Beirut, 24 febbraio
In poco più di una settimana, esattamente dal giorno di san Valentino, numerosi attacchi israeliani nel Sud del Libano hanno provocato un numero imprecisato di feriti e la morte di circa trenta persone.
Se questa non è una novità, ma la triste quotidianità dell’area del confine libanese-israeliano dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, per la prima volta dall’inizio del conflitto a Gaza il rapporto tra civili e miliziani di Hezbollah e Amal uccisi nel Sud Libano si è invertito: finora, infatti, Israele si era dedicata a colpire le postazioni militari sciite e ad uccidere selettivamente alti ufficiali di Hamas e del Partito di Dio.
Un paese debole
Le Forze di difesa israeliane hanno iniziato a colpire indiscriminatamente civili inermi proprio dal 14 febbraio, in ritorsione ad un missile proveniente dal Libano che si è spinto fino a Safed, capitale della Galilea, uccidendo una soldatessa e ferendo una decina di persone. E così sono state colpite famiglie intere, a Souaneh, a Nabatieh, ad Adshit. Le ultime vittime, in ordine di tempo, sono state la piccola Amal di cinque anni e la sua vicina e mamma di tre bimbi Khadija di 35, uccise in casa nel villaggio di Majdal Zoun.
Nel suo ultimo discorso videotrasmesso il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha affermato che Israele pagherà «col sangue» il sangue dei civili uccisi. È lecito chiedersi se la milizia sciita alleata dell’Iran ha veramente la capacità di determinare l’andamento di un conflitto finora limitato al confine tra i due Paesi ma che, adesso, rischia di trasformarsi in guerra aperta.
Per rispondere a questa domanda occorre ricordare che, in assenza di un governo – i deputati eletti nelle consultazioni politiche del 15 maggio 2022 non hanno ancora trovato accordo per formarlo) e di un Presidente della Repubblica (l’ultimo Presidente, Michel Aoun, ha terminato il suo mandato il 31 ottobre 2022 –, la posizione dello Stato libanese nel conflitto in corso non è chiara.
A causa della sua debolezza, l’entità statuale libanese è esposta a violazioni continue della sua sovranità e delle sue prerogative costituzionali.
Le sorti del Libano sono in balìa di entità locali e internazionali che fanno le veci dello Stato, anche se, sulla carta, solo lo Stato stesso, che gode di legittimazione internazionale, ha l’autorità costituzionale per siglare accordi o dichiarare guerra ad altri Stati.
Non solo l’Iran per il tramite di Hezbollah sembra trattare il Libano come una propria pedina, strumentale ad espandere la sua influenza nella regione, ma le mozioni di qualunque Paese terzo abbia interessi in Libano incidono quotidianamente negli affari interni del Paese.
In una recente visita a Beirut, il ministro iraniano degli Affari Esteri Amir Abdollahian ha ribadito che Teheran continuerà «a supportare la Resistenza (di Hezbollah) in Libano, in quanto la sicurezza del Libano è la sicurezza stessa dell’Iran e dell’intera regione». Peraltro, pochi giorni dopo, il governo iraniano ha fatto sapere che «non parteciperà alla ricostruzione del Sud del Libano» quando gli scontri tra Hezbollah e Israele cesseranno.
I Paesi del Quintetto
Dal canto loro, gli ambasciatori in Libano di USA, Francia, Arabia Saudita, Egitto e Qatar si sono recentemente costituiti in un comitato, il cosiddetto Quintetto, volto a trovare un accordo con i partiti libanesi per una rapida elezione del Presidente della Repubblica, che non sia però il candidato proposto dal duo sciita Hezbollah-Amal.
Secondo fonti diplomatiche, il comitato sta incontrando il Primo Ministro facente funzioni Najib Mikati e l’attuale Capo di Stato Maggiore dell’esercito Joseph Aoun, candidato alla Presidenza gradito ai Paesi del Quintetto.
Seguirà una riunione a Riad, e non è necessario sottolineare il significato strategico del luogo scelto per l’incontro.
Il comitato starebbe preparando il terreno per la visita dell’emissario francese Jean Yves le Drian, che, prima dell’inizio del Ramadan, dovrebbe tornare a Beirut per raccogliere i frutti del lavoro del Quintetto.
Frattanto, le incursioni delle Forze di difesa israeliane continuano a insanguinare il Sud del Libano e fino all’auspicato cessate il fuoco a Gaza è improbabile che Hezbollah metta fine alle sue azioni ritorsive in Israele. L’esercito libanese, agli ordini di un governo inesistente, non avrebbe in ogni caso le forze per intervenire nell’area e deve lasciare le iniziative belliche totalmente alla discrezione di Hezbollah.
Il contingente di pace UNIFIL di stanza a Naqoura a guardia della Blue Line tra i due Paesi non può fare altro se non monitorare la situazione e offrire nuovi spazi di trattativa.
Se non verrà trovata una soluzione in tempi rapidi, sopra o sotto il tavolo, l’eventualità di un nuovo massacro di civili dopo quello di Gaza non è più così remota.