Papa Francesco ha rilasciato un’intervista alla Radio Televisione Svizzera che andrà in onda il 20 marzo. Ne sono però stati anticipati i brani relativi all’atteggiamento del pontefice verso le guerre attualmente in corso. Ha così suscitato ampio clamore mediatico – con relative polemiche – il brano a proposito del conflitto in Ucraina. Il sito vaticano ha quindi ritenuto opportuno riportare il testo integrale dell’intervista.
La trasmissione – dedicata al colore bianco – ha sollecitato Bergoglio a esprimere sotto diversi profili (il valore del bianco per la Chiesa, il significato delle macchie sul bianco, le ragioni dell’abito bianco del papa ecc.) le sue valutazioni sul tema. In questo quadro l’intervistatore ha posto la questione della «bandiera bianca»: alzarla in Ucraina significherebbe legittimare la prepotenza del più forte? Francesco ha osservato che si tratta di «una interpretazione». Chi la alza, per avviare un negoziato «con l’aiuto delle potenze internazionali», compie un atto non di resa, ma di coraggio, nel caso in cui la popolazione coinvolta nel conflitto si trovi in condizioni catastrofiche.
Interpretazioni
Di fronte alle domande dei giornalisti, la Sala stampa vaticana ha poi precisato che il papa intendeva invitare alla tregua e alla ricerca della pace attraverso le vie diplomatiche. Le parole del portavoce vaticano manifestano la posizione ufficiale della Santa sede. Ma è evidente che non corrispondono esattamente alle espressioni usate dal pontefice. Non a caso le interpretazioni dell’intervista si sono orientate in diverse direzioni.
Alcuni hanno fatto riferimento alla visione geopolitica del pontefice. Staccandosi da un Occidente in cui il cattolicesimo è in regresso e volgendosi in particolare verso l’evangelizzazione della Cina, Francesco si allinea alla posizione dei numerosi paesi, che, senza approvare l’attacco della Federazione russa, disapprovano la linea tenuta dalla NATO sul conflitto nell’Europa orientale.
Altri hanno ritenuto che si trattasse di un rilancio dell’istanza di protagonismo politico della Chiesa cattolica sulla scena internazionale. Il tentativo di mediazione – che aveva trovato espressione nella nomina di un inviato speciale del papa presso le capitali interessate al conflitto – aveva certo ragioni umanitarie, ma, al contempo, collocava Roma al vertice della politica mondiale. Dopo il fallimento di quell’iniziativa, l’odierna proposta di un negoziato appare un’autocandidatura a quel ruolo cui le Nazioni Unite si sono mostrate inadeguate.
Altri ancora hanno pensato a un infortunio diplomatico, che l’intervento della Sala stampa vaticana ha poi corretto. Non sarebbe del resto la prima volta. Il 25 agosto 2023, al momento di ricevere un gruppo di giovani cattolici russi, Francesco ha ricordato come carattere identitario del loro paese la costruzione dell’impero russo di Pietro il Grande e Caterina II.
Come si è subito fatto notare, da quel discorso discendeva la legittimazione delle conquiste russe in Europa orientale e in particolare giustificava il nazionalismo russo, che, a differenza di quello occidentale, non si basa sul popolo, ma sullo spazio.
In linea col pontificato
Ci si può tuttavia chiedere se non esista una diversa interpretazione che, collocando le parole di Francesco nell’itinerario delle sue prese di posizione su pace e guerra, non sia in grado di fornirne una lettura coerente con la linea complessiva del pontificato. A questo proposito conviene seguire, sia pure sinteticamente, lo svolgimento delle sue prese di posizione.
Dopo l’ascesa al governo della Chiesa universale, Bergoglio ha preso atto di quanto la teologia morale aveva ricavato dal Catechismo universale della Chiesa cattolica pubblicato nel 1997. Le condizioni poste per l’unica guerra qui presentata come moralmente lecita – quella per la legittima difesa – erano talmente rigide che ormai era impossibile ritenere eticamente giustificabile il ricorso alle armi in qualsiasi forma. Francesco ha quindi proclamato che, davanti a un conflitto, l’atteggiamento evangelicamente corretto per un credente è la «nonviolenza attiva».
