Il mondo sta cambiando a velocità impensabili fino a qualche decennio fa. Il paradosso è che una società a rischio di vuoto generazionale, che ha il fiato corto in tema di genitorialità e non fa più figli o ne fa sempre meno, si trova a moltiplicare i salti di generazione all’interno di archi temporali sempre più ristretti.
Quanto dura una generazione? Quattro generazioni dai Baby Boomers alla Generazione X ai Millennials agli Zoomers alla Generazione Alpha. L’ultimo dei Baby Boomers compirà sessant’anni quest’anno – forse è già diventato nonno, forse non ancora, quasi sicuramente è ancora inserito nel mondo del lavoro e un lustro almeno lo separa dalla pensione.
Intanto, i primi nati della Generazione Alpha sono alle prese con lo slalom tra open day e scuole aperte per affrontare la prima, importante decisione della loro vita: a quale scuola superiore affidare la formazione del proprio futuro?
La generazione Alpha
Generazione Alpha, così li chiamano. Sono la prima generazione interamente nata nel 21° secolo. La loro era è cominciata nel 2010, l’anno in cui, nel mese di gennaio, il primo iPad è stato immesso sul mercato e, nel mese di ottobre, è stata lanciata Instagram, ad oggi una fra le più note e utilizzate app di social network per la condivisione di foto e video brevi. Sono per la maggior parte figli di Millenials e i tre quarti di loro provengono da Asia e Africa, tenuto conto che l’Occidente ha conosciuto un grande calo di natalità già a partire dalla Generazione X.
Sono i primi veri nativi digitali. Fin dai primi mesi di vita le loro manine hanno imparato a sfiorare lo schermo di un cellulare e di un tablet, più che a scuotere sonagli sonori, manipolare plastilina o impugnare una matita. Non sanno ancora parlare, e già sono in grado di fare una videochiamata e sorridere ai nonni dallo schermo del telefonino. Il mondo l’hanno conosciuto e lo conoscono così, a distanza ravvicinata, guardandolo attraverso uno screen. Ed è un mondo che, senza Internet, non è più pensabile. Un mondo che non esiste se non esiste Internet, se non esistono i media.
Per i bambini della Generazione Alpha – è un dato di fatto –, il confine tra reale e virtuale è come per Harry Potter il muro del binario 9 e ¾ nella stazione di King’s Cross: basta avanzare a passo deciso e si è già dall’altra parte. La loro condizione esistenziale è quella di una impossibile distinzione tra realtà analogica e realtà digitale. La vita, per i bambini della generazione Alpha, nati e cullati fra i devices, è sempre onlife.
Quelli che… onlife
Onlife è un neologismo recente, coniato nel 2013 da Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’università di Oxford e padre della filosofia dell’informazione. Usato sia come sostantivo sia come aggettivo o avverbio, onlife indica la natura ibrida della nostra contemporanea dimensione esistenziale.
Come per le foreste a mangrovia, in cui è impossibile separare l’acqua dolce dalla salata, così nelle nostre esistenze non si può più pensare di scindere in modo netto il reale dal virtuale.
Se, negli anni Novanta, quando i computer hanno cominciato ad entrare in modo massiccio nelle nostre esistenze, per disconnettersi bastava spegnere il modem, oggi il trapasso dall’analogico al digitale avviene ininterrottamente, senza soluzione di continuità. Non ha più senso chiedersi se si è online o offline, perché la nostra vita si dispiega in una interazione continua tra realtà materiale, fattuale, e realtà virtuale e interattiva.
L’onlife – l’infosfera, come la chiama Floridi – è il nostro nuovo habitat esistenziale. Per tutti ormai è naturale muoversi all’interno di uno spazio di informazione digitale. Le piattaforme e gli ambienti digitali vengono vissuti come veri e propri luoghi, spesso più reali, per altro, di tanti non-luoghi che attraversiamo nella vita concreta.
I nativi digitali della Generazione Alpha si sono trovati immersi fin dalla nascita nell’infosfera e nell’infosfera respirano, crescono, imparano. Screenagers, li chiamano anche. Non guardano i cartoni alla televisione, ma fanno giochi interattivi sullo schermo di tablet e telefonini. La loro crescita è segnata in modo irreversibile dalla tecnologia e dagli eventi globali: come nessuna generazione prima di loro, attraverso gli schermi sono stati esposti ad eventi traumatici quali la pandemia di Covid 19 e la guerra Russia-Ucraina.
A questo apprendimento precoce, frutto dell’uso massiccio delle nuove tecnologie, fa da contrappeso l’insorgere altrettanto precoce di gravi problemi di salute, legati all’eccesso di tempo trascorso davanti ad uno schermo, all’immersione continua nei devices: allergie, obesità, depressione, isolamento, disturbi dissociativi.
La scuola che verrà
Mentre Gen Alpha si sta affacciando al tempo della scelta del percorso di istruzione superiore, la scuola si sta adoperando per definire progetti in attuazione alle ultime Linee guida e agli ultimi Decreti ministeriali volti a «promuovere, integrare e rafforzare all’interno dei curricola di tutti i cicli scolastici competenze digitali, linguistiche e di innovazione».
Stiamo vivendo un passaggio epocale e, se avevamo dubbi, questi sommovimenti all’interno della scuola ne sono un’ulteriore conferma. Sarebbe riduttivo, e cieco e pericoloso, però, considerare le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione – TIC o ICT, se si vuole declinare l’acronimo all’inglese (information and communications technology) – solo come un mero apparato strumentale.
Non si tratta, semplicemente e soltanto, di insegnare a servirsi di strumenti nuovi, più potenti e sofisticati, o di promuovere l’alfabetizzazione digitale, o di sviluppare abilità e competenze nell’utilizzo di nuove forme di comunicazione, o di favorire l’inclusione digitale. Si tratta di porsi in atteggiamento dialogico e interrogativo di fronte a questo irreversibile passaggio, senza pregiudiziali timorose o denigratorie, ma anche senza entusiasmi acritici e passivi.
La scuola con tutto il mondo della formazione è chiamata ad interrogarsi seriamente e profondamente su come lo sviluppo delle tecnologie ICT stia influenzando in modo radicale la nostra stessa condizione umana, innescando modificazioni sostanziali alle nostre relazioni con l’alterità, con il mondo che abitiamo e con la nostra stessa interiorità.
Numerosi sono gli interrogativi che si aprono. Interrogativi che ci aiutano a guardare con consapevolezza al processo metamorfico in cui, di buon grado o nostro malgrado, tutte e tutti ci troviamo immersi. Interrogativi che non possiamo eludere, se abbiamo a cuore il futuro.