«Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli». Sono sollecitazioni solenni dell’esortazione apostolica Laudate Deum di papa Francesco, pubblicata a otto anni dall’enciclica Laudato si’.[1]
Un “pressante” invito – significativamente insistente negli ultimi dieci anni – a smetterla con le “prese in giro”, soprattutto con esortazioni che non abbiano reali e constatabili effetti. Bisogna drammaticamente ammettere, insomma, che siamo di fronte a un tema universale, che richiede idee e gesti urgenti, non più rinviabili.
Tutto ciò era detto dal papa anche in vista della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Dubai (COP 28), che si è poi chiusa mercoledì 13 dicembre 2023 con un accordo e un obiettivo, approvato nella seduta plenaria: mantenere l’impegno di limitare l’incremento della temperatura globale entro 1,5 °C.
Dopo Dubai, nel dicembre 2023, il Ministro italiano per l’ambiente e la sicurezza energetica ha dovuto, tuttavia, parlare ancora in termini di «compromesso raggiunto come bilanciato e accettabile per questa fase storica, caratterizzata da forti tensioni internazionali che pesano sul processo di transizione»; insomma “il miglior risultato possibile”; certamente, non ancora l’auspicata soluzione del problema ambientale.
Accorate preoccupazioni per la casa comune
Quelle battute di esordio dell’esortazione apostolica Laudate Deum erano state scritte dal papa qualche mese prima della COP 28, allo scopo di ribadire – come si espresse – «le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune».[2]
Trattandosi di un problema sociale globale, dal pontefice dichiarato intimamente legato alla dignità della vita umana, si chiarisce non soltanto il perché, ma la pertinenza e il senso di quel rilevante intervento del magistero. Il tutto nell’orizzonte di un vero e significativo “punto di svolta”, che gli economisti cristiani hanno più volte segnalato nell’insegnamento sociale della Chiesa dei nostri giorni.
Non è un’invasione di campo (siamo, infatti, nell’ambito della dottrina sociale della Chiesa, su cui ha pertinenza il magistero della Chiesa); né si vuole soltanto, per così dire, “strizzare l’occhio” alle attuali proposte mondiali ed europee per una green economy, peraltro non ignote al pontefice, che ricordava esplicitamente la Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, affermando autorevolmente che essa «ha portato all’adozione della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), un trattato che è entrato in vigore quando sono state raggiunte le necessarie ratifiche da parte dei Paesi firmatari nel 1994. Questi Stati si riuniscono ogni anno nella Conferenza delle Parti (COP), il più alto organismo decisionale. Alcune sono state un fallimento, come quella di Copenaghen (2009), mentre altre hanno permesso di compiere passi importanti, come la COP3 di Kyoto (1997). Il suo prezioso Protocollo è quello che ha fissato come obiettivo la riduzione delle emissioni complessive di gas serra del 5% rispetto al 1990. La scadenza era il 2012, ma evidentemente non è stata rispettata».[3]
La “verde Europa” alla vigilia di una tornata elettorale
Dal pensiero sociale della Chiesa, quindi, proviene un forte impulso per un tema e un ambito, che oggi riemerge significativamente nel dibattito pre-elettorale. La Commissione europea ha già adottato una serie di proposte per rendere le politiche dell’UE in materia di clima, energia, trasporti e tassazione, idonee a ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
Si parla, così, del Green Deal europeo, presentato anche come l’àncora di salvezza per uscire definitivamente dalla pandemia da Covid-19. Siamo davvero di fronte ad un ri-emergente spunto per l’attuale discussione politica ed elettorale. Del resto, un terzo dei 1.800 miliardi di euro di investimenti del piano di ripresa NextGenerationEU e del bilancio settennale dell’UE finanzieranno, appunto, questo Green Deal europeo.
Gli interrogativi sono ancora tanti: come e con chi attuare politiche che salvino vite umane, riducano i costi e proteggano la prosperità? Chi gestirà le preoccupazioni di molti europei in seguito alle temperature record e agli eventi meteorologici estremi registrati lo scorso anno? Chi e come renderà l’Europa climaticamente “neutra” entro il 2050, rilanciando l’economia grazie alla tecnologia verde, creando industrie e trasporti sostenibili e riducendo l’inquinamento?
