In occasione dei 15 anni di ministero del patriarca di Mosca, Cirillo, si è levata un’ode di ammirazione nella Chiesa e nel potere politico russo. Non solo come attestato dei risultati raggiunti, ma anche un’assicurazione per il futuro.
Da anni nel sinodo dei vescovi una fronda di «radicali» sollecitava Cirillo a un’adesione più immediata all’indirizzo politico di Putin. Dopo aver allontanato il suo numero due, il vescovo Hilarion, responsabile del dipartimento per i rapporti internazionali del patriarcato, nel giugno del 2022 per scarso entusiasmo nel sostenere la guerra in Ucraina, Cirillo si liberato di alcuni pretendenti nell’ottobre scorso.
Il sito Parlons d’orthodoxie, titolava: «È cominciata l’operazione successione».
Il più attrezzato dei critici, il metropolita Tichon, è passato a una diocesi in Crimea, ma il suo legame con il Cremlino gli consentirà una possibile ripresa.
Il secondo, il metropolita Leonida, ha perso il ruolo nel sinodo, la responsabilità sull’esarcato d’Africa e anche della diocesi in Armenia. Si proponeva di sostituire il vescovo Antonio, attuale responsabile del dipartimento per i rapporti internazionali, per poi «sostituire» Cirillo. La sua evidente vicinanza con la milizia Wagner e la rivolta di Prigojne l’hanno condannato.
Il terzo vescovo escluso, il metropolita Dionisio, è stato esiliato nella diocesi di Omsk in Siberia. Per Putin il più utile è ancora Cirillo.
Senza precedenti nella storia
I tre lustri del suo ministero sono «parte integrante del disegno di Dio», sigillo sull’Ortodossia russa tornata «al suo posto storico intrinseco nella vita dello stato, della società e della cultura, nella vita di ogni credente». Lo stesso Cirillo ammette che, dopo le drammatiche persecuzioni dei soviet e i disordini dell’implosione dell’Unione Sovietica, questo è un tempo favorevole, caratterizzato dal «risveglio della vita religiosa che non ha precedenti nella storia. Da nessuna parte è mai accaduta una cosa del genere, così come da nessuna parte e mai sono avvenute persecuzioni così terribili come quelle capitate nella nostra terra, perché nessun popolo, nessuna Chiesa ha vissuto ciò che hanno vissuto i nostri padri e i nostri nonni. E questo significa che, nella nostra Chiesa, c’è la potenza di Dio e lo Spirito Santo. Preghiamo e chiediamo al Signore che continui a stare con il nostro popolo, la nostra patria» sotto la guida del nostro presidente «Vladimir Vladimirovich Putin, uomo ortodosso che svolge altruisticamente il suo servizio» (omelia del 1° febbraio).
In un ampio articolo apparso sul sito Patriarchy.ru si ricordano le radici familiari della sua appartenenza ecclesiale (il padre e il nonno erano sacerdoti, a suo tempo perseguitati), la grande efficacia della sua predicazione e la cura per ricucire con le comunità russe all’estero. Nel 1994 si affida a lui di presiedere alla stesura dei principi sociali della Chiesa russa. È il primo testo organico che risente molto dell’impianto cattolico, ma con specifica attenzione ai «valori tradizionali» della Russia. Approvato dal concilio del 2000.
Contrastata ma vittoriosa l’operazione delle «200 chiese» nuove a Mosca. Riformatori e liberali si oppongono, si tenta di approvare un codice di controllo per la Chiesa, si creano scandali (tangenti sugli alcoolici) con l’esibizione irriverente del gruppo musicale femminista Pussy Riot in cattedrale. Nel frattempo si moltiplicano vescovi, monasteri e strutture interne. I dissidenti vengono emarginati e si impone l’attenzione ai valori tradizionali che entrano ufficialmente nella strategia presidenziale del 2022.
La tradizionale «sinfonia» con lo stato si invera nella riconosciuta e formale autonomia reciproca e la prospettiva civilizzazionale del «mondo russo» è il terreno di coltura per la riunificazione delle tre parti del popolo (russo, ucraino, bielorusso).
