La crisi: Paolo e i Corinzi

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L’esegeta milanese Franco Manzi, esperto paolinista, docente alla FTIS di Milano e in altre istituzioni accademiche, porta il lettore al cuore dell’apostolo Paolo nel suo rapporto profondo e ricco di sfumature con la comunità di Corinto da lui fondata. Lo fa esaminando ampi brani della Prima Lettera ai Corinzi.

La metropoli e le sue sfaccettature

In una prima parte del lavoro (pp. 15-64), che di fatto copre 1Cor 1–6, l’autore descrive la metropoli multietnica e multireligiosa di Corinto alla quale, dopo la delusione pastorale avuta ad Atene – che va però sottoposta a opportuno discernimento –, Paolo annunzia la follia evangelica della croce. La gnosi fornisce solo un’illusione di salvezza, così come la filosofia e la retorica vanno ben confrontate con l’unicità decisa della fede.

Manzi descrive le strategie della prima evangelizzazione a Corinto, un corpo di Cristo dalle ossa spezzate dalle divisioni, segnato dalle diverse provenienze culturali e religiose, con diverse condizioni socio-economiche che stridono fra loro, ma anche caratterizzato dalla presenza di diversi leader carismatici.

Paolo ricorda ai cristiani le prospettive di un cammino comunitario, essendo loro il corpo ecclesiale di Cristo e, contemporaneamente, tempio ecclesiale dello Spirito.

I carismi e l’agape

Nella parte seconda del volume (pp. 65-110), Manzi studia 1Cor 12–14, soffermandosi sull’inno ecclesiale dell’agape-carità e sulla sua costellazione.

L’agape di Cristo ha il primato e va messo a confronto con l’eros e Dio. L’agape avvolge, coinvolge e travolge, ma rappresenta anche il criterio risolutivo per risolvere il problema pastorale dei carismatici.

Di fonte al carisma impressionante della preghiera in lingue, Paolo esalta e preferisce il carisma «edificante-costruttivo» della profezia.

L’apostolo ricorda il fascino discreto del mistero e, con un intelligente intervento pastorale di relativizzazione dello straordinario e dell’esaltazione del costruttivo, riesce a fornire gli elementi per vincere sia i complessi di superiorità sia quelli di inferiorità che ferivano la comunità corinzia.

Paolo ha un grato riconoscimento dei carismi, ma ricorda vivamente la loro connotazione di fecondità comunitaria e la permanenza eterna dell’agape rispetto a tutti gli altri carismi.

La risurrezione di Cristo e del credente

Nella parte terza dell’opera (pp. 111-174) lo studioso affronta la questione decisiva della morte e la luce sfolgorante e rasserenante che essa riceve dalla morte e risurrezione di Cristo. Siamo al c. 15 di 1Cor.

I disperati di oggi assomigliano a quelli di Corinto, addolorati dalla morte dei loro cari prima della venuta finale di Cristo.

Paolo annuncia la morte scandalosa di Cristo avvenuta «secondo le Scritture» e «per i nostri peccati», cioè per spazzarli via.

Strettamente congiunta ad essa, Paolo annuncia, nello stesso tempo, la risurrezione gloriosa di Cristo, avvenuta anch’essa «secondo le Scritture» e «al terzo giorno», secondo una formula relativamente frequente nelle Scritture.

Paolo illustra quindi una specie di scaletta nei ritorni in vita rapportati alla risurrezione di Cristo, per poi soffermarsi sulla condizione gloriosa del Risorto, il primogenito dei risuscitati.

Vengono descritti poi gli incontri di Cristo risorto, i suoi segni offerti ai diversi credenti e la fisionomia della nuova evangelizzazione incentrata sulla risurrezione.

I novissimi

La parte quarta dello studio (pp. 175-259) si caratterizza come una riflessione a taglio biblico-teologico sugli aspetti che collegano la morte e ciò che vi sussegue, in modo speciale la risurrezione e i diversi stati di vita professati dalla tradizione viva della Chiesa.