Questo atteggiamento richiede ovviamente un’adeguata costruzione di strumenti di intervento popolare perché, davanti al profilarsi di un’aggressione armata, sia possibile mettere in campo un’azione efficace. Si tratta infatti di spezzare il circolo vizioso della violenza bellica senza per questo consentire alla forza di prevalere sul diritto. Il mondo cattolico non ha fatto granché in questo ambito. Si è così mostrato del tutto impreparato al momento in cui si è profilata nel febbraio 2022 la violazione del diritto internazionale con l’aggressione della Federazione russa all’Ucraina.
Francesco ha allora preso atto di questa situazione. Ha esplicitamente rinviato al successore la pubblicazione di un’enciclica sulla nonviolenza attiva, ha ribadito la necessità di rivedere una ormai inservibile teologia della guerra giusta e ha sottolineato che, intanto, non si poteva fare altro che ricordare la liceità morale della legittima difesa.
Un attacco militare che salta i canali negoziali per risolvere le vertenze è sempre eticamente inaccettabile. Ma il criterio fondamentale per giudicare la liceità morale della legittima difesa è la proporzionalità: il male cui si vuole porre rimedio con il ricorso alle armi deve essere inferiore al male che si provoca con la loro utilizzazione. Mi pare che le parole di Francesco trovino qui la loro ovvia spiegazione.
Interrompere il male, aprire un negoziato
Nell’intervista il papa ha ricordato che la guerra è sempre e comunque una «pazzia». Ha aggiunto che tutti gli attuali governanti, per quanto consapevoli di questa deriva irrazionale, non sono in grado di resistere alle pressioni della spasmodica ricerca del profitto attraverso la continua produzione di armi. In questo contesto, ha posto il problema dell’applicabilità del canone della legittima difesa alla guerra in corso nell’Europa orientale.
Le tragiche condizioni della popolazione ucraina – a più riprese caratterizzate dal papa attraverso l’impiego del vocabolario del martirio – lo hanno indotto a chiedersi se esista ancora proporzionalità tra il male della resistenza armata e il male dell’invasione russa. La risposta del papa è negativa. A questo punto si può richiamare una successiva risposta all’intervista della Radio Televisione Svizzera.
Alla domanda del rapporto del papa con l’errore, Bergoglio ha osservato che tutti facciamo errori in quanto siamo tutti peccatori. Del resto, in altre occasioni il papa ha ammesso di aver dovuto correggere asserzioni sbagliate. Sembra si possa dunque ricondurre anche il giudizio sulla proporzionalità dei mali nella guerra in Ucraina a una valutazione contingente che può essere rivista.
Per il momento, sulla base delle informazioni in possesso del papa, resta la sua considerazione che non sussistono più i presupposti circa la moralità della guerra di legittima difesa. Ciò non vuol dire una legittimazione dell’aggressione russa e tanto meno una resa all’invasore. Bergoglio ha chiaramente detto che occorre un’iniziativa internazionale per avviare un negoziato, che ponga termine alle sofferenze della popolazione.
Una volta raggiunta questa condizione essenziale, toccherà alle trattative stabilire le condizioni per una coesistenza in cui dirimere le varie questioni politiche sul tappeto. Il punto cruciale è l’interruzione di un male sproporzionato al ripristino con la forza delle armi del diritto violato. Il nuovo ordine internazionale, giuridicamente garantito dalle potenze promotrici del negoziato, sarà frutto del dialogo.
Se le cose stanno così, come sembra di poter arguire dal cammino compiuto da Bergoglio sul tema della guerra e della pace, si può replicare a quanti dubitano, già preparando il conclave, delle sue condizioni di salute con una sua frase: si governa la Chiesa con la testa e non con le gambe.
Nessun grande uomo e’ grande in tutto . Bergoglio certo non e’ tagliato per la diplomazia,c’ modo e modo di dire le cose ,bisogna cercare di dirle senza fare gaffe: : all’ inizio diede del ” chierichetto di Putin” al Patriarca Kirill, oggi parla di ” bandiera bianca” ai super-nazionalisti ucraini. Insomma la diplomazia vaticana deve correre ai ripari in continuazione ,ogni volta che parla …..
