Canada: l’autismo tra le cause di suicidio assistito

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Lo scorso 2 aprile è stata la Giornata per la sensibilizzazione sull’autismo, un evento che consente di dare visibilità ai 75 milioni di persone stimate entro lo spettro autistico in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, a un bambino su 36 verrà diagnosticata questa sindrome neurologica e comportamentale che dura tutta la vita.

La Giornata per la sensibilizzazione sull’autismo non solo aiuta coloro che rientrano nello spettro autistico a uscire dalla invisibilità, ma porta anche l’attenzione della opinione pubblica sulle priorità sociali e culturali per affrontare i loro bisogni specifici, molti dei quali sono ancora significativamente sottofinanziati. Per una persona autistica, crescere nelle nostre società comporta rilevanti ostacoli educativi, sociali ed emotivi per sé e per la propria famiglia. Circa il 40% dei bambini con autismo è non verbale e il 75% degli adulti non è riuscito a trovare lavoro.

Quest’anno la Giornata per la sensibilizzazione sull’autismo è stata particolarmente degna di nota a motivo di una preoccupazione nuova che fa seguito alla decisione di un tribunale canadese, con la quale è stata oltrepassata una soglia deplorevole, anche se prevedibile. Per la prima volta, infatti, una giovane donna – identificata nei documenti del tribunale come M.V. – ha chiesto e ottenuto dal sistema sanitario canadese di essere ammessa al trattamento di morte medicalmente assistita sulla base della sua diagnosi di autismo.

Oggi in Canada le persone che pongono fine alla loro vita con l’approvazione e l’assistenza dello Stato rappresentano il 4,1% dei decessi nel Paese, e il sistema è stato ampliato per includere persone essenzialmente sane ma incapaci di trovare un trattamento soddisfacente per le loro difficoltà psicologiche. Si è giunti a includere anche persone disabili che non state in grado di trovare un alloggio adeguato.

Il padre di M.V., identificato dal tribunale come W.V., ha tentato una causa per evitare la morte della figlia. A dicembre due medici hanno esaminato la richiesta di M.V. di essere ammessa al suicidio medicalmente assistito: uno ha accettato di firmare la richiesta, l’altro ha rifiutato. Il terzo medico a cui M.V. si è rivolta, e che ha accettato di approvare la richiesta, secondo il padre «non era indipendente o obiettivo», mentre la stessa M.V. − sempre a giudizio del padre − «è vulnerabile e non è in grado di prendere la decisione di togliersi la vita».

Secondo quanto riportano i media canadesi, il giudice avrebbe riconosciuto il «profondo dolore» cui W.V. andrà incontro con la morte della figlia, ma ha stabilito tuttavia di procedere con l’esecuzione della richiesta di morte assistita. «La dignità e il diritto all’autodeterminazione di M.V. superano le questioni pur importanti sollevate da W.V. e il danno che egli subirà nel perdere M.V.», ha scritto il giudice, concludendo che «gli interessi di autonomia e dignità di M.V. superano le considerazioni concorrenti». «Se venisse accolta un’ingiunzione il danno arrecato a M.V. toccherebbe il cuore del suo essere», ha scritto. «La scelta di vivere o morire con dignità spetta solo a M.V.».

Il giudice ha comunque concesso una sospensione di 30 giorni della sua decisione, in modo che il padre possa portare il caso alla Corte d’appello dell’Alberta. M.V. vive con il padre ed è stata ammessa per la prima volta al trattamento di assistenza medica alla morte lo scorso mese di dicembre. Anche il suo avvocato ha affermato che l’amore del padre per la figlia «non gli dà il diritto di tenerla in vita contro la sua volontà».

Il caso varca una soglia etica per il Canada, ma l’idea di porre legalmente fine alla vita di una persona solo in ragione di una diagnosi di autismo non è nuova. L’interruzione della vita autorizzata dallo Stato è legale nei Paesi Bassi dal 2001. In Olanda la maggior parte di coloro che scelgono di porre fine alla propria vita soffre di cancro in fase terminale. Perché la richiesta sia ammessa, la legge stabilisce che siano rispettati sei criteri di «cura dovuta» (due care), tra cui una condizione di «sofferenza insopportabile senza prospettive di miglioramento».