La posta in gioco, su cui occorrerà rispondere nel dibattito politico, è davvero quella di trasformare le sfide climatiche e ambientali in opportunità, in vista di una transizione giusta e inclusiva per tutti e tutte. E tutto ciò valutando, tuttavia, che la portata della sfida non è la stessa per tutti gli europei, se si considera che le regioni dipendenti dai combustibili fossili e dalle industrie ad alta intensità di CO2 (si tratta di ben 17 Stati membri!) saranno particolarmente colpite e subiranno una profonda trasformazione economica, ambientale e sociale.
Non soltanto cambiamenti di etichette
Il 26 febbraio 2021 anche il nostro Consiglio dei ministri approvò il decreto legge “Ministeri” (è legge dal 16.12. 2022), che riorganizzava competenze e strutture di alcuni dicasteri e sanciva ufficialmente la nascita del Ministero della Transizione ecologica (Mite), che sostituisce il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Transizione ecologica è la nuova parola d’ordine, in Italia, in vista del nuovo coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione politica, economica e sociale.
Numerosi i temi e i nodi in discussione: si va dall’acqua (incombono i rischi di una guerra planetaria per questa risorsa essenziale), all’amministrazione ambientale marittima, dalle aree naturali protette all’aria. Il tutto con rilevanti conseguenze bioetiche, sociali ed economiche, che interpellano la dottrina sociale cattolica.
Diventano sempre più urgenti e centrali i temi della biodiversità e della biosicurezza, degli OGM e dell’accesso equo alle risorse genetiche, delle bonifiche e del clima, per non dire dell’economia circolare, della Green Economy, della transizione ecologica. Il tutto con notevoli riverberi sul piano educativo e formativo (educazione ambientale, formazione universitaria), anche per disinquinare la casa comune a livello acustico, elettromagnetico, chimico, radioattivo.
Non è un caso che tutte le formazioni politiche – si rendano oggi ben conto che gli spostamenti degli elettori del prossimo giugno passeranno anche per la piena neutralità climatica, la fine dell’uso del carbone, del gas fossile e del petrolio, i biocarburanti, gli incentivi all’energia solare, idrica, eolica e geotermica (energie rinnovabili).
C’è da chiedersi, con spirito critico, se e quali pericoli si annidino nella promessa della nuova trasformazione verde e. in particolare, se e come essa possa essere motore di un progresso sostenibile, senza nuove forme di povertà.
È facilmente prevedibile, in proposito, che il tema della giustizia e dell’equità sociale accompagni il dibattito politico e culturale per tutto il processo di transizione, dal momento che – ad esempio – il passaggio al digitale richiederà forza lavoro altamente specializzata, con il rischio di lasciare fuori dal “Nuovo mondo” tanti lavoratori, se non assistito da un programma di istruzione, formazione e qualificazione.
Ancora: il nuovo corso riuscirà a colmare il divario sociale nell’accesso agli strumenti digitali, o finiranno per nascere nuove povertà mentre si acuiscono le vecchie?
Non c’è poi forse il pericolo che la produzione industriale decarbonizzata produca costi più alti e renda quindi concorrenziali i prezzi dei prodotti provenienti da Paesi poveri, come il Brasile, riguardo al quale è considerata da più parti tangibile la possibilità che la deforestazione amazzonica sia implementata per far fronte ad un ulteriore aumento della domanda agricola europea?
Insomma, la transizione verde, per non diventare un boomerang sociale o la camaleontica trasformazione della speculazione finanziaria, dovrà essere accompagnata da politiche di sostegno al lavoro, di formazione alle nuove tecnologie, di tutela delle povertà, di finanza etica, di responsabilità internazionali.