Il Papa ha sempre ragione… Non lo pretende nemmeno la sana dottrina della Chiesa Cattolica Romana.
Io non credo assolutamente nell’infallibilità del Papa, ma per chi segue integralmente la dottrina cattolica, sussiste come dogma. Infallibile o non infallibile il Pontefice ha solo chiesto la pace e non mi pare questo possa essere deprecabile; lo sarebbe semmai non lo facesse. Che bell’erede di Cristo sarebbe se dicesse “armatevi e partite”? Non si può essere cristiani senza porgere l’altra guancia. Il martirio è il culmine di questa accettazione passiva la cui forza è straordinaria. La violenza si deve contrastare con la non violenza; in molti ce lo hanno mostrato. Il loro esempio perdura. Non perdura, invece, la memoria di conflitti risolutivi: l’odio e la violenza si autoalimentano in una ricorsività infernale, senza soluzione, senza uscita, senza futuro.
Guardi che la legittima difesa fa parte da sempre, ed anche oggi, della visione del mondo dei cristiani.
Si può tentare di giustificare il Papa in tanti modi. Personalmente, ritengo che la cosa migliore sia applicare la sua tanto invocata misericordia per scusarlo di una poco considerata “voce dal sen fuggita”… Perché altrimenti ci si potrebbe persino indignare per un appoggio dato al dittatore e la spallata a un popolo ingiustamente assalito, per di più in un momento in cui è più debole sia nel fronte interno che in quello internazionale. Bello fare la pace condannando una nazione a una duratura soggezione e alla illiberta
Ma scusarlo di cosa? Scusarlo perché chiede la pace? Perché chiede che decine o centinaia di migliaia di innocenti non vengano in qualche modo trucidati dalle bombe, spenti dalla fame o dalla malattia? Perché spera che possano tornare a vite degne di tale nome, fatte di una casa, un lavoro, scuole, ospedali e tranquillità? Sono tutti gli altri che dovrebbero scusarsi, anzi molto di più, dovrebbero con le loro stesse mani sistemare il danno prodotto dagli interessi, che non sono mai unilaterali. Il suo discorso è abbastanza classico, proprio di un perbenismo scostante la sofferenza, proprio dei contesti agiati dei nostri paesi, di chi guarda solo nel proprio cortile. Calarsi nelle brache degli altri sarebbe una gran cosa.
Interrompere il Male ?
Il male è sempre, altrimenti non esisterebbe il bene. Il male, (e leggetevi De Malo di San Tommaso) non è in se e per se distinto, od il contrario del bene come il buio sia il contrario della luce, invece che la sua privazione, altrimenti spegnendo una luce forte in una stanza il corrispondente buio dovrebbe essere più buio e non identico allo stesso buio che si provoca quando si spegne una luce più debole. Il male e connesso ed avanza nella sua intensità parallelamente con il progredire del bene e delle virtù delle quali sono e saranno maggiormente capaci gli uomini. Perciò il male sarà tanto più forte quando migliore sarà il mondo (il male della bomba atomica ne è un chiaro esempio quando l’atomo civile è un progresso estremamente utile alla civiltà umana). Il concetto di male è perciò evolutivo e ci sarà sempre, per conseguenza della specializzazione umana uguale come, in esempio, la giraffa che riesce più degli altri animali a mangiare nei rami alti degli alberi però poi non è in grado di abbeverare negli stagni se non con difficoltà. Oppure il piccione che è il più veloce e capace nel volo con le ali, però poi ha due esili gambette per camminare goffamente.
Il male è la difficoltà della giraffa che beve e del piccione che cammina.
Quindi l’auspicio per il Santo Padre è che faccia tornare a volare il piccione ed a mangiare le foglie la giraffa, ma, non facciamoci illusioni, poi succederà di nuovo che dovranno bere,
perciò ogni sua intenzione secondo me è positiva, se ,anche con coraggio, è certamente tempo di una iniziativa per uno negoziato di pace specifico basato in concreto su ciò che hanno sviluppato gli eventi, poiché la giraffa non può per lungo tempo stare piegata nello stagno ed il piccione a terra.
