Reazione a caldo, dopo la visione del film La zona d’interesse.
Ossessiva la non musica di fondo che accompagna i silenzi e i falsi momenti di inutile gioia. A volte anche a commento delle ciminiere fumanti di sfondo. Monocorde colonna sonora che si configge nell’anima e che si è obbligati a portare con sé. Con la speranza che certe cose non succedano più.
Le molteplici zone d’interesse però inquietano tuttora.
Nella varietà delle tante simbologie presenti nel film, ho inseguito un mio angolo di lettura. Oltre alla non musica di fondo, le feste, il cane nero, i bambini e la capigliatura di Rudolf.
Tutti i graduati intenti a costruire e eseguire progetti con il relativo “lo farò” a mano tesa, le feste con brindisi, i balli e chiacchierate varie per non fare riflessioni complesse e sentire pulsioni umanamente importanti.
Il cane nero, grande e grosso, che non sa dove collocarsi e chi seguire. Si aggira alla ricerca di qualcosa che ne valga la pena. Spesso le porte gli vengono chiuse. Sembra essere l’unico sanamente inquieto.
I bambini costretti a imitare le incongruenze degli adulti col saluto a mano tesa, il gioco del tamburello che produce colpi di pistola, uditi nel giardino di casa. Un gioco nella loro unica zona d’interesse. Educati a conoscere la varietà dei fiori e a gioire nella piscina del giardino, per non sentire l’ossessiva non musica di fondo e le ciminiere poco oltre il muro di cinta.
Quel giardino delimitato dal muro che impedisce di vedere! A memoria di tutti i muri, costruiti per separare e per non far vedere.
E l’adolescente a cavallo, che apprende l’amore per l’animale, la gioia del comando e l’illusione di essere grande perché sta più in alto degli altri!
Attenzione, I bambini ci guardano ci ricordava Vittorio De Sica nel suo film del ’44.
E poi la capigliatura di Rudolf. A questo punto, sapendo di correre il rischio di essere moralista da quattro soldi, alcune considerazioni che mi vengono di getto. Quando incontrerò qualcuno rasato alla stessa maniera, mi verrà in mente Rudolf de La zona d’interesse.
Ognuno della sua testa può fare quello che desidera. Quando si tratta di capelli. Un po’ meno quando si tratta di idee.
Che tristezza vedere Rudolf esprimere i suoi affetti al cavallo delle sue prepotenze! Può lasciare da sola la moglie per andare a dirigere il campo degli orrori, ma non il suo cavallo che lo fa sentir grande.
Mi auguro che la sua veloce discesa dalle scale e i tre conati di vomito dell’ultima scena facciano capire che essere efficienti fisicamente – possibilmente di razza ariana – è drammaticamente preoccupante. Fa dimenticare tutto quello che sta oltre i muri di tutti i tempi.
Quando si perdono le dimensioni umane, si diventa assurdi.
Non so se esiste una ragione logica, ma a me è venuto in mente il generale Vannacci. Generale dell’esercito, con la speranza che le sue idee non diventino di… generale condivisione.
In democrazia vale la libertà di esprimere la propria opinione, e anche di contestarla, invito SettimanaNews a continuare a dare spazio a tutti coloro che esprimono le proprie idee in modo corretto.
Il film è molto potente e va visto. E credo che sia un buon punto di partenza per evidenziare a quali conseguenze possono portare le idee non rispettose della dignità altrui.
Per quanto io possa non condividere le idee di Vannacci, credo che un articolo di questo tipo non debba essere pubblicato su un giornale di informazione religiosa. Anzitutto è un attacco personale e poi non elabora la sua tesi timidamente implicata, peraltro piuttosto pesante visto che si tira in ballo Auschwitz. Infine, credo che in ultima analisi questo articolo non colpisca nel segno anche mettendo da parte Vannacci: si parla di idee ma i protagonisti de La zona d’interesse non sono ideologi, sono burocrati e opportunisti. Le idee alle quali aderiscono sono dettate dall’alto e vissute con la mediocrità tipica di chi pensa solo al proprio orticello. E’ proprio questo il messaggio del film: il male più indicibile può essere operato da persone attaccate a valori come la famiglia, il lavoro e il rispetto della natura (la cosiddetta banalità del male).
Invito SettimanaNews a rivedere la sua linea editoriale.
Condivido quanto affermato dal signor Fabio. Le discutibili idee di Vannacci vanno analizzate smontate in modo razionale prendendole sul serio, non con mezze suggestioni filmiche