Non reagiamo ancora abbastanza
Se il 4 ottobre 2023, in occasione della festa di san Francesco d’Assisi, patrono dell’ecologia, papa Francesco volle pubblicare la Laudate Deum, lo fece non soltanto per alzare una voce profetica in vista di una rinnovata cura verso la nostra casa comune e gli uni verso gli altri, specialmente i più vulnerabili in mezzo a noi e i futuri abitanti del pianeta Terra. Lo fece pure per sollecitare tutti i credenti a un nuovo impegno sociale, economico e politico.
Non era, questa, una chiara indicazione d’impegno educativo, formativo e catechetico? Se ancora «non reagiamo abbastanza» e se «il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura»,[4] insomma, «non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo».[5]
Se il tempo sta davvero per scadere, sapremo, come credenti in Cristo, svegliarci di fronte alla gravità della minaccia esistenziale alla vita e alla civiltà su questo pianeta che chiamiamo ancora “casa”?
Urge davvero essere responsabili, pensare, agire (e perché no, anche votare) nell’ottica di una visione ecologica integrale, che papa Francesco ha, peraltro, già tratteggiato chiaramente nella Laudato si’. Essa può/deve diventare anche un percorso teologico e catechetico, non solo sistematico, ma anche critico, da seguire sia nelle aule universitarie che nelle parrocchie e nell’insegnamento catechistico.
Il messaggio cristiano può ben dare un’anima ai tanti pacchetti d’iniziative strategiche (avviate dalla Commissione europea nel dicembre 2019, con la successiva “presa d’atto” del Consiglio europeo).
Lo può ben fare, anche aiutando ad appianare le divergenze interne, che si sono concretate nel rifiuto di alcuni Stati ad aderire agli obiettivi del Green Deal, nonché a superare certe diffidenze manifestate dagli Stati dell’Est europeo.
Le visioni ideali, etiche e religiose, sono oggi un efficace aiuto per trovare vie, non soltanto in vista dell’effettiva copertura finanziaria nel bilancio pluriennale 2021–2027 (e nei successivi sino al 2050), ma soprattutto per orientarci nel discernimento delle critiche. Esse sono mosse oggi da chi sostiene che il deal europeo sia poco ambizioso e dotato di scarse risorse rispetto alla produzione economica del vecchio continente e, soprattutto, rispetto alla crisi dell’economia capitalista che, per lungo tempo, ha dominato in un mercato pressoché senza regole.
La gioia della convivenza e della speranza passa, insomma, anche per l’educazione etica e religiosa, che educa ad esercitare un controllo civico sul potere politico europeo, nazionale, regionale e municipale.
Il processo sinodale in corso, peraltro, ci chiede di identificare tutte le vie da percorrere e gli strumenti da adottare nei diversi contesti e circostanze, così da valorizzare l’originalità di ogni battezzato e di ogni Chiesa nell’unica missione di annunciare il Signore risorto e il suo Vangelo al mondo di oggi.
Non è un caso che il Documento della Segreteria Generale del Sinodo, intitolato “Come essere Chiesa sinodale in missione? Cinque prospettive da approfondire teologicamente in vista della Seconda Sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi” (14.03.2024), ci chieda – nel comune cammino insieme verso Cristo – una peculiare sensibilità sinodale nei confronti degli spazi abitabili e dei contesti, ora anche nella direzione dell’ambiente digitale: «Viviamo in un tempo nel quale il rapporto delle persone e delle comunità con la dimensione dello spazio sta mutando profondamente. La mobilità umana, la presenza in uno stesso contesto di culture ed esperienze religiose diverse, la pervasività dell’ambiente digitale (l’infosfera) possono essere considerati “segni dei tempi” che occorre discernere» (V).
E se tornassero i poeti?
