Intorno al Cammino sinodale della Chiesa cattolica tedesca vi è stata, negli ultimi due mesi, una massiccia circolazione di corrispondenza tra Roma e la Germania.
Nessuna delle lettere in questione è stata ufficialmente pubblicata, ma stralci o l’intero contenuto di esse sono apparsi in giornali tedeschi e polacchi. Procediamo seguendo l’ordine nel quale le diverse lettere sono diventate di conoscenza pubblica.
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Il 21 novembre il quotidiano tedesco Die Welt pubblica una lettera di risposta di papa Francesco (del 10 novembre) a una missiva inviatagli, in data 6 novembre, da quattro donne tra cui alcune ex membri del Cammino sinodale (K. Westerhorstmann, M. Schlosser, D. Schmidt, H.-B. Gerl-Falkovitz) – con la quale esprimevano al papa la loro preoccupazione in merito al legame con Roma a seguito degli esiti del Cammino sinodale e dei passi che la Chiesa tedesca sta facendo dopo la sua chiusura.
Il 24 novembre il settimanale Die Tagespost pubblica un articolo con stralci di una nota ufficiale inviata, in data 25 ottobre, dal segretario di stato card. Parolin alla segretaria della Conferenza episcopale tedesca Beate Gilles. Secondo quanto riportato, Parolin nel suo scritto riaffermerebbe l’esclusione delle donne dall’ordinazione sacerdotale (come già affermato da Ordinatio sacerdotalis di Giovanni Paolo II) e confermerebbe l’attuale magistero della Chiesa cattolica in materia di omosessualità.
A metà novembre diventa nota una lettera inviata, nei primi giorni di ottobre, dal presidente della Conferenza episcopale polacca, mons. Gadecki, a papa Francesco – in cui si muovono pesanti critiche alle decisioni prese in sede di Cammino sinodale tedesco. Il 27 novembre il quotidiano polacco Rzeczpospolita pubblica la lettera inviata a Gadecki dal presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Bätzing (datata 21 novembre). Severe e pesanti le parole scelte da Bätzing: che accuserebbe il vescovo polacco di comportamento non fraterno, teso a diffondere teorie complottistiche del tutto infondate. Le accuse mosse da Gadecki davanti al papa sarebbero dunque semplicemente false.
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Proviamo a sbrigliare un po’ questa matassa intricata di lettere, preoccupazioni, accuse e contro-accuse. Si sa che papa Francesco è allergico all’affastellamento di strutture ecclesiali come soluzione dei problemi della Chiesa cattolica – di qui la sua spontanea reazione negativa al processo innestato dal Cammino sinodale che dovrebbe portare a un futuro Consiglio sinodale permanente della Chiesa cattolica tedesca.
Al momento, nel medesimo giorno della lettera di risposta a Francesco (10 novembre), abbiamo avuto solo l’istituzione di un Gruppo di lavoro sinodale a cui spetta di delineare e verificare la possibile costituzione di un Consiglio sinodale permanente. Che questo non possa «accordarsi con la struttura sacramentale della Chiesa» è una preoccupazione preventiva di papa Francesco (non solo perché esso non esiste ancora, ma anche perché non si è ancora minimamente delineato come esso dovrebbe essere).
L’arco di tempo che impegnerà il Gruppo di lavoro sinodale è stato volutamente fissato in maniera tale da poter consentire una ricezione del più ampio processo sinodale della Chiesa cattolica a livello universale. Questo dovrebbe stemperare le preoccupazioni espresse dal card. Parolin per quanto riguarda strutture parallele indifferenti a quanto sta avvenendo nel Sinodo sulla sinodalità della Chiesa.
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La scarsa simpatia provata da mons. Gadecki verso la Chiesa cattolica tedesca, in generale, e il Cammino sinodale, in particolare, è nota da tempo e anche la sua lettera a papa Francesco non dice nulla di nuovo in merito – segnando solo una escalation dei toni dell’accusa (a cui è corrisposta la stizzita risposta di Bätzing).
