Libano: tra catastrofe e speranza

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L’estrema destra israeliana fa sprofondare il Paese nel caos. Guidata dai suoi ministri di riferimento, una folla inferocita ha fatto irruzione in due caserme per protestare contro la decisione dell’esercito di fermare e interrogare alcuni soldati accusati di abusi nei confronti di detenuti palestinesi accusati di terrorismo.

Israele: fibrillazioni interne

In queste condizioni i capi dell’esercito hanno denunciato di non essere in grado di organizzare la risposta a Hezbollah, inutilmente sostenuti nella loro richiesta di ritorno alla calma dal capo dello Stato, Herzog, e dal premier, Netanyahu.

Dopo 298 giorni di guerra il Paese è profondamente diviso e la destra sfida lo stesso esercito. La stampa israeliana infatti sottolinea con allarme che alcuni protestatari erano armati ed in divisa.

Non sorprende che in queste condizioni il capo dell’esercito, generale Halevi, abbia dovuto recarsi di persona sul posto, difendere la decisione di interrogare i sospetti, parlare di anarchia che mette in pericolo anche lo sforzo bellico. Ma nulla è stato fatto dal premier nei confronti dei ministri e deputati che hanno fomentato e guidato la rivolta.

C’è voluto l’intervento del ministro della difesa Gallant, infatti, per parlare di serio danno per la democrazia e lo sforzo bellico. È questo il contesto in cui è nata la decisione di sospendere la pianificazione dell’azione di risposta alla strage del Golan compiuta da Hezbollah e che il governo vorrebbe «ferma ma contenuta».

Hezbollah e la risoluzione ONU

Il mondo intero sta tentando di impedire che si arrivi alla guerra aperta tra Israele ed Hezbollah − e la milizia filo iraniana, che sa di essere isolata nel teatro politico libanese, ha scelto una linea prudente.

Ha spostato verso basi più sicure i suoi missili di precisione ma, soprattutto, per la prima volta ha dato, almeno a parole, la disponibilità a ritirare i suoi miliziani a 40 km dal confine con Israele − come richiesto dalla risoluzione 1701 dell’ONU, approvata dopo la guerra del 2006.

Ma per schierare l’esercito libanese nei 40 km più caldi del mondo serve la firma del Capo dello Stato, posto vacante da due anni perché in effetti il Libano non esiste, esiste solo Hezbollah che ha espropriato il Paese dei cedri di una sua politica nazionale di difesa. C’è solo Hezbollah e nonostante la montante protesta sociale contro le loro avventure miliziane sarà Hezbollah a decidere per tutto il Paese.

Voglia di vivere, nonostante tutto

Ma il Libano non si arrende all’ordine miliziano e domenica sera ha incoronato, in un grande albergo di Beirut, la nuova Miss Libano, Nada Koussa.

Come ogni anno la cerimonia di incoronazione è stata seguita in tutto il mondo arabo, sebbene ci fosse più attenzione per le reazioni al discorso del premier israeliano. Il Libano vuole vivere, questa è sola la modalità che gli è lasciata per affermarlo, con un coraggio innegabile.

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