La conferma di Santa Sofia come moschea, la trasformazione e la riapertura al pubblico come moschea di San Salvatore in Chora (Istanbul) e l’inaugurazione del più grande edificio sacro dell’islam nelle aree occupate dai turchi a Cipro costituiscono la riaffermazione dell’indirizzo di restaurazione religiosa del potere politico turco. Recep Tayyip Erdoğan ha qualificato gli eventi come esempi e simboli del “secolo turco”.
La decisione relativa a Santa Sofia e a San Salvatore rimonta al 2020 e ha suscitato molte opposizioni dal mondo greco, in parte del mondo islamico, dall’Unesco e dai paesi occidentale.
Dopo molti altri pronunciamenti, il patriarca Bartolomeo ha ricordato che Santa Sofia è stata «la sede dei miei predecessori per circa 900 anni e rimane un santuario di primo piano profondamente rispettato e onorato dai cristiani ortodossi, ed è anche l’edificio più rappresentativo della millenaria civiltà dell’impero bizantino».
Costruita nel VI secolo, Santa Sofia incarna la cristianità d’Oriente. Diventa moschea nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani. Per cinque secoli ha funzionato come edificio religioso musulmano fino al 1923, quando Mustafa Kemal Ataturk proclamò la Repubblica e trasformò l’edificio in museo. È rimasto tale fino alla recente decisione.
Erdoğan non ama il museo come simbolo e scuola di storia, soprattutto perché esso insegna la vastità di quest’ultima e come l’umanità intera ne sia l’artefice, nonostante conflitti e combattimenti.
Il museo mostra anche come ogni cosa sia destinata a scomparire, eccetto ciò che è testimone di bellezza e valori nobili.
Il presidente turco, al contrario, vuole che il passato politicamente strumentalizzabile non passi mai. Ha affermato che la grande conquista rappresentata dalla trasformazione di Santa Sofia in moschea è un’anteprima della liberazione della moschea al-Aqsa di Gerusalemme.
Il 30 dicembre 2023 ha detto: «Dopo ottant’anni di attesa, abbiamo spezzato insieme le catene e riportato Santa Sofia alla sua forma originale, esaudendo il desiderio del Conquistatore».
Salvatore in Chora
Il libero accesso all’edificio è stato comunque rispettato. Ma il culto ha limitato i turisti al nartece e alla parte bassa della navata. I mosaici del coro sono stati coperti in maniera stabile, contrariamente alle promesse.
La gestione dell’edificio si disperde in molte istanze: presidenza degli affari religiosi, direzione della fondazione, prefettura di Istanbul ecc.
Il peso economico dell’edificio ha suggerito di introdurre di nuovo un pagamento di entrata, che riguarda solo i turisti e i non musulmani. Sono stati separati gli ingressi e i percorsi non si sovrappongono.
La riapertura di San Salvatore in Chora, prevista per il 23 febbraio, è stata posticipata a maggio per finire i complessi lavori di adattamento e di restauro. L’inaugurazione avverrà con il culto musulmano e al culto la chiesa sarà dedicata, anche se rimarrà aperta per i turisti. Costruita anch’essa nel VI secolo come chiesa cristiana, è divenuto moschea nel 1511.
Gli straordinari mosaici e affreschi furono realizzati nel XIV secolo durante il regno dei Paleologi. È uno degli edifici più importanti del periodo bizantino.
Il restauro più importante è avvenuto all’indomani della seconda guerra mondiale. Da maestranze americane è stato tolto l’intonaco che copriva l’insieme liberando i mosaici e gli affreschi. I due edifici storici si aggiungeranno alle 82.693 moschee del paese e alle 3.113. attive nella capitale.
È passata inosservata l’apertura della più grande moschea nelle aree occupate dall’esercito turco a Cipro. L’11 gennaio 2024 l’edificio, con 62 cupole e 6 minareti, ha aperto i battenti. In un’area di 30.000 metri quadri si possono riunire fino a 10.000 fedeli.
Anche in questo caso, il luogo di culto significa il possesso “eterno” del territorio allo stato islamico della Turchia, nonostante le richieste territoriali, internazionalmente riconosciute, di Cipro.