Malpensa: l’intitolazione e le domande

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L’aeroporto di Milano Malpensa – il secondo aeroporto italiano per traffico passeggeri dopo quello di Roma Fiumicino –, dall’11 luglio 2024 è ufficialmente intitolato a Silvio Berlusconi. Lo ha stabilito l’ordinanza dell’ENAC – l’Ente nazionale incaricato della regolamentazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell’aviazione civile –, che ha effetto immediato. È quanto si legge in una nota ufficiale del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Polemiche

Le polemiche non sono mancate ed erano già nate all’annunzio, dato da Salvini, della decisione imminente. «Non ci fermeremo di fronte a insulti, attacchi e offese», aveva detto.

Ora che la decisione è ufficiale, un gruppo di deputati del PD chiede, in una interrogazione al ministro, di «chiarire quale procedura sia stata seguita per l’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi e quali siano le motivazioni per cui non sia stata rispettata la procedura prevista dalla legge 1188/1927, che richiede un periodo di 10 anni dalla morte della persona prima di intitolare un luogo pubblico».

Gli interroganti, ricordando che la SEA, la società che gestisce gli aeroporti milanesi, non ha ricevuto alcun avviso relativo alla procedura di intitolazione, chiedono inoltre «se sia stato acquisito il parere dei Comuni di Milano, Ferno, Lonate Pozzolo e Somma Lombardo, territori su cui insiste l’Aeroporto di Malpensa, in relazione all’intitolazione».

In effetti almeno uno di questi comuni, quello di Milano, senza paragoni il più grande, sembra non sia stato consultato, a giudicare dalle parole con cui già nei giorni scorsi il sindaco Sala aveva reagito alla notizia dell’imminente intitolazione del principale scalo aereo della sua città:

«Non sono irritato, non è un problema di emotività, ma di razionalità: quello che discuto è perché non ci sia più rispetto delle forme, della correttezza dei rapporti. L’intitolazione dei un aeroporto non è una cosa che avviene così: chi la decide? Un presidente di ENAC senza nemmeno consultare la società? Il presidente di ENAC va e viene, è pro tempore come tutti noi.

C’è una società che investe da anni, si dedica, rischia i suoi fondi e non è stata nemmeno consultata: se questi sono i tempi barbari che stiamo vivendo ce ne facciamo una ragione ma non posso essere di certo felice. Questo a prescindere dall’idea e dal nome: è pazzesco che in Italia una decisione del genere venga presa da un presidente di ENAC».

Giuseppe Bonomi, che era presidente di SEA e Alitalia all’epoca della nascita dell’aeroporto di Malpensa, è altrettanto critico, ma da un altro punto di vista «Gli intestino il Colosseo, ma non l’aeroporto», dice.

Egli sottolinea, infatti, di non avere «nulla in contrario al fatto che vengano intitolate a Berlusconi vie, piazze, ma (…) sono nettamente contrario alla scelta di Malpensa. Sono stato colui che ha visto nascere questo aeroporto. L’ho fatto nascere, lo considero come un altro figlio, l’ho difeso ed è stata una parte importante della mia vita. Io e pochi altri abbiamo condotto importanti battaglie per difenderla. Tra questi pochi nomi non c’era quello di Berlusconi».

Secondo Bonomi «da parte del governo Berlusconi non ci fu mai un atto in difesa di quella che era ed è una infrastruttura strategica del Paese. Ci fu una sottovalutazione. Ecco perché pensare di intitolare l’aeroporto a Berlusconi è un’assurdità».

Da Leonardo da Vinci a Berlusconi

C’è poi il problema della rilevanza del personaggio. Roma Fiumicino è intitolato a Leonardo da Vinci, quello di Pisa a Galileo Galilei, quello di Genova a Cristoforo Colombo, quello di Venezia a Marco Polo, quello di Bologna a Guglielmo Marconi, quello di Firenze ad Amerigo Vespucci, quello di Catania a Vincenzo Bellini, quello di Palermo a Falcone e Borsellino. Possiamo onestamente dire che si tratti di figure da porre sullo stesso piano?

Comunque si tratta di figure sottratte a dibattiti polemici di carattere politico. L’unico dei grandi scali aerei italiani intitolato a un uomo di partito è quello di Torino, che porta il nome di Sandro Pertini, aspramente attaccato da alcuni, ma che comunque ha goduto di un consenso tanto ampio da portarlo ad essere eletto al Quirinale dal Parlamento riunito, l’8 luglio 1978, con 832 voti su 995, corrispondenti all’82,3%, la più larga maggioranza nella storia della Repubblica Italiana.

Ci sono, è vero, altri aeroporti, nel mondo, che portano il nome di personaggi della politica: lo scalo di Parigi è intitolato a Charles De Gaulle e quello di New York a John Fitzgerald Kennedy. Ma non sembrano paragonabili a Berlusconi. Il primo perché è stato la guida della Francia libera nella lotta contro il nazismo e il «padre» della rinata Repubblica francese, il secondo perché ha costituito l’emblema del dinamismo di una democrazia capace di proporsi una «Nuova frontiera» ed è caduto in circostanze drammatiche che hanno commosso tutta l’America.

