Chiesa, femminismo e maternità surrogata

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neonato

Uno dei punti più discussi del recente documento della Congregazione per la dottrina della fede Dignitas infinita (cf. qui su SettimanaNews) è stata la presa di posizione contro la pratica della maternità surrogata o gestazione per altri (GPA), attraverso la quale «il bambino diventa un mero oggetto». Nel testo si cita anche papa Francesco, secondo cui essa «è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre» e che auspica «un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica».

Dure le reazioni negative. «Dire che chi ricorre alla gestazione per altri considera i bambini come oggetti è svilente. E lo trovo un’offesa personale», ha commentato Andrea Rubera, portavoce dell’associazione cristiana LGBT «Cammini di speranza» e papà di tre bambini avuti con la GPA.

Altruismo o business?

Alla gestazione per altri, in realtà, ricorrono più spesso coppie etero con problemi di sterilità. Ma per quelle gay, ovviamente, essa è l’unico modo di avere dei figli. Secondo Giuseppina La Delfa, figura storica di militante per i diritti degli omosessuali e fondatrice delle «Famiglie Arcobaleno», si tratta di una conquista fondamentale:

«Secondo me, il desiderio di genitorialità è un desiderio umano presente in ogni persona (…). Noi persone omosessuali per troppo tempo abbiamo dovuto rinunciare a essere genitori, non per indole personale ma perché ci era in qualche modo imposta una sterilità sociale obbligatoria. È stata difficile da combattere per tanto tempo ma, per fortuna e grazie a Famiglie Arcobaleno, oggi tante persone omosessuali che desiderano avere figli riescono a concretizzare quel loro desiderio di famiglia».

Questo grazie a una donna che provvede alla gestazione, cedendo in anticipo alla coppia committente, con un apposito contratto, il bambino. Sottoponendosi a una serie di regole di alimentazione e di comportamento, rigidamente previste nello stesso contratto, per tutelare la salute del nascituro. La fecondazione può essere effettuata con spermatozoi e ovuli sia della coppia sterile, sia di donatori e donatrici mediante concepimento in vitro.

È possibile trovare su Internet la pubblicità delle agenzie specializzate che cercano donne in giovane età e con particolari caratteristiche fisiche disposte a prestarsi a questo scopo. La motivazione ufficiale è di solito di fare un gesto di altruismo. «La maternità surrogata non si fa per il profitto, la tua motivazione deve essere solo il desiderio di aiutare gli altri!», si legge, ad esempio, cliccando su X l’annuncio pubblicato dal British Surrogacy Centre.

Su questa linea, l’Associazione Luca Coscioni – nel marzo del 2023 – ha presentato una proposta di legge volta a disciplinare una forma di gravidanza altruistica. Come spiega la segretaria nazionale dell’Associazione, Filomena Gallo, «resta il divieto di Gestazione per altri commerciale in conformità con il quadro normativo italiano ed è previsto il rimborso delle sole spese che riguardano la gravidanza».

Per contro, c’è chi non condivide questa esaltazione della gratuità. Secondo la stessa La Delfa,

«desiderare una GPA altruistica e senza scambi di denaro non solo è mostrare di vivere al di là del mondo reale, ma è anche un’opzione estremamente pericolosa: è solo dare l’opportunità ai delinquenti e criminali di ogni genere di schiavizzare davvero le donne e usare i loro grembi a fine di lucro. Che le femministe non lo capiscano mi è del tutto incomprensibile».

Per lei, insomma, «la gratuità è una grande menzogna: c’è un prezzo da pagare per qualsiasi cosa, e il denaro non è sporco specie se serve a dare gioia e felicità».

Il costo del figlio “perfetto”

In effetti, basta andare sulla rete per rendersi conto che siamo davanti alla logica di qualunque prestazione commerciale. Se si scorre la pagina del British Surrogacy Centre sopra citata, si scopre che la «madre surrogata» può guadagnare da 25mila a 40mila dollari per la sua prestazione.

Alla stessa logica si ispirano i siti che offrono questa pratica alle coppie. Su uno di essi, «Success», si legge:

«Noi offriamo programmi di maternità surrogata e donazione di ovociti, sperma ed embrioni, che siamo pronti ad avviare subito senza lista d’attesa, ai prezzi accessibili, con la garanzia della qualità e del successo».

Non è la terminologia del dono, ma quella del mercato.

Così, negli USA, dove la GPA è legale in diversi Stati, ci sono centri medici che garantiscono agli aspiranti genitori la possibilità di scegliere – sulla base di un catalogo in cui vengono raccolte le caratteristiche fisiche ed estetiche delle possibili donatrici di ovuli – il colore degli occhi, dei capelli e della pelle del figlio che si desidera avere.