Il vero nemico non è più interno, ma esterno, nelle élites occidentali, nel globalismo, nel prevalere della pax americana. Si rifiuta il processo di Bologna di unificazione degli studi in Europa per una sovranità nazionale anche culturale che riconosca il ruolo della teologia.
Lotta alla «bestia»
Una nuova compattezza interna è necessaria per Cirillo perché la lotta è diventata metafisica e apocalittica. L’operazione militare speciale in Ucraina è in realtà la guerra all’Anticristo. Non c’è più l’umanesimo occidentale, c’è un post-umanesimo con tratti nietzschiani e nazisti, visibili nelle teorie del gender, nella svalutazione della famiglia e nella legalizzazione dell’omosessualità.
Nessuna Chiesa d’Occidente sembra in grado di resistere. Le forme teologiche dialoganti con la bestia dell’Apocalisse danno luogo allo scandalo dello scisma ortodosso con la divisione delle Chiese in Ucraina. Il patriarca è all’origine dello sforzo di decostruzione del pensiero occidentale, del «greco-protestantesimo». Il pieno consenso all’aggressione militare all’Ucraina nasce nel crogiolo di questi pensieri e in una (supposta) piena aderenza alla dottrina sociale russa.
In un secondo articolo, ci si sofferma su dati, statistiche, strutture istituzionali con una premessa del tipo: «Molte di queste trasformazioni e figure non hanno analogie non solo nella storia della Russia e di altri paesi dello spazio canonico della Chiesa ortodossa russa, ma anche nella storia del mondo».
Si elencano le diocesi, passate nell’arco di quindici anni da 159 a 325, i vescovi da 200 a 402, i chierici da 30.670 a 41.666, i monasteri da 804 a 994. Monaci e monache sono 15.830. Nella struttura ecclesiale sono nati 3 nuovi dipartimenti, il consiglio editoriale e la casa editrice. Sono state chiarite e distinte le amministrazioni finanziarie. Si sono moltiplicati i consigli e le commissioni.
Dal 2011 una serie cospicua di nuovi documenti normativi è venuta alla luce. È cresciuto in maniera esponenziale il numero delle chiese (164 nuove solo a Mosca), si è organizzato il volontariato di Chiesa. La menzione di Dio è entrata nella Costituzione e ciò significa la fine dell’ateismo di stato.
Molto consistenti gli strumenti mediali in mano alla Chiesa. Il patriarca non è riuscito a impedire lo scisma. Ma «lo scisma in Ucraina non è solo un errore del patriarca di Costantinopoli, è il suo grande peccato».
La polifonia si è spenta
Una ricostruzione molto enfatica che un lettore francese denuncia nella sua unilateralità. A partire dalla rimozione del ricordo del patriarca «spirituale» Alessio, il predecessore di Cirillo.
«Con la caduta dell’Unione Sovietica e l’avvio di una nuova era nel 1990, numerosi emigrati pensavano che i devastanti anni del terrore e delle guerre intestine fossero finiti. Il paese ha cominciato a cambiare il volto, il cuore e l’anima. Il patriarca Alessio II ha promosso molte iniziative pratiche. Ha unificato la Chiesa, si è opposto alle aggressioni. È cominciata la memoria dei nuovi martiri. I carnai degli uccisi di Butovo, Solovski, Levashovkaya sono stati aperti a cerimonie religiose di lutto. I credenti sono venuti in massa nelle Chiese. È impossibile ricordare tutto. In pochi anni il patriarca Cirillo ha raso al suolo le scelte di Alessio. Si è fatto eco del potere politico. La polifonia ecclesiale è scomparsa».
L’archimandrita dissidente Cirillo Hovorum ricorda il servilismo politico del patriarca, ma in ordine alla guerra ci ha messo del suo. «Le idee che hanno ispirato la guerra sono sue e lui è il reale architetto del Russkiy mir (mondo russo)». Quindi, più che di una sottomissione della Chiesa allo stato si dovrebbe parlare di una sinergia della Chiesa con le autorità politiche.
