La proposta del presidente Abu Mazen di porre Gaza sotto il governo dell’Autorità nazionale palestinese, in collaborazione con Hamas, è stata appena sussurrata dai mass-media. Eppure essa andrebbe raccolta e ponderata.
Proprio pochi giorni fa è stato pubblicato il nuovo numero della rivista di Filosofia B@belonline, promossa dall’Università Roma Tre, con un mio contributo dedicato alla porosità e alla mutevolezza dei confini.
Rifacendomi a Salvatore Veca, evoco la “geografia mutevole” dei paesaggi politici, sociali, economici. Accanto al pluralismo ragionevole, vi è di certo un pluralismo non ragionevole, popolato da persone e gruppi che non ne vogliono sapere del confronto e del dialogo, inclini piuttosto a distruggere l’avversario.
Lo scacco della convivenza, sembrerebbe. In realtà il paesaggio variegato delle posizioni e dei soggetti cambia nel tempo. Gruppi che sembravano agli antipodi possono avvicinarsi, per il tramite di altri posti in posizioni intermedie. E ciascuno di essi raramente è un monolito, presentando più spesso al proprio interno delle sfumature e dei pori di comunicazione con soggetti più moderati.
In fondo, nel dopoguerra italiano la Dc e il Pci, pur avendo condiviso l’esperienza della Costituente e della Carta fondamentale dello Stato, tendevano a delegittimarsi reciprocamente, pronti persino alla guerra civile (si guardi all’organizzazione Gladio e al controverso fenomeno definito “Gladio rossa”). Eppure oggi molti degli eredi di quelle formazioni politiche si ritrovano nel Pd.
Il fatto che Hamas sia un’organizzazione terroristica e miri alla distruzione di Israele non significa che resterà inevitabilmente tale. Come è noto, si tratta di una forza ben radicata nel tessuto sociale palestinese. E sotto un governo guidato dall’Autorità nazionale di Abu Mazen potrebbe civilizzarsi. Proprio l’Anp se ne assumerebbe la responsabilità ed essa rappresenta un’interlocutrice degna di fiducia.
Insomma, la politica, come la vita, conosce l’impossibile e conosce limiti invalicabili; al tempo stesso si caratterizza anche per la loro mutevolezza e porosità.
Dobbiamo ricordare che Abu Mazen ha più di ottant’anni e da più di dieci impedisce deliberatamente elezioni nel proprio “paese”. Quale può essere la credibilità di un simile dittatore? Forse vorrebbe estendere la sua dittatura anche su Gaza? Certo bisognerebbe creare una alternativa pacifica ad Hamas. Ma Fatah ha pochissima credibilità finché Abu Mazen non indice regolari elezioni. Che Hamas potrebbe civilizzarsi poi è una pura follia. Sono sorpreso dell’ingenuità dell’articolista. Lui non ha capito che cosa è Hamas.
Temo che ragionamenti di questo genere siano fondati su una generica conoscenza della realtà storica e in particolare di ciò che è Hamas a livello ideologico e militare. Questa organizzazione (come si nota studiando la sua storia e i documenti che diffonde) è caratterizzata da un violento radicalismo che è votato alla distruzione di tutto ciò che non rientra nella loro visione, e perciò non solo dello Stato di Israele ma anche degli stessi arabo-musulmani che non la pensano come loro. Mi sembra ingenuo e pericoloso pensare anche solo di dialogare con questa realtà che per principio rifiuta confronti e compromessi. Le teorie possono funzionare solo se calate nella realtà e nella storia. Altrimenti saremo costretti a ripetere all’infinito gli stessi errori. In fondo, se oggi siamo immersi in questa guerra terribile è anche perché ci si è illusi di poter lasciare ad Hamas il controllo di Gaza e dei suoi abitanti. È così che questo movimento brutale ha infettato il Medio Oriente scatenando il 7 ottobre una guerra che ha come unico obiettivo quello di generare morte e distruzione.