Dalla «concupiscenza» della vita, si passa a riflettere sulla nausea di «essere di troppo». La vivente tradizione della Chiesa è messa a confronto con l’ipotesi che i morti non risorgano e con la visione materialistica della rivivificazione di un cadavere.

Manzi illustra la visione spiritualistica dell’immortalità dell’anima, per poi sottolineare l’unidualità della persona umana e la concezione dell’immortalità dell’anima presente nel libro della Sapienza.

Viene studiata quindi l’immortalità «come» quella di Cristo. La riflessione sul giudizio e la risurrezione precede quella sul paradiso e gli esercizi per il cuore, quella sull’inferno e le sue visioni e, infine, quella dell’incontro con il Risorto e il purgatorio.

L’itinerario si conclude con una meditazione su Cristo, meta della nostra speranza.

Immedesimazione e carità pastorale

Nella nostra segnalazione del volume di Manzi abbiamo seguito lo svolgimento della sua riflessione su alcuni brani della Prima Lettera ai Corinzi.

Un consiglio che si può dare al lettore è però quello di leggere attentamente e fin da subito la Conclusione del volume (pp. 260-268). In essa si illustrano con ricchezza di dati e passione espositiva “Gli affetti pastorali di Paolo e i sentimenti di Cristo”. Essi vengono ben illustrati nell’esposizione fatta nel corso del volume.

Il filo rosso che percorre la Prima Lettera ai Corinzi è – secondo Manzi – il nesso tra l’immedesimazione dell’apostolo Paolo con Cristo e la sua carità pastorale.

Paolo è polarizzato affettivamente su Cristo. L’apostolo vive «decentrato». Non è più lui a vivere ma Cristo, il Figlio di Dio che lo ha amato e ha consegnato sé stesso per lui.

Paolo si immedesima con Cristo. Per Paolo il vivere si identifica con Cristo, il morire un guadagno, perché si è per sempre con lui.

Paolo è sicuro di risorgere e per questo vive anche la morte come un sereno passaggio per essere sempre con Cristo. Rispetto a lui, tutto è spazzatura, compresi anche i grandi privilegi storico-religiosi dati da Dio agli ebrei.

L’amore riconoscente di Paolo per il Signore, il Kyrios Gesù risorto, diventa l’irremovibile fondamento del suo amore coinvolgente per la Chiesa, suo corpo, e per i cristiani, sue membra. Paolo è convinto che la Chiesa è il corpo di Cristo (cf. Rm 12,4-5) ed egli la ama con intenso amore pastorale.

L’apostolo, però, non vuol bene in modo generico alla Chiesa, quasi fosse un’idea, ma ama i singoli fedeli al suo interno. Esorta ciascuno di loro come un padre e una madre amorevolissimi, credibili e autorevoli (non autoritari).

La preoccupazione pastorale di Paolo è personalizzata. Il libro degli Atti degli Apostoli, da leggere in parallelo agli scritti autentici di Paolo, testimonia l’amore e l’incoraggiamento diuturno di Paolo per ciascuno dei credenti (cf. il Testamento pastorale di Paolo di At 20 e in particolare At 20,31).

Paolo è profondamente coinvolto a livello affettivo nella sua attività pastorale. Vive la carità pastorale. È questa che consente a Paolo in 1Cor di affrontare con determinazione personale, intelligenza pastorale e capacità pedagogica i vari problemi della comunità.

Paolo ama i credenti di Corinto, ma non cede ad alcun protagonismo ecclesiastico o al culto della personalità. Ricorda nondimeno senza falsa modestia il suo ruolo paterno e materno-generativo nei confronti della comunità, avendole annunciato per primo il vangelo.

Il discorso di Paolo è sempre carico di agape-carità «disinteressata». Quale apostolo di Cristo è ben consapevole di svolgere solamente una funzione mediatrice della salvezza divina offerta ai corinzi da Cristo stesso. I corinzi non sono figli di Paolo, ma figli di Dio! (cf. Rm 8,14-23.29; 9,8.26; 2Cor 6,18; Gal 3,26; 4,5-7).

