, Rahner, Ratzinger, Moltmann, Pannenberg ecc.) e lasciando al suo successore, Rosino Gibellini, un patrimonio che è andato alimentandosi in maniera significativa (basti accennare alla collana Biblioteca di teologia contemporanea).
Autore di decine di volumi, ha avviato le riviste Servizio della Parola e Rivista di pastorale liturgica. Sotto la sua direzione, nel 1965, nasce anche la rivista di teologia Concilium, attiva ancora oggi e per decenni palestra delle migliori intelligenze cristiane.
Comunione dei carismi
La sua genialità si esprime, oltre che nell’organizzazione culturale, nelle opere di carattere spirituale e, soprattutto, nell’elaborazione relativa alla vita religiosa e nell’organizzazione della sua presenza nelle Chiesa. Fra i suoi testi di maggior diffusione cito Con tutto il cuore, Con tutte le forze, Con tutta l’anima.
È fra i fondatori e primo presidente della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism), ma anche animatore e presidente a lungo dell’Unione conferenze europee dei superiori maggiori (Ucesm). Sostenitore convinto dell’uscita dall’autoreferenzialità dei carismi di fondazione per una maggiore e cordiale collaborazione dei religiosi e religiose nella Chiesa, ha sostenuto con vigore i necessari passi del rinnovamento conciliare operando con sapienza per limitare e convertire le domande intransigenti e passatiste.
Senza per questo perdere il senso del realismo e la percezione della crisi che la vita monastica e attiva stava cominciando ad affrontare.
Credo che le sue “opere” maggiori non portino la sua firma, ma costituiscano la recezione più autorevole della nuova coscienza religiosa nel magistero. Da membro e consultore del dicastero dei religiosi e della vita consacrata e soprattutto come adiutor secretarii specialis del sinodo dei vescovi sulla vita consacrata (1994) ha accompagnato la stesura di due testi fondamentali. Il primo è La vita fraterna in comunità (dicastero dei religiosi) e il secondo è l’esortazione postsinodale Vita consecrata (1996). In Vita fraterna appare per la prima volta nella storia dei testi normativi la centralità del tema della vita comunitaria.
La percezione che all’obbedienza – che certo non scompare – si affianca con sempre maggiore rilevanza la qualità delle relazioni comunitarie e la loro fondazione spirituale costituisce un riferimento non rimuovibile rispetto alla rinnovata coscienza conciliare.
La comunità «non è cosa spontanea né realizzazione che richieda breve tempo. Per vivere da fratelli e da sorelle è necessario un vero cammino di liberazione interiore… In forza di questo amore nasce la comunità come un insieme di persone libere e liberate dalla croce di Cristo … La comunione è un dono offerto che richiede anche una risposta, un paziente tirocinio e un combattimento per superare lo spontaneismo e la mutevolezza dei desideri. L’altissimo ideale comunitario comporta necessariamente la conversione da ogni atteggiamento che ostacolerebbe la comunione» (Enchiridion della vita consacrata, nn. 6580 – 6584).
Elemento decisivo per la missione della Chiesa
Nell’esortazione postsinodale Vita consecrata si raggiunge un vertice della fondazione teologica ed ecclesiale della scelta religiosa: «la vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo per la sua missione, giacché esprime l’intima natura della vocazione cristiana e la tensione di tutta la Chiesa verso la comunione con l’unico sposo. Al sinodo è stato più volte affermato che la vita consacrata… è dono prezioso e necessario anche per il presente e il futuro del popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità e alla sua missione» (EVC 6948).
«Questa speciale sequela di Cristo, alla cui origine sta sempre l’iniziativa del Padre, ha dunque una connotazione essenzialmente cristologica e pneumatologica, esprimendo così in modo particolarmente vivo il carattere trinitario della vita cristiana, della quale anticipa in qualche modo la realizzazione escatologica a cui tutta la Chiesa tende» (EVC 6979).
Negli ultimi anni della sua vita non rinuncia alle sue passioni. In un intervento inviato a una famiglia religiosa nel 2016 riconosce con grande realismo la sfida del «disagio serpeggiante nelle nostre file di fronte alla nostra “ritirata” più o meno strategica: si ha l’impressione di non essere all’altezza dei nostri predecessori, di stare liquidando delle iniziative e istituzioni che hanno inciso positivamente nella società e nella Chiesa, come pure di dissipare un patrimonio accumulato con sacrifici di decenni e decenni di lavoro».
Davanti a tale sofferenza «rendiamo grazie d’aver avuto una storia che, nonostante limiti evidenti, ha onorato il Vangelo, dimostrando che è una Parola di vita e promozione umana». La seconda tentazione è l’abbandono della vita fraterna. «Ho l’impressione che la nostra testimonianza nel futuro si sposterà sempre più dalla quantità delle opere alla qualità della fraternità, nel servizio ai nostri anziani, nell’accettazione di diversità culturali sempre meno omogenee, nelle comunità plurietniche, nella pluralità dei ruoli e delle missioni personali».
Beati i fiduciosi
Appartengono a quest’ultima stagione piccole note di vita spirituale, cariche di sapienza e di attesa, che p. Cabra affida alle pagine di Testimoni.
Cito alcune righe dal n. 12 del 2022: «Dio viene o se ne va? Da alcuni anni si ha l’impressione che Dio abbia deciso di andarsene piuttosto che venire ancora una volta. E così questo Avvento, tempo della speranza, rischia di parlare poco al nostro cuore disilluso o disinteressato per la sua assenza».
Ma Dio torna silenzioso e umile in mezzo a noi e tornerà come Signore della storia «a premiare i “testimoni fedeli”, quelli che hanno avuto fiducia in Lui, quelli che non si sono lasciati prendere dallo sconforto e dal pessimismo, quelli che hanno creduto che la Chiesa è la “sua Chiesa”, quelli che hanno continuato a seminare fiducia nella sua azione nel mondo».