In una intervista rilasciata il 13 novembre al sito Catholic World Report, il vescovo polacco ha espresso critiche abbastanza pesanti anche nei confronti di papa Francesco: che, consentendo il voto a «persone prive di autorità episcopale» in sede di Sinodo dei vescovi, avrebbe in tal modo dato vita a «qualcosa che si discosta da quanto conosciuto nella tradizione della Chiesa e da quanto prescritto dal Codice di diritto canonico».
A detta di Gadecki così si sarebbero espressi in particolare i vescovi delle Chiese orientali – peccato che proprio questi vescovi, nel documento della fase continentale, si fossero espressi esattamente in maniera opposta: ossia, lamentando la non partecipazione dei laici ai sinodi delle Chiese orientali, da un lato, e la loro occidentalizzazione/latinizzazione, dall’altro (risultando essi essere divenuti del tutto omologhi alle conferenze episcopali).
Davanti all’ennesimo sgarbo di Gadecki, mons. Bätzing ha perso quel poco di pazienza che gli era rimasta e ha risposto pan per focaccia – assimilandosi ai toni aggressivi e accusatori usati dal prelato polacco.
Non dimentico poi del fatto che una precedente lettera critica di Gadecki, a suo tempo indirizzata a Bätzing, fosse apparsa prima sulla stampa per giungere solo dopo al suo destinatario, il presidente della Conferenza episcopale tedesca ha restituito al mittente il favore: infatti, quando il quotidiano polacco ha pubblicato la lettera di Bätzing a Gadecki quest’ultimo non l’aveva ancora ricevuta. Siamo più a livello di commedia dell’arte di goldoniana memoria, che a quello di signorile comportamento di persone ordinate al ministero episcopale.
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Sempre di Gadecki è la teoria del Cammino sinodale come alternativa parallela al Sinodo della Chiesa universale, ripresa ma stemperata dalla lettera del card. Parolin – che chiede di fare attenzione a non destare questa impressione.
E nella grande confusione che regna attualmente, forse è proprio la nota della Segreteria di stato quella che fa più chiarezza e offre anche le maggiori aperture: sulla ordinazione sacerdotale delle donne e sull’omosessualità non si può trattare, ma non si vieta di discuterne (che è poi quanto avvenuto in sede di Cammino sinodale e, in parte, anche in quella del Sinodo sulla sinodalità). Nulla viene detto sull’ordinazione delle donne al diaconato, che rimane quindi argomento aperto a possibili decisioni positive in questo senso.
Se si pensa poi al duro scontro fra la Curia romana e la Conferenza episcopale tedesca in occasione dell’incontro interdicasteriale del luglio scorso, i toni di questa ultima nota ufficiale della Segreteria di stato sono non solo molto più pacati, ma anche più contenuti nella formulazione dei limiti. Inoltre, il fatto che essa ricordi esplicitamente il prosieguo del dialogo e confronto fra i dicasteri romani e la Chiesa cattolica tedesca indica il senso in cui essa si vuole inserire.
Il processo sinodale tedesco è segno tangibile della proterva autoreferenzialità di una chiesa “sazia e disperata”. Una chiesa ebbra di una kirchensteuer che crea il circolo vizioso di un clero modernista e clericalista che tiene a libro paga un laicato che rappresenta solo quello stesso clero. Si “camminano insieme” ma da soli…
La Chiesa di Cristo è gerarchica.
Il tema come sacerdozio alle donne è già stato chiuso da GPII il ripresentarlo è una delle tante anomalie di questi tempi.
Idem sull omosessualità. Basta un po’ di teologia del corpo , Pio XI , Pio XII, GPII e una catechesi profonda su quell’ uomo / donna li creo ‘ da mettere in corrispondenza con Cristo sposo della Chiesa sposa.
Il caos è voluto per bollire la rana ma bolliranno loro in un luogo non proprio ameno.
I vescovi tedeschi non si preoccupano né della pedofilia né delle centinaia di migliaia di abbandoni nella Chiesa.
L’aveva già detto Kasper. I tedeschi pensano che tutto il mondo dovrebbe pensarla come loro
Non è vero che i vescovi tedeschi non si preoccupano della pedofilia clericale e degli abbandoni. Si preoccupano eccome! Il processo sinodale tedesco è proprio un segno tangibile di tale preoccupazione. Si documenti.
Il problema sono le soluzioni a questi problemi…