Ma uno studio britannico, pubblicato nel maggio del 2023, ha rivelato che almeno 39 persone nei Paesi Bassi sono state ammesse alla procedura di assistenza medica alla morte a motivo, esplicitamente indicato, di una disabilità mentale o di una condizione di autismo. Tra questi vi sono 5 persone sotto i 30 anni, i quali hanno portato l’autismo come unica o una delle principali ragioni per chiedere l’eutanasia. Per trovare questi 39 casi di suicidio assistito per autismo o disabilità mentale sono stati esaminati nello studio solo 929 casi di morte assistita. Ciò significa che il numero reale è probabilmente molto più alto, tenendo conto che tra il 2012 e il 2021 quasi 60.000 persone sono state uccise su loro richiesta, stando al comitato di revisione dell’eutanasia del governo olandese.

Le ragioni per la richiesta di eutanasia nei 39 casi di cui sopra includono l’isolamento sociale e la solitudine (77%); la mancanza di resilienza o di strategie di reazione in una condizione sfavorevole (56%); la mancanza di flessibilità, ovvero la presenza di forme di «pensiero rigido o di difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti» (44%); una «eccessiva sensibilità agli stimoli» (26%). In altre parole, si è scelto di porre fine alla propria vita di fronte ai «normali» problemi di persone con autismo. È possibile che società avanzate come l’Olanda, il Canada e altre trasmettano ai loro adolescenti e ai loro giovani l’idea che i problemi comuni associati all’autismo sono insopportabili?

Irene Tuffrey-Wijne, specialista in cure palliative presso la Kingston University di Londra, è una delle autrici dello studio. «Non c’è dubbio che queste persone soffrissero», ha affermato Tuffrey-Wijne. «Ma la società è davvero d’accordo nel trasmettere questo messaggio, ovvero che non c’è nessun altro modo per aiutare queste persone e dunque è meglio che muoiano?».

Chi ha delle persone care nello spettro dell’autismo non può che rimanere inorridito di fronte a tale prospettiva, anche se conosce molto bene quali sfide i giovani con autismo devono affrontare e la solitudine e la disperazione, a volte schiaccianti, che si possono sperimentare. Il mondo non è fatto per le persone con autismo, né è particolarmente attento o disposto ad adattarsi alle esigenze della loro sindrome neurologica. Gli adolescenti con autismo hanno una probabilità sei volte maggiore rispetto ai loro coetanei di tentare il suicidio e due volte più alta di riuscirci. Questi suicidi sono causa di rammarico e dolore negli USA e altrove, almeno per ora. Ma giustificando l’assistenza dello Stato al suicidio per le difficoltà che sorgono a motivo dell’autismo quanto ci vorrà prima che bambini e adolescenti recepiscano il messaggio? Quanto ci vorrà a credere che sia socialmente accettabile, e forse addirittura opportuno, arrendersi alla propria disperazione e al proprio isolamento e porre fine alla propria vita?

La maggior parte dei Paesi non sta facendo abbastanza per aiutare le persone con autismo a integrarsi nella società. E se il numero di bambini con autismo continuerà a crescere, i costi personali e sociali aumenteranno. Dunque, per dirlo chiaro e tondo, la «misericordia» medicalmente assistita promette di essere un enorme risparmio per il sistema sanitario e per i servizi sociali in Canada, mentre il Paese si impegna a sviluppare sempre di più il programma di interruzione assistita della gravidanza.

Supponendo che venga mantenuto solo l’attuale e insufficiente status quo nel servizio sociale, l’assistenza per l’autismo potrebbe costare agli Stati Uniti fino a 460 miliardi di dollari all’anno già entro il 2025. Quanto ci vorrà prima che i politici statunitensi inizino a guardare con invidia a tutti questi risparmi a Nord del confine?

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7 Commenti

  1. Marina Umbra 8 aprile 2024
    • anima errante 8 aprile 2024
  2. Adelmo li Cauzi 8 aprile 2024
    • Anima errante 8 aprile 2024
      • Adelmo li Cauzi 8 aprile 2024
  3. Paola 7 aprile 2024
    • anima errante 8 aprile 2024

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