«A seconda della quantità e della complessità di scelte, il costo per la scelta del figlio “perfetto” varia: si parte da una base di 140 mila euro fino ad oltre 250 mila euro per un pacchetto super completo». Ormai, però, la pratica è diffusa in tutto il mondo e si espande velocemente. «Una stima del Global Market Insights, di dicembre 2022, valuta il mercato mondiale in 14 miliardi di dollari e stima che, entro il 2032, arrivi a 129 miliardi di dollari».

E il mercato, inesorabilmente, si basa sui meccanismi di un’offerta e di una domanda determinate dal bisogno. Non a caso, per quanto riguarda la prima, sono spesso i paesi più poveri a dare la disponibilità per questa pratica. In Europa, sono Ucraina, Grecia e Georgia le nazioni dove la maternità surrogata è più ampiamente praticata.

Il dibattito interno al movimento femminista

Si capisce, allora, perché, in realtà, non sia solo la Chiesa ad essere molto critica nei confronti della maternità surrogata.

Nel febbraio del 2016 si è tenuto in Francia un convegno per l’Abolizione universale della maternità surrogata («Assises pour l’Abolition universelle de la GPA»), organizzato da Sylviane Agacinski, voce storica del femminismo francese. La Agacinski usava già allora espressioni molti simili a quelle che poi avrebbe ripreso la Dignitas infinita:

«È stupefacente, e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini. Per di più, l’uso delle donne come madri surrogate poggia su relazioni economiche sempre diseguali: i clienti, che appartengono alle classi sociali più agiate e ai Paesi più ricchi, comprano i servizi delle popolazioni più povere su un mercato neo-colonialista. Inoltre, ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana. Ma si tratta giuridicamente di una persona e non di una cosa».

Anche in Italia una nota esponente femminista come Luisa Muraro, filosofa e fondatrice della «Libreria delle donne» di Milano, ha preso una posizione duramente negativa:

«Non esiste un diritto di avere figli a tutti i costi, eppure ce lo vogliono far credere (…). L’utero in affitto si innesta in questa tendenza (…). È la strada attuale per lo sfruttamento del corpo delle donne».

Nel dicembre 2015, l’Associazione femminista «Se non ora quando» ha lanciato un appello contro la maternità surrogata. A sottoscriverlo sono state persone dello spettacolo, come Stefania Sandrelli e Claudio Amendola, intellettuali come Giuseppe Vacca e Dacia Maraini, rappresentanti dell’associazionismo.

«Noi rifiutiamo», diceva il testo «di considerare la “maternità surrogata” un atto di libertà o di amore (…). Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione».

Su questa linea si pone la petizione intitolata «La maternità surrogata è una pratica che offende la dignità delle donne e i diritti dei bambini», rivolta al parlamento italiano, alla fine di maggio 2023, dalla rete No GPA, coordinata da Aurelio Mancuso, ex segretario Arcigay.

Il documento porta le firme di centinaia di persone appartenenti agli ambiti sociali e politici più disparati: psicologi, filosofi, avvocati, docenti universitari, imprenditori, amministratori. Ci sono figure di primo piano del femminismo, come Adriana Cavarero, Francesca Izzo, Alessandra Bocchetti, personalità politiche come Pierluigi Castagnetti e Goffredo Bettini, esponenti dell’associazionismo come Flavia Franceschini, Segreteria ArciLesbica Milano, e Cristina Gramolini, presidente ArciLesbica nazionale, persino attiviste di Resistenza Femminista.

Nell’appello si ricordano le sentenze n. 272 del 2017 e n. 33 del 2021 della Corte costituzionale, secondo le quali «la gestazione per conto di altri (…) offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, assecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo, spesso a scapito delle donne maggiormente vulnerabili sul piano economico e sociale».

In questa luce sembra ingiusta l’accusa, rivolta da molti alla Dignitas infinita, di essere una obsoleta forma di chiusura al nuovo.

Paradossalmente, su questo punto, essa rappresenta piuttosto una difesa, al fianco di qualificati movimenti femministi, dei diritti delle donne. Assolutamente in linea con la condanna, contenuta nello stesso documento, di ogni forma di violenza nei loro confronti. Perché forse anche ridurre il corpo femminile a una incubatrice è una violenza – Marx aveva parlato di «reificazione» (riduzione a res, a «cosa») dell’essere umano –, anche se questa la società capitalista ci ha così abituato da farcela considerare una forma di progresso.

  • Dal sito della Pastorale della cultura della diocesi di Palermo (tuttavia.eu), 12 aprile 2024
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5 Commenti

  1. Giovanni Di Simone 15 aprile 2024
  2. Adelmo li Cauzi 15 aprile 2024
    • Anima errante 15 aprile 2024
      • Adelmo li Cauzi 15 aprile 2024
      • Fabio 16 aprile 2024

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