Questo ci porta, inevitabilmente, alla valutazione del personaggio Berlusconi. Forse l’unico aeroporto di una grande città italiana intitolato a protagonisti di un recente passato è quello di Palermo, che è intitolato a Falcone e Borsellino, due magistrati caduti nella lotta dello Stato contro la mafia.

Ma proprio il confronto con questo esempio isolato evidenzia le radicali differenze rispetto al caso di Berlusconi. Basti pensare all’inscindibile legame di quest’ultimo con il palermitano Macello Dell’Utri, secondo l’opinione comune vero protagonista della nascita di Forza Italia e artefice della sua struttura, «proconsole» del Cavaliere in Sicilia.

Un compito svolto con grande abilità e successo, ma anche con elevati costi sul piano della moralità e della legalità. Sta di fatto che nel 2014 Dell’Utri è stato condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Un prezzo bene ricompensato, visto che nel suo testamento Berlusconi ha voluto testimoniare il suo legame e la sua riconoscenza nei confronti dell’amico e collaboratore di una vita con una «donazione» di ben 30 milioni di euro.

Un (cattivo) maestro

In realtà, per dare un giudizio storico su Berlusconi bisogna soprattutto tenere conto che egli non è stato solo un manager di eccezionali capacità imprenditoriali, non è stato solo, per buona parte del corso della Seconda Repubblica, il capo indiscusso della destra, governando più a lungo di qualunque altro premier: con le sue televisioni, con la sua immagine – dove vita privata e vita pubblica si sono fuse inscindibilmente – con il suo stile politico, è stato un maestro.

Si deve in buona parte a lui, al modello da lui rappresentato, ai suoi comportamenti, ai messaggi da lui lanciati, la profonda trasformazione del «comune senso del pudore» che in Italia non era mai stato intaccato, durante la Prima Repubblica, dal conflitto tra comunisti e democristiani.

Dobbiamo a lui se gli italiani oggi si sono in gran parte liberati di una serie di limiti etici – i cosiddetti «valori» – che un tempo erano condivisi, al di là delle contrapposizioni ideologiche e partitiche.

Resterà nella storia della nostra Repubblica la vicenda che ha visto il Cavaliere sostenere di aver fatto rilasciare (abusivamente) una sua escort marocchina perché convinto che fosse la nipote del presidente egiziano Mubarak. Tesi ripresa e accolta in una mozione dei partiti a lui legati in Parlamento! Per non parlare della sequela di processi che ha caratterizzato la sua storia e la condanna giudiziaria che lo ha definito ufficialmente un disonesto.

Tutto ciò non ha impedito nelle ultime elezioni a una maggioranza di elettori di sostenere partiti che si ispirano alla sua eredità morale e politica. Perciò è stato logico che la sua morte sia stata celebrata dall’attuale governo, erede della sua linea, con il lutto nazionale, come quella dei presidenti della Repubblica.

Il più divisivo personaggio della storia repubblicana

È vero anche, però, che – proprio per tutto questo – nessun personaggio della politica italiana dopo la guerra ha determinato una così netta spaccatura nel paese e nell’opinione pubblica.

A una fanatica esaltazione da parte dei suoi sostenitori, al grido di «Silvio c’è!» – ha corrisposto una feroce ed altrettanto estrema avversione da parte di una sfera importante dell’opinione pubblica, che ha visto in lui l’emblema della corruzione e del malaffare.

Da questo punto di vista l’intitolazione di un aeroporto importante come Malpensa a Berlusconi non può che esasperare la divisone del nostro paese. Certo, la decisione, è stata presa da un ministro e vicepremier che gode della maggioranza parlamentare. Ma il presidente Mattarella, nel suo discorso alla Settimana sociale dei cattolici, a Trieste, metteva in luce il pericolo di una democrazia che, con la forza dei soli numeri, si trasforma nella «dittatura della maggioranza», invitando a trovare nel confronto con l’opposizione la base per una partecipazione di tutti alla ricerca del bene comune

Salvini aveva ironizzato sul pericolo di una dittatura della maggioranza. In realtà, già lo stile con cui il governo sta gestendo il varo delle due grandi riforme dell’autonomia differenziata e del premierato spiega le preoccupazioni del presidente della Repubblica.

Ma proprio la decisione del nostro vicepremier di intitolare un aeroporto che è di tutti a un uomo detestato da quasi la metà degli italiani e contro la loro espressa volontà, conferma che l’espropriazione dello Stato da parte di chi in Parlamento ha la maggioranza (in realtà, in rapporto all’effettivo numero dei votanti, solo del 24,7% dopo le politiche, sceso al 22,7% dopo le europee), non è solo un pericolo. Ma questa non è la democrazia.

  • Dal sito della Pastorale della cultura della diocesi di Palermo (tuttavia.eu), 12 luglio 2024
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Un commento

  1. Roberto Beretta 14 luglio 2024

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