Solo Dio dona la vita eterna; Gesù Cristo la riceve, in quanto Figlio unigenito, e la comunica nel suo Spirito a ogni uomo che la accoglie nella fede trasmessa dagli apostoli come Paolo.

Paolo, memoria creativa di Cristo

Con questa lucida consapevolezza apostolica, Paolo è riuscito a coniugare armonicamente la propria carica affettiva con gli aspetti più funzionali del suo ministero apostolico. Egli si è compreso quale ambasciatore di Cristo, ma mai un mestierante. In lui tutti gli affetti, pensieri e gesti, tempo, energie e carismi, passato, presente e futuro sono stati messi a servizio della Chiesa, corpo di Cristo, «suo» Signore (cf. Fil 3,8).

A imitazione di Cristo, Paolo ha vissuto la sua missione evangelizzatrice da celibe e in maniera fraterna con un’équipe di altri missionari collaboratori. Paolo ha scelto di annunciare l’amorevole offerta della vita proveniente dal Padre attraverso una gestione celibe e fraterna di tutte le proprie capacità affettive.

Immedesimandosi con Cristo, Paolo ha cercato di coltivare in sé non solo i suoi sentimenti (cf. Rm 15,5; Fil 2,5; Col 3,12-17) ma anche le sue «preferenze», che sono poi le stesse di Dio Padre.

Dio ama incondizionatamente i peccatori, attraendoli a sé per una conversione di vita che gli doni gioia e festa (cf. Lc 15).

Da parte sua, Gesù ha preferito essere amico dei pubblicani e dei peccatori (cf. Lc 7,34).

Paolo sceglie l’opzione preferenziale per i pagani e i più «deboli» nella fede, seguendo sostanzialmente i criteri seguiti da Gesù. In questo Paolo si è immedesimato con Cristo: «Infatti, egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio: E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio a vostro vantaggio» (1Cor 13,4).

L’apostolo amò visceralmente il suo popolo, ma se c’era da scegliere tra giudei e pagani, Paolo preferì annunciare il vangelo a questi ultimi (cf. Rm 15,15-21). Egli sembra immedesimarsi col Gesù testimoniato dal Vangelo di Luca, anche se è arduo determinare con certezza l’influsso letterario tra gli scritti epistolari di Paolo e il Vangelo lucano.

È innegabile che Paolo riservò una cura particolare ai fedeli più bisognosi di Corinto e richiamò i più «forti» nella fede a essere attenti ai più «deboli» di coscienza (1Cor 8,9-11).

Contro le tendenze gnosticheggianti e ultimamente più «mondane», Paolo ha sempre agito nella consapevolezza che le membra più deboli del corpo ecclesiale sono le più necessarie e bisognose di cura (cf. 1Cor 12,22-23).

«A tal punto Paolo era giunto a imitare Cristo (1Cor 11,1) – conclude Manzi il suo lavoro –, a provarne gli stessi sentimenti (Fil 2,5), a pensare come lui (1Cor 2,16), a fare un tutt’uno con lui (Gal 2,20; Fil 1,23). Paolo sentiva il Risorto così vivo e reale, che aspirava a diventarne memoria creativa: diventare Cristo alla maniera di Paolo» (p. 268).

Scansionando il QRcode fornito dall’autore a p. 271 si potrà accedere ad un’articolata e approfondita bibliografia sulla Prima Lettera ai Corinzi (pp. I-XXVII).

Il volume di Manzi contribuirà molto a conoscere più in profondità ciò che muoveva l’incessante e diuturna fatica apostolica di Paolo, mostrandone il profondo radicamento in Cristo morto e risorto, amato visceralmente come lo fu anche il suo corpo ecclesiale. Paolo è l’immedesimato con Cristo.

Il linguaggio accessibile ne fa un prezioso aiuto per apprezzare la dedizione personale e l’opera dell’apostolo delle genti, modello anche per l’evangelizzazione ai giorni nostri.

Franco Manzi, Sfidare la crisi. La missione creativa di Paolo a Corinto (Sentieri di luce), Centro Ambrosiano-ITL, Milano 2024, pp. 272, € 18,00.

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