Col senno di poi tutto appare molto chiaro. Per la prima volta nella storia delle elezioni presidenziali americane il papa ha avuto un profilo altissimo, con entrambi i candidati che tentavano di tirarselo dalla propria parte. La settimana della sua visita in USA nel 2015 è stata talmente importante da oscurare per circa un mese l’attenzione sulla scelta del prossimo leader americano.
Col senno di poi forse l’unico momento di vera difficoltà dell’allora candidato Donald Trump è stato quando il papa ha fatto un riferimento indiretto a lui, parlando della necessità di costruire ponti e non muri. Trump aveva presentato una famosa proposta di costruire un muro tra Stati Uniti e Messico.
Lo screzio poi è rimasto teorico, perché il papa ha evitato accuratamente di interessarsi delle elezioni, e Trump ha cercato di mandare vari messaggi positivi al pontefice.
Ma naturalmente se appena un accenno vago del papa riesce ad avere un impatto così forte e quasi decisivo nella campagna elettorale del paese più importante del mondo, è inevitabile che qualunque suo gesto o parola abbia poi un peso politico in America o in tutto il globo. Di conseguenza, è inevitabile che tutti i paesi si affannino direttamente o indirettamente, per avere voce nel delicato capitolo della Santa Sede a Roma.
Peso specifico della Santa Sede
Questo avviene perché dopo un paio di secoli di relativa eclisse politica della Santa Sede, il Vaticano ha assunto un peso crescente nel mondo, dove peraltro ci sono dei vuoti di potere enormi.
L’America è la superpotenza, ma non comanda su tutto. Nessun altro paese oggi, o nel prossimo futuro, riesce a scalfire la sua posizione. Ma c’è un vuoto di potere che è stato oggettivamente riempito dal carisma della Chiesa e del suo papa.
Questo ha acceso tutti i riflettori politici del mondo sul microcosmo di Roma. Dispute che una volta potevano essere quasi di “ordinaria amministrazione”, come la riforma delle finanze vaticane, spesso in passato peraltro al centro di polemiche, o la promozione o rimozione di un cardinale o un vescovo, hanno assunto un profilo molto più alto.
Ciò è stato anche esaltato dalla personalità dirompente di papa Francesco; ma l’atteggiamento prudente del suo predecessore Benedetto XVI non era stato meno controverso.
Sotto papa Benedetto la Chiesa si era trovata al centro di polemiche sulle molestie sessuali dei bambini. Quella volta la Chiesa era accusata di non essere intervenuta con forza. Inoltre era stata tirata per la giacca da ambienti politici europei che non hanno necessariamente simpatie con la Chiesa, tanto da diventare inopinatamente il velo protettivo di gruppi neo conservatori.
Sotto il papa Giovanni Paolo II la Chiesa era invece stata considerata il martello che aveva infranto il muro di Berlino e l’impero sovietico.
L’attenzione della Cina
Tutte queste, viste da Roma, sono interpretazioni molto riduttive della storia della Chiesa in questi ultimi 30 anni. Ma testimoniano l’attenzione mondiale crescente verso qualunque scelta della Santa Sede. D’altro canto impongono anche alla Chiesa una nuova dimensione di pensiero.
La Santa Sede, che per tanti anni ha pensato di pesare solo relativamente nelle politiche mondiali, oggi è diventata “la” superpotenza lieve del mondo. Quindi tutto quello che succede a Roma diventa oggetto di attenzione globale.
La vicenda dei dubia teologici del cardinale Burke e i suoi amici, o il suo ruolo nella complicata vicenda dell’Ordine di Malta, le reazioni del cardinale Müller, l’impatto politico del messaggio sulla misericordia di papa Francesco, diventano tutte questioni politiche internazionali per sette miliardi di terrestri, prima ancora che vicende religiose (talvolta un po’ arcane) per poche decine di migliaia di quasi addetti ai lavori.
Il successo del papato
Questa attenzione di nuovo è prova del successo del papato. Ma poi porta probabilmente anche molti prelati a interrogarsi, coscientemente o meno, su certe proprie preferenze social-politiche (in senso alto).
Esso è un dramma notissimo in Cina, dove per decenni molti cattolici sono stati tormentanti dal dubbio su come essere allo stesso modo cattolici leali e veri e anche cinesi patriottici. Per qualche tempo infatti i due profili sembravano in contraddizione, visto l’anticomunismo ufficiale della Chiesa e l’anticlericalismo ufficiale di Pechino.
Per molto tempo, ad esempio, in America essere cattolici e americani patriottici non era una questione di contrasto, anzi. La fede non entrava nella dialettica politica, anche se storicamente i cattolici sono stati per lo più democratici, mentre recentemente si sono spostati verso i repubblicani.
Ma se alcuni temi religiosi si insinuano nella dialettica politica tra democratici e repubblicani, può essere che, consciamente o meno, alcuni prelati possano sentire il papa più da una parte e meno dall’altra. Quindi, di rimando, esponenti repubblicani o democratici cercheranno tutti sponde a Roma per un sostegno a Washington.
Questo poi, dato che avviene a Roma, si impasticcia con l’acqua non limpidissima del Tevere, fatta di pasquinate e dottissimi principi neri o color porpora che fanno finta di parlare romanesco.
Su questo possono esserci errori di gestione e valutazione di questo o quel cardinale, leggerezze di un monsignore o forse anche del papa. Ma il problema, visto da lontano, è che la Santa Sede nel suo complesso si è trovata scaraventata al centro dell’attenzione mondiale con strutture minime o inadeguate alla bisogna. Inoltre esponenti della curia non si sono accorti di non essere più in canonica ma al centro di un mega teatro politico mondiale.
Tutto ciò senza contare le mille questioni religiose, che sono centrali per la Chiesa. Ciò significa che nel futuro prossimo “scandali” e questioni tenderanno a moltiplicarsi, semplicemente perché vicende che prima si guardavano con il cannocchiale ora sono sotto il microscopio mondiale.
Senza pensare a “complotti” veri o presunti che sono il pane quotidiano di ogni politica, specie la politica mondiale.
La Chiesa a questo si deve semplicemente preparare spiritualmente, religiosamente, ma forse anche politicamente.