Il patriarca è il principale artefice della visione imperiale, prima che il Cremlino la facesse sua. Il patriarca Alessio II liberò la Chiesa dagli uomini dei servizi segreti, Cirillo li ha fatti tornare. Con l’esito drammatico di ridurre l’ortodossia russa a religione civile del «putinismo». Senza negare l’attuale consenso al patriarca e alla guerra.
Hovorum non manca di denunciare la contraddizione palese della giustificazione della guerra con il testo de I fondamenti della concezione sociale russa che, nel cap. 3 al n. 8, dice espressamente che la Chiesa si oppone alla guerra civile e a una guerra di aggressione esterna.
Le chiese crescono, non i frequentanti
Cirillo sostiene che questo tempo è fecondo e straordinariamente favorevole alla Chiesa, ma i dissenti osservano che l’annuncio del Vangelo si è fatto debole e che la frequenza dei fedeli non è proporzionale alla moltiplicazione delle chiese. Non è casuale che i dati ufficiali del ministero degli interni circa la partecipazione alle liturgie del Natale siano scarsi. Quest’anno i frequentanti sono stati 1.400.000. L’anno scorso erano 2.600.000.
I tentativi di innovazione pastorale degli anni precedenti si sono spenti. Sergei Chapnin sottolinea la progressiva «militarizzazione» della Chiesa nei suoi vertici e nelle sue strutture senza cura del popolo di Dio. Non ci sono vescovi di spessore carismatico e i preti che lo sono vengono silenziati.
«Volendo conservare il potere, la Chiesa si volge all’aiuto dello stato e si fonde con le sue strutture per usufruire della sua autorità. L’atteggiamento essenziale è quello della paura e della punizione». I servizi segreti sono tornati ad essere decisivi, mettendo in crescente disagio i luoghi pastoralmente più creativi.
Date a Putin quel che è di Cristo. Il nuovo motto della chiesa russa.
La domanda sorge spontanea. Quante divisioni ha il Patriarca Cirillo ? Poi non dovremmo molto aderire alla propagazione di una metafisica operazione militare speciale in Ucraina contro l’Anticristo , e per una empatica pietosa tensione nel riscontrare il disfacimento dell’umanesimo occidentale verso un post-umanesimo con tratti nietzschiani e nazisti, visibili nelle teorie del gender, nella svalutazione della famiglia e nella legalizzazione dell’omosessualità. Piuttosto dovremmo considerare di trovarci di fronte ad una GUERRA DOMINICALE, nel senso che anche in USA il reddito dominicale dei terreni è più alto quanto più sono vicini alle coste ed ai porti di esportazione. In Crimea ed in Donbass è lo stesso, sterminati appezzamenti di terreni pianeggianti vicini ai porti con possibilità di produrre enormi quantità di cereali da esportazione i quali sono poi fattore enorme di influenza politica verso gli stati che li ricevono a prezzi vantaggiosi, insieme al gas e al petrolio, e che da questi poi fondano le loro economie di trasformazione restando così vincolate alle materie prime. Perciò, piuttosto che l’angoscia e li tormento per la sorte dei poveri omosessuali ucraini che in occidente non vengono curati; se le teorie che Vannacci ha appreso quando era addetto militare a Mosca sono ancora minoritarie ; questi si sono azzuffati per il possesso delle terre, né più e meno, eccetto che nelle dimensioni, come una qualsiasi altra delle immutate liti di confine che da tempi del Placito Capuano tra Montecassino e Rodelgrimo ,si celebrano ogni giorno nei tribunali italiani . Lo riscrivo: «Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.»
(Moskva, marzo 960 d.C.)
Mutatis mutandis, pare che anche della Chiesa Cattolica si possa dire altrettanto. Un dilagante fare adulatorio, che spegne la polifonia.
Le Conferenze Episcopali non possono che allinearsi con note e dichiarazioni, pena l’essere tacciate di essere disincarnate (salvo critiche sotterranee).
Anche nelle diocesi, ogni clero non può che celebrare di facciata l’operato del Vescovo (salvo mormorazioni retrostanti).
(ripeto: Mutatis mutandis, rispetto all’interessante articolo)
Realtà solo per gli ortodossi? Forse è questo l’ecumenismo più riuscito. Deo gratias!