Parrocchia, ministeri, formazione

di:

covi

L’avvio di una riflessione pratica nella direzione di una Chiesa che si ripensa alla luce del Vangelo e delle domande delle donne e degli uomini che incontra. Con questo intento Rolando Covi ha concepito il libro Parrocchia, ministeri, formazione. Una proposta in dialogo con Spiritus Domini e Antiquum ministerium, pubblicato nella collana Sophia della Facoltà teologica del Triveneto in coedizione con Edizioni Messaggero Padova (pp. 200, € 35,00).

Quale figura di parrocchia? Quale figura di ministero? Quale figura di formazione? Sono le domande che accompagnano trasversalmente la ricerca, alla luce della proposta di un ministero istituito.

Per ogni domanda l’autore, prete della diocesi di Trento e docente di Catechetica alla Facoltà teologica del Triveneto, offre una problematizzazione di fondo, l’analisi di alcuni indicatori utili per avanzare nella riflessione e una possibile azione pastorale. «I temi in questione vengono messi a fuoco attraverso un lavoro di sintesi – spiega –, a partire dalle sollecitazioni offerte dall’ascolto della realtà, tenendo sullo sfondo il cammino sinodale come indicazione di un nuovo già presente».

L’ambito di indagine è ristretto alla diocesi di Trento, alle prese con un veloce calo dei presbiteri.

Il libro si apre con l’ascolto della realtà e la descrizione di alcune ministerialità in atto, per passare poi ad analizzare i documenti del magistero Antiquum ministerium e Spiritus Domini.

Si esplorano, quindi, la figura di parrocchia necessaria per un ripensamento della ministerialità e la figura stessa di ministero: «Solamente collocando ogni ministero in relazione alla missione della Chiesa e non semplicemente in un reciproco rapporto – sottolinea Covi –, si può pensare a istituirne di nuovi».

Infine, viene affrontato l’ambito formativo: «Ciò che rende possibile una buona formazione cristiana a tutti i livelli – aggiunge – è la presenza di una comunità di apprendimento».

Un’appendice offre una proposta concreta di formazione che riassume quanto analizzato lungo il percorso di ricerca.

Come si può accompagnare la realtà ascoltata, alla luce delle indicazioni emergenti dal magistero?

Innanzitutto, la parrocchia va accolta nelle sue principali fatiche: la difficoltà a vivere la missione e l’attenzione quasi esclusiva sul piano organizzativo, a scapito della reale fraternità. «Se non viene data aria a nuove forme di vita pastorale» spiega Covi, citando i gruppi della Parola e i gruppi sinodali come interessanti indicatori di cambiamento, «anche un ministero istituito verrà caricato di una fatica che gli stessi preti stanno denunciando. Viceversa, dentro esperienze che riconoscono la fede come guadagno per la vita, possono nascere forme di ministerialità inaspettata, desiderose di incontro con la cultura e con il territorio».

In secondo luogo, si pone la sfida più grande per la figura di ministero: trovare un denominatore comune che sostenga i ministeri, pur rispettandone le diversità: «un denominatore – specifica Covi – che dia corpo anche a un’azione ecclesiale pertinente per la situazione in cui ci si trova e così modifichi nella prassi la struttura binaria classica di distinzione fra clero e laici, che ha portato come conseguenza una distanza tra l’annuncio del vangelo e la vita ordinaria». Una soluzione può essere offerta dalla figura del discepolo-missionario «perché dà ragione alla fede battesimale come al servizio dei ministeri (istituti e ordinato) e, allo stesso tempo, mantiene ogni scelta in relazione con la missione della Chiesa».

Infine, anche la formazione va rivista in modo da sostenere questo ripensamento della parrocchia e del ministero, in particolare rafforzando il legame con l’esperienza di Chiesa, personale e comunitaria.

«Non si tratta di un elaborato chiuso e definito – conclude Covi – ma di un esercizio di pensiero che desidera offrire un metodo di lavoro – l’ascolto della vita pastorale in dialogo con alcuni indicatori – e così cercare di accompagnare chi ha davanti a sé il problema di cambiare, molto velocemente, il paradigma ecclesiale nel quale è cresciuto e per il quale per molto tempo ha lavorato, paradigma ormai difficile da sostenere».

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