Come è possibile entrare nella testa di un estremista? Penso che sia sufficiente immaginare un uomo che guarda con un occhio solo: vede – questo è sicuro – ma una parte di ciò che sarebbe possibile vedere, è fuori dal suo campo visivo. Ogni estremista è convinto di vedere e quindi di conoscere la verità, e quella verità pure esiste, ma il suo campo visivo esclude – a priori – le verità degli altri.
Su tale effetto – esclusivo – le identità religiose funzionano da potenziamento. L’estremista può facilmente divenire, perciò, l’emblema di un’intera comunità di “fedeli”. Mentre un’ideologia politica basata su certezze granitiche non può essere, obiettivamente, attribuita ad una comunità nazionale vasta, l’estremista vede, nell’opposto estremismo, il solo dato caratterizzante quel popolo-nazione di supposti fedeli o piuttosto di ritenuti infedeli.
Il discorso estremista si tinge di fondamentalismo e porta a quelle che Amin Maalouf ha definito le «identità assassine», capaci di riferire la qualifica assassina agli altri, perché, così, davvero, a volte, si trasformino. La micidiale menomazione porta, in tal modo, ad alterare anche il linguaggio, per cui dice: «i musulmani sono solo così», oppure «i cristiani sono solo così», ovvero «gli ebrei sono così».
La fede dell’estremista – fondamentalista – è la “vera” fede: al di fuori di essa ci sono le false credenze e quindi una grande, falsa, umanità. Ciò non riguarda più la sola questione di Dio, bensì tutte le rivendicazioni che gli altri possono avanzare: qualsiasi rivendicazione.
Poiché, però, non tutti i membri delle comunità religiose sono, naturalmente, fondamentalisti, l’estremista tende ad usare l’altrui fondamentalismo per togliere credibilità alla controparte. Ogni discorso diventa totalizzante, perché, alla fine, restano solo gli opposti estremismi: l’unica, obiettiva, convergenza è nella opposizione estrema.
In questa maniera, cerco di chiarire, su questa mia pagina di diario, ciò che rende il contesto della guerra – e particolarmente di questa guerra del Medio Oriente – davvero tragico. Oggi, è davvero buio!
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In Libano. Hezbollah sta attaccando il contingente dell’ONU, l’Unifil, per far capire che nessuno può controllare il confine con Israele se non loro stessi e… la moglie del presidente iraniano Raisi, signora Alamolhoda: sì, cari lettori, avete letto bene! La signora Raisi, infatti, non ha incarichi pubblici, non ha un ruolo, ma sta preparando, in queste ore, una conferenza su invito del ministero della cultura libanese, Muhammad Mortada: su Gaza. Un sito libanese ha precisato che il tema scelto è: “Le lacrime di Maria e il dramma di Gaza”.
Si potrebbe dire che è un bel titolo: in fondo l’Islam venera Maria perché il Corano le dedica una intera sura. Ma in ciò non c’è, purtroppo, alcun sentore di avvicinamento islamo-cristiano, bensì io vedo l’intento manifesto di piegare persino la dolce figura di Maria alla “cultura” dello scontro: tra un noi e un loro. È piuttosto facile giungere a questa conclusione, perché la signora Alamolhoda ha appena aperto la sua visita a Beirut dal cimitero dei martiri della resistenza islamica, ossia è partita dalle “sacrario” di Hezbollah.
Pochi giorni fa un amico ecclesiastico mi ha raccontato di essere intervenuto ad un incontro di autorevoli cristiani maroniti per soffermarsi su iniziative di solidarietà e di pace, ma uno dei presenti gli ha gridato: «Abuna (che significa padre), il futuro è la guerra!». Quel signore, con ogni evidenza, pensa ad un futuro – inevitabile – di guerra tra cristiani e musulmani, allo scontro di civiltà!
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Nella Striscia. I bambini di Gaza, le donne di Gaza, le vittime innocenti di Gaza, irrompono nelle case – ogni giorno – di tutti gli abitanti del mondo arabo. Ieri ciò è avvenuto con immagini terribili: bambini mezzi-nudi, uomini e vecchi in mutande, donne legate a terra, tutti circondati e circondate da militari israeliani in uno stadio. Questo, mi ha detto molto preoccupato un amico libanese, non può che seminare altro odio, anche se il filmato è stato divulgato dalla CNN e pochi a Beirut vedono il canale satellitare americano.
Ciò che più colpisce è ciò che noi vediamo. Ha aggiunto di sentirsi umiliato davanti ai volti e alle voci degli sfollati palestinesi che ha visto in queste ore in televisione: povera gente che rincorreva i camion degli aiuti umanitari appena arrivati, raccontando di non poter mangiare da giorni e di dormire sulla spiaggia senza avere un posto dove andare e tanto altro ancora. Quel convoglio di aiuti è stato poi colpito dal fuoco israeliano!
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Torno alla moglie del presidente Raisi: mi chiedo e chiedo, se negli occhi degli arabi – e non solo – non ci fossero quei volti, quelle immagini, quei bambini, quelle donne, quei vecchi, quei morti, avrebbe voluto la signora Alamolhoda parlare di Maria? Senza gli sfollati avrebbe scelto lo stesso tema “religioso” per la sua conferenza?
Su questo diario, oggi, scrivo queste parole: «a me sembra che facendo così, come si sta facendo in questa guerra, proprio, i bambini diventino il propellente dei peggiori sentimenti di urto tra quanti vogliono coinvolgere tutti nello scontro totale!». Non a caso la parola «vendetta» è risuonata più volte in questi mesi. La vendetta – si sa – non si preoccupa affatto di ciò che viene dopo. Non ha un “Piano B”.
Vedo così buio, oggi? Col mio diario mi sono ripromesso di cercare sempre, coi lettori, ciò che verrà dopo: un domani, perché ci sia un domani. Sappiamo quel che serve, soprattutto ai protagonisti di questa tragica vicenda: il coraggio di usare il secondo occhio, quello che consente di allargare l’orizzonte, di vedere anche un’altra verità, di vedere anche un dopo, il domani.
È ciò che attendo – ancora – dai moderati di tutti i campi: il coraggio. Non c’è qui più una superiore giustizia da imporre, bensì una possibile giustizia da cercare, con pazienza, governando le passioni stanno travolgendo. E attendo anche notizie dal Cairo, dove l’Egitto si prepara ad illustrare ad Hamas il suo piano sugli ostaggi e il cessate il fuoco, tra voci di contrasti in tutti i vertici politici implicati.
- Tutte le puntate precedenti del Diario di Riccardo Cristiano possono essere lette qui.
Un mio conoscente Israelopalestinese mi disse, anni orsono, che nella sua terra il futuro si costruisce seminando odio. Hamas, con la sua carneficina, ha rifornito di odio gli israeliani inducendo Israele ad una reazione che ha rifornito i Palestinesi di una dose d’odio sufficiente per rendere questa generazione di ebrei ed arabi incapaci di pensare ad una soluzione pacifica per il medio oriente per i prossimi quarant’anni. Spero di sbagliarmi ma penso che ciò fa comodo sia a Israele che non tollera un stato palestinese sia ai Palestinesi che sognano la distruzione di Israele.