«Del fiume fa’ il tuo sangue […]./ Poi piàntati,/ germoglia e cresci/ che la tua radice/ si aggrappi alla terra/ perpetuamente/ e alla fine/ sii canoa,/ scialuppa, zattera,/ suolo, giara, stalla e uomo». Sono versi di Javier Yglesias (“Llamado”, in Revista peruana de literatura, n. 6, giugno 2007, 31), citati, insieme a tanti altri, da Querida Amazonia.[6]
Essa aggiungeva, al linguaggio tradizionale del magistero, tanti e tanti versi di tanti poeti, nella certezza che «le varie espressioni artistiche, e in particolare la poesia, si sono lasciate ispirare dall’acqua, dalla foresta, dalla vita che freme, così come dalla diversità culturale e dalle sfide ecologiche e sociali».[7]
Quale bellezza salverà il mondo? – si domandava e ricordava Ippolito al principe Myskin, nell’Idiota di Dostoevskji –. Una domanda del 1869, che allora evocava la situazione compromessa del mondo in cui si attendeva, comunque, l’inevitabile manifestarsi del bene e un riscatto.
Era, tuttavia, una domanda senza risposta, con il prevalere del silenzio, carico di presenza e di compassione del principe Myskin, il quale diventava un’icona cristologica della figura infinitamente più bella, quella di Gesù Cristo.
Oggi – come ricorda Querida Amazonia – è forse soltanto la poesia a poter aiutarci a salvare questo mondo, questa casa comune, che desideriamo come frutto maturo dell’accordo verde. Non è forse vero che già il sommo Poeta «con la sua ardua fatica, sorretta da un altissimo afflato di poesia» volle «affidare all’umanità il messaggio di un profondo rinnovamento interiore, che dal pericolo di un’esperienza negativa giunga al definitivo possesso del Dio Uno e Trino, secondo l’itinerario del suo poetico viaggio ultraterreno»?[8]
Tutto ciò la poesia lo potrà fare, tuttavia, «con l’umiltà della sua voce»,[9] per esempio quella espressa in quel grande gioco – come scriveva Romano Guardini – che è la ritualità liturgica e il suo ritmo poetico e celebrativo. Se la liturgia è, al tempo stesso, specchio e alimento della vita della Chiesa, tornino davvero in mezzo a noi i poeti e, soprattutto, tornino, a vantaggio della casa comune.[10]
Nel lavoro poetico ci sono i versi e le parole, ma anche i riti e la musica, in sintesi davvero la grande bellezza, alla cui costruzione cooperano anche il cinema e le altre opere e gli artifici dell’intelligenza umana: «Soltanto le opere che sono riuscite a esprimere l’armonia, sia nella gioia, sia nel dolore, l’armonia umana, sono quelle che passano alla storia… È un lavoro evangelico. Anche un lavoro poetico, perché il cinema è poesia: dare vita è poetica». Così disse il 20 febbraio 2023 papa Francesco. Del resto, «la preghiera è dialogo con Dio; e ogni creatura, in un certo senso, “dialoga” con Dio. Nell’essere umano, la preghiera diventa parola, invocazione, canto, poesia… La Parola divina si è fatta carne, e nella carne di ogni uomo la parola torna a Dio nella preghiera».[11]
Uno stimolo forte e chiaro, se vogliamo davvero contribuire all’accordo verde e, soprattutto, all’auspicabile salvezza della casa comune.
[1] Esortazione apostolica Laudate Deum del santo padre Francesco a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica (4.10.2023), n. 58.
[2] Ivi, n. 2.
[3] Ivi, n. 44.
[4] Laudate Deum, n. 2.
[5] Ivi, n. 18.
[6] Esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia del santo padre Francesco al popolo di Dio e a tutte le persone di buona volontà (2.2.2020), n. 31.
[7] Ivi, n. 35.
[8] Sono battute testuali della Lettera di papa Paolo VI al cardinale Amleto Cicognani in occasione del VII anniversario della nascita di Dante Alighieri (5.11.1965).
[9] Querida Amazonia, n. 46, che riprende Vinicius de Moraes, Para vivir un gran amor, Buenos Aires 2013, 166.
[10] R. GUARDINI, L’opera d’arte, Morcelliana, Brescia 1998, 31-36.
[11] Papa Francesco, Udienza generale di Mercoledì, 21 aprile 2021.