Due suore spagnole, religiose di Maria Immacolata, che vivono e operano in Milano mi invitano alla prima proiezione milanese di un film del 2023 dedicato alla fondatrice del loro Istituto religioso, santa Vicenta María López y Vicuña (Cascante1847-Madrid1890).
Un po’ incuriosita decido di vedere La Sirvienta di Pablo Moreno presso una sala parrocchiale[1]. La narrazione della storia vera di Vicenta Maria è intrecciata a quella di tre donne di oggi. Un andare e venire nel tempo: scene ambientate nella Spagna ottocentesca si alternano a quelle girate nel nostro presente. Comune il triste sfondo, ovvero sfruttamento del lavoro femminile, abusi e violenze su corpi di giovani donne.
Proprio di tale realtà si accorge, fin da adolescente, Vicenta Maria, amata figlia di un avvocato spagnolo, nata a Cascante, in Navarra, e educata a Madrid presso parenti facoltosi, affettuosi e dalla religiosità vissuta con inziative sociali molto concrete. Lo sguardo della giovane nota il disagio di coetanee che cercano lavoro come domestiche presso case nobiliari madrilene, esponendosi a soprusi e a comportamenti vessatori. È una nobiltà ormai in declino e incapace di abbandonare privilegi secolari quella che ostenta arroganza nei confronti dei più deboli.
Vicenta Maria ne fa parte ma presto sposta la sua visione da spazi domestici accoglienti e ben arredati alle dinamiche di chi pulisce dimore di pregio. Dai finestrini della carrozza su cui viaggia, scorge chi sta ai margini della strada, camminando a piedi. E proprio a quei piedi decide di abbassarsi. La scena della lavanda dei piedi di una domestica – ripresa nella locandina del film – è il commento visivo più eloquente della vicenda esistenziale e religiosa della giovane. Deciderà infatti di consacrarsi, nonostante la palese riluttanza dei suoi genitori e di creare – con l’approvazione del vescovo – una Congregazione per proteggere giovani donne che lavoravano nel servizio domestico. Congregazione ancora oggi attiva e ampiamente diffusa[2].
Quel moto verso terra, segno di apparente inclinazione servile, è presente anche nelle storie delle altre tre donne che il registra sceglie di raccontare. Una domestica ucraina e due prostitute che per caso si incontrano presso una stazione di polizia di una metropoli odierna. Lì parlano tra loro e si ascoltano: racconti che intersecano il presente al passato e lentamente fanno maturare sguardi originali, nuovi e creativi. Ciò che è accaduto, se riletto a partire dall’attualità – proprio nella sua precarietà, e bassa condizione – può assumere forme nuove e imprevedibili. Le miserevoli condizioni di chi è vittima di ingiustizie possono essere rivisitate e riscattate. Gli occhi di Vicenta Maria diventano anche i nostri.
Qaundo si riaccendono le luci in sala colgo più nitidamente le persone presenti. Sono soprattutto donne sudamericane e tra queste riconosco alcune persone cui insegno lingua italiana nell’istituto di suor Rita e suor Mari Carmen, le religiose che mi hanno invitata alla proiezione. Esse appartengono alla Congregazione fondata dalla giovane spagnola vissuta in tempi in cui anche in Italia non mancarono coraggiose e intraprendenti donne fondatrici di ordini religiosi votati all’istruzione femminile e all’assistenza sociale.
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Oggi le religiose di Maria Immacolata che vivono a Milano dirigono un convitto di studentesse e lavoratrici e propongono corsi di lingua italiana, di informatica, di cucina e di primo soccorso a immigrati sudamericani. Nelle sale dell’Istituto, a volte, la domenica pomeriggio si fa merenda e si gioca al “bingo”, occasione di piacevole incontro tra persone isolate nella metropoli lombarda. L’organizzazione di qualche gita a prezzo accessibile arricchisce il carnet delle proposte per lo più gestite da volontari.
A casa riprendo in mano un romanzo letto con piacere anni fa: Maria (Einaudi, 1953) di Lalla Romano. È la storia di una donna di servizio di estrazione contadina raccontata in prima persona dalla “padrona” che la osserva intensamente condividendone visioni e affetti.
La povertà e la religiosità di Maria non sono oggetto di studio o di denuncia sociale, bensì sono colte nella loro sorprendente essenzialità. Non troviamo verismo né bozzettismo lirico.
Il rapporto servo-padrone qui mantiene una forza dialettica e trasformativa ma è la poesia e non solo i concetti a cogliere verità. La cultura contadina, appesantita da umiliazioni e dolori, è descritta con partecipata attenzione rivelando quel che di sano può comunicare. Il mondo di Maria si manifesta nella cura della casa e dell’infanzia; nelle relazioni che ella sa tessere con semplicità e profonda umanità.
La “signora” – sfollata da Torino con il suo bambino durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale – sarà ospitata nella casa contadina della domestica e vivrà alcuni mesi nella campagna piemontese conoscendo l’intero gruppo familiare, le bizzarre amiche, le sfortunate vicende di alcuni. La “signora” le saprà poi descrivere con un linguaggio sobrio, intenso ed emotivamente coinvolto.
Riguardo la copertina del libro letto nell’edizione Einaudi del 1965. Un’incisione di Felice Casorati (di cui tra l’altro la scrittice fu allieva) raffigura una giovane donna dormiente, con la testa reclinata e appoggiata a un sostegno. Il suo corpo, senza calzari, è quasi a terra e, alle sue spalle un’altra figura femminile, silenziosamente, la guarda. L’incipit del romanzo mi sorprende: “Quando entrammo nella nostra casa, c’era già Maria”. Le “piccole persone” – come direbbe Anna Maria Ortese – sono già presenti nella propria casa. L’importante è scorgerle. E la vita può cambiare.
[1] La Sirvienta (Spagna, 2023) di Pablo Moreno ha vinto il premio come miglior film alla XV edizione del Festival Film Cattolico (febbraio 2024). Festival nato sotto l’Alto Patronato del Pontificio Consiglio per la Cultura, oggi Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
[2] La Congregazione fu fondata a Madrid l’11 giugno 1876 con il nome di “Suore del Servizio Domestico dell’Immacolata Concezione”; la data dell’approvazione dell’Istituto risale al 13 gennaio 1899 e nel settembre del 1904 furono approvate le Costituzioni. Il nome della Congregazione è stato cambiato in “Religiose di Maria Immacolata” il 7 gennaio 1971, e così sono oggi conosciute (https://religiosasmariainmaculada.org/it/).