Nel corso del convegno annuale della diocesi di Bolzano-Bressanone è stato presentato il progetto pluriennale «Il coraggio di guardare», che intende creare le condizioni e le conoscenze necessarie per fare luce sui casi di abusi nella Chiesa locale, elaborare le procedure e il tipo di relazioni intrattenute con le vittime e, infine, creare una cultura ecclesiale preventiva rispetto a queste forme di violenza nella comunità cristiana.
Tenendo conto del contesto italiano, e dell’atteggiamento della CEI sulla questione degli abusi sessuali, la novità più rilevante è la decisione di affidare lo studio del materiale di archivio e le interviste con vittime e testimoni a due studi legali che opereranno in maniera del tutto indipendente (uno tedesco, con sede a Monaco, che ha già svolto indagini di questo tipo commissionate da diocesi della Germania, e uno italiano, con sede a Brunico).
Il progetto, elaborato in collaborazione con l’Istituto di antropologia della Gregoriana diretto da p. Zollner, è andato in porto dopo che alcuni altri tentativi si erano arenati in ragione dei costi da sostenere e di resistenze interne alla diocesi. Oggi si sono create le condizioni per poterlo avviare, ben consapevoli che non si tratterà di impresa facile – come ha sottolineato il vescovo, mons. Ivo Muser.
«Con questo convegno la nostra diocesi lancia un chiaro segnale: affrontare i casi di abuso è uno dei compiti prioritari e pastorali della Chiesa. Come diocesi, continuiamo a sforzarci di assolvere questo compito con grande responsabilità. Questo comporta un cambiamento di mentalità di tipo culturale e strutturale. Ciò che è richiesto e incoraggiato è un atteggiamento cristiano consapevole e interiorizzato, che garantisca che la Chiesa sia in tutti i suoi ambiti un luogo sicuro per i minori e le persone vulnerabili. Bisogna fare in modo che il maggior numero possibile di persone sia coinvolto in tutte le fasi necessarie. Sono abbastanza realista da rendermi conto che questo progetto incontrerà anche incertezze, preoccupazioni e riserve. Queste, insieme all’invito a guardare con coraggio e ad imparare dagli errori commessi, devono essere prese in seria considerazione» (Muser).
Il gruppo di lavoro che ha disegnato la struttura del progetto ha definito con chiarezza le linee consegnate ai due studi legali: «Ascolto dalla prospettiva delle persone coinvolte, indipendenza delle indagini, approccio trasparente, considerazione delle particolarità linguistiche e culturali del territorio». L’esito di questa prima fase del progetto verrà pubblicato e reso disponibile a tutti, e servirà da base per delineare i passi successivi da intraprendere.
Appunto la particolarità della diocesi di Bolzano-Bressanone nel panorama ecclesiale italiano ha, da ultimo, reso possibile l’avvio di un tale approccio agli abusi sessuali e di altro genere accaduti in seno a essa. Si tratta di un’esperienza pilota di grande importanza per la Chiesa italiana, che finora si è limitata a un lavoro tutto interno di taglio puramente statistico e sostanzialmente sincronico.
Sarebbe auspicabile che la CEI si facesse carico di un lavoro di taglio simile per ciò che concerne tutta la Chiesa italiana – non solo per garantire uniformità e coerenza all’indagine indipendente, ma anche per evitare di spezzettare diocesi per diocesi la gestione e le procedure messe in atto in caso di abusi nella Chiesa. Stante come si è sviluppato l’approccio della CEI alla questione, la cosa sembra però non probabile. Come ha notato la stampa estera, dando notizia del progetto della diocesi alto-atesina, in Italia manca del tutto un’efficace pressione esterna che induca la Chiesa, e in particolare la CEI, a farsi carico di questo lavoro in modo trasparente e indipendente dalla Chiesa stessa.
In sede di presentazione del progetto, il direttore del gruppo di lavoro che lo ha elaborato don G. Ugolini ha segnalato l’interessamento di alcune diocesi italiane per quanto avviato a Bolzano. Un piccolo segno davanti all’immobilità che ancora contrassegna la nostra Chiesa nel suo complesso.
Dolore e vergogna senza fine di fronte all’immobilismo colpevole e ingiustificabile delle gerarchie ecclesiastiche italiane per i crimini di abuso. Finora dalla Cei solo parole di circostanza e iniziative di puro maquillage a uso e consumo dei media italiani. L’articolo solleva a ragione domande e dubbi legittimi e inquietanti, come quello che l’immobilismo sia motivato dal timore di scoperchiare un incredibile vaso di Pandora che chiama in causa (moralmente e penalmente) gli stessi vertici della Chiesa italiana. Fino quando questo atteggiamento reticente e negazionista continuerà, la credibilità e l’autorevolezza della Chiesa italiana saranno seriamente compromesse. Eppure gli esempi stranieri da seguire si moltiplicano, e personalmente spero che il caso di Bolzano venga seguito (fosse anche su costrizione delle magistrature e dei pochi media seri che resistono nel nostro Paese).
Faccio il mio applauso a tutta la Chiesa che è in Bolzano e al suo vescovo. Questo sì che è coraggio e desiderio di verità che a tanti altri mancano in Italia.