Difatti la Chiesa si governa con la testa e non con le gambe, e men che meno quelle oppostamente spropositate della giraffa e del piccione.
1. “Quello che dice il Vaticano” non può avere lo stesso peso di “quello che dice il Papa”: non sono due “poteri” dello stesso livello!
2. Francesco è coerente con se stesso: la guerra è sempre un crimine e non deve essere il mezzo per risolvere i dissensi tra gli stati.
3. La frase “occorre coraggio…” vale per tutti, anche per la Russia che credette di risolvere la questione con una passeggiata e dopo due anni è ancora lí
4. Non è forse migliore, come mezzo di risoluzione del conflitto e di tutti i conflitti, la trattativa possibilmente preventiva che non migliaia di morti, distruzioni, sofferenze di ogni tipo, povertà, ecc. ecc.?
5. È così difficile capirlo e accettarlo?… O si preferisce capire meglio e accettare la produzione di armi e tutto ciò che essa presuppone e comporta?
5. È così difficile capir
Ma un papa, per il suo ruolo, puo’ parlare cosi’ a braccio senza soppesare le parole? Può ‘ un papa non capire che esiste una diplomazia vaticana, che egli e’ il capo dello Stato del Vaticano ,e che lui non puo’ parlare cosi’ d’ impulso vanificando la diplomazia vaticana? Puo’ un papa essere cosi’ egocentrico da rilasciare interviste a destra e a manca in cui dice solo quel che pensa “LUI”? Lui e’ lui perche’ eletto dai cardinali, non perche’ l’uomo Jorge Mario Bergoglio e le sue personali opinioni siano infallibili. Qualcuno glielo dovrebbe fare notare. Altrimenti arriveremo al momento in cui il ” papa dice questo” e ” il Vaticano dice quest’ altro”. Allucinante.
A me non pare che abbia detto nulla di diverso dal solito o dai suoi predecessori. Ha detto solo che davanti ad un crescendo di distruzione saper aprire un negoziato non è una resa ma un atto di coraggio.
E vale anche per Russia o Hamas sinceramente. Non ha parlato solo del conflitto ucraino, ha spostato la domanda dell’intervistatore su un piano più generale.
Non ha detto nulla di diverso da quanto avrebbe detto Giovanni Paolo II o Benedetto XVi.
Se si scambia tra credenti, allora, bisognerà riconoscere che l’elezione del Papa non è “umana”, ma per tramite umano, ovvero dallo Spirito Santo che perfonde il conclave. Se questo assunto è accettato, allora, per un credente le affermazioni del Papa hanno una derivazione alta e non provengono dall’uomo. Ognuno è libero di credere ciò che vuole, ma questa è la logica. Non si può definirsi credenti se non si accetta anche quello che non garba, perché allora si ricerca nella guida una convergenza ideologica con il proprio sentire ed una razionalità umana, piuttosto che divina. Se si crede si deve accettare e ci si deve fidare, soprattutto, di ciò che non si comprende. Diversamente siamo liberi battitori che hanno certamente un credo, magari profondissimo, ma non appartenente alla Chiesa Cattolica Romana.
Calma.
La politica internazionale non è magistero.
E le opinioni del papà date come dottore privato non impegnano nessuno.
Sennò qua staremmo freschi a rincorrere ogni opinione del papà regnante al momento.
E, infine, dato che i papi ultimamente si contraddicono fra loro, e pure contraddicono se stessi, continuamente allora come potremmo credere all’infallibilità di tutti?
Una cosa è certa: da una guida spirituale penso sia ragionevole attendersi una via alla pace dello spirito, che certamente non si può trovare nella conflittualità di qualsiasi genere. Personalmente ho sempre pensato che uno dei problemi strutturali della Chiesa sia proprio la commistione dei poteri, che è sempre imbarazzante e difficile da gestire, tanto più in situazioni così complesse. Vedo in Francesco una guida morale, non mi attendo e non mi interessa sia bravo a gestire lo stato Vaticano come farebbe un buon politico. Per me è fondamentale chieda a viva voce la pace, in ogni modo percorribile; le altre manovre le facciano i politici e gli strumenti di informazione al loro servizio.