A San Francisco era arrivato nel 1953 proveniente dalla Cina da dove, due anni prima, era stato espulso insieme ad altri 3 confratelli trentini: avevano scelto l’Asia per la loro missione i giovani francescani, ma il destino aveva deciso altrimenti. Gli altri frati presero la via della vicina Corea o del Giappone, uno in Bolivia, mentre a Efrem Trettel – classe 1921 originario di Predazzo in valle di Fiemme, trasferitosi con la famiglia a Villazzano, sobborgo di Trento – toccò la California. Più di tre mesi di viaggio, fra nave e treno, per raggiungere il lontano West, una terra la cui storia è profondamente intrecciata a quella dei figli di san Francesco. Sono stati i frati minori spagnoli a giungere là tra il XVII e il XVIII secolo, insieme ai primi coloni, e fondare Santa Barbara (lungo il Camino Real che portava in Messico) e poi la nuova Santa Maria degli Angeli (Santa Maria de Los Angeles, oggi L.A.), San Francisco, Santa Monica (oggi la provincia francescana di Santa Barbara è una delle 7 degli Stati Uniti e comprende tutti gli stati della West Coast fin su all’Alaska).
«La missione si fa “oggi”»
Se quei frati hanno scritto la storia della California dell’epoca, si può dire che padre Trettel ne ha aggiunto un buon capitolo per il Novecento: una vita di religioso a servizio dei numerosi italiani emigrati laggiù, macinando chilometri di autostrade per spostarsi a incontrare famiglie, celebrare matrimoni e funerali, partecipare ad incontri, alleviare la nostalgia di chi faticava a ricominciare in un paese straniero. Per oltre 40 anni nel suo alloggio, presso la Chiesa di Sant’Antonio al n. 3106 di Folsom Street nel Mission District, uno dei più antichi, ma anche più poveri della città, ha spesso accolto e ospitato quanti giungevano là a cercar fortuna o quanti erano in difficoltà.
Poi l’intuizione, da autentico pioniere, di sfruttare i nuovi strumenti della comunicazione trasformando una stanza in uno studio di registrazione radio-televisiva praticamente fai-da-te: un altare dove celebrare messa e diffonderla lontano, qualche microfono acquistato, insieme all’impianto, grazie ad alcune donazioni e in men che non si dica nel 1964 era nato lo studio radiotelevisivo dell’ARC (Apostolato Radio Cristiana). «La missione si fa “oggi”» amava ripetere indicando la necessità di non rincorrere i tempi, bensì, se possibile, precederli.
Da quei microfoni padre Efrem – in contatto con i confratelli trentini – predicava, leggeva i giornali, diffondeva notizie dai paesi d’origine degli emigranti, commentava le vicende del Vecchio Continente, rispondeva a domande, alleviava la solitudine, insegnava l’inglese a chi non aveva modo di seguire corsi costosi … Ore di diretta e di registrazioni messe poi in onda con l’aiuto di alcuni giovani e, nel frattempo, padre Efrem si metteva in macchina per rispondere a ogni richiesta.
Per 40 anni questa fu la sua «missione»: un punto di riferimento per centinaia e centinaia di famiglie di emigranti, provenienti da ogni parte d’Italia, ma che lui, da solo, aveva trasformato in un’unica comunità per sentirsi un po’ più “a casa” in quel grande paese dove pure la lingua appariva ostacolo insormontabile. In occasione di raduni e momenti di festa le sue doti poetiche e musicali aggiungevano quel tocco in più: non solo violinista (e suonava anche tromba, chitarra e fisarmonica), ma anche compositore di testi poetici e melodie che sono entrate a far parte del repertorio musicale d’oltreoceano (se pure oggi più spesso abbandonate a seguito dell’introduzione del nuovo messale con relativi canti).
«Un frate non va mai in pensione»
L’evoluzione dei mass-media e delle generazioni dei migranti (con figli e nipoti ormai “americani”, spesso senza più conoscenza della lingua italiana), unita alla crescente difficoltà a reperire fondi, indussero la Provincia francescana a chiudere a malincuore l’esperienza dell’ARC, dato che nel frattempo era sorta anche un’analoga iniziativa diocesana. Ma la missione per padre Trettel continuava altrove: venduta la struttura nel Mission District, si sposta nel convento di san Bonifacio dietro la centralissima zona commerciale di Market Street dove i frati avevano aperto una mensa per i (tanti) poveri e senzatetto della città. Ancora un punto di riferimento, ancora tante miglia macinate in auto per mille richieste, persino regista di un breve documentario sulla vita di un altro francescano trentino, Eusebio Chini – conosciuto in America come padre Kino – il missionario che ha operato in Arizona e Messico (e al Campidoglio a Washington è raffigurato come uno dei padri della nazione). Neppure la tragica fine nel 1994 in un incidente stradale del fratello Flavio, anch’egli francescano, che l’aveva raggiunto là, riuscì a fermare il suo dinamismo pastorale.
Poi le forze cominciano a venir meno e a 87 anni compiuti si vede negato il rinnovo patente. «Un frate non va mai in pensione» diceva sorridendo con letizia francescana mentre veniva trasferito in una Casa di riposo lungo la strada che porta al Golden Gate Bridge: per abbattere i costi della retta e non dipendere troppo dalle risorse della Provincia, si mette a disposizione per fare il cappellano della struttura e, quando occorre, pure l’infermiere e il counselor degli oltre 200 ospiti (quando viene richiesto fuori, basta andarlo a prendere in macchina …). Una volta alla settimana sono i suoi confratelli a prelevarlo per trascorrere insieme una giornata al convento «così non mi dimentico di essere ancora un frate anch’io».
L’allora Provincia di san Vigilio a Trento gli aveva aperto la via del rientro a casa (in Trentino del resto rientrava periodicamente), ma Trettel aveva ormai scelto più di 60 anni prima quella della California (e là ha chiesto di restare, nel piccolo cimitero a San Francisco insieme al fratello).
Padre Efrem è morto, convalescente da un ricovero in ospedale per una polmonite, il 20 gennaio nel Mercy Retirement & Care Center di Oakland dove ha trascorso gli ultimi 3 anni quando le forze si erano ulteriormente ridotte.
Sono un parrocchiano della Regina Pacis e per puro caso mi sono imbattuto su questo sito. Molto interessante per notizie internazionali, però esistono anche le nostre parrocchiette che si sforzano di fare iniziative ma nessuno ne parla. Ciao.