Missione ONU in Congo: un bilancio

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Il dovere di ricordare ci obbliga a ripercorrere la storia recente della provincia del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

26 luglio 2022-26 luglio 2024: esattamente due anni fa, nelle città di Goma, Beni e Butembo scoppiavano manifestazioni dei giovani per chiedere l’immediata partenza della MONUSCO. Creata con la Risoluzione 1279 del Consiglio di Sicurezza del 30 novembre 1999, la Missione di Organizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (MONUC), divenuta Missione di Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione del Congo (MONUSCO) il 1° luglio 2010, è una missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite (ONU) nella Repubblica democratica del Congo.

Vittima da allora di una serie di guerre di aggressione (dall’RCD all’M23 passando per il CNDP), il Congo ha sempre avuto bisogno di un sostegno efficace per la sua sicurezza e, soprattutto, per garantire la protezione dei civili. In ogni caso, una missione di questo tipo è necessaria. La MONUSCO è presente sul territorio congolese da vent’anni con un mandato chiaro. E qual è il suo bilancio?

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I giudizi sono controversi. Qualcosa è stato fatto, certo, ma la conclusione più ovvia è che si è trattato di un fallimento clamoroso. Arrivata in Congo in un momento in cui il Paese era praticamente ingovernabile perché dilaniato dalla guerra, prima la MONUC poi la MONUSCO, avrebbero dovuto aiutare il Paese a uscire dal caos e ad avviarsi gradualmente verso la democrazia.

Va detto che questa missione ha svolto un ruolo importante in questo senso. Ha sostenuto il Congo nei suoi sforzi di democratizzazione come partner privilegiato della Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) nell’organizzazione delle elezioni di quattro legislature.

Per quanto riguarda la sicurezza e la pace, che dovrebbero essere l’obiettivo principale, resta tutto da fare. Qui la MONUSCO è rimasta una missione di “osservatori”. È difficile vedere le truppe ONU combattere i ribelli a fianco delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo. E anche la protezione dei civili è caotica.

Come è possibile che i ribelli dell’ADF/NALU stiano massacrando la popolazione a pochi metri dalla posizione di questa famosa missione? Queste domande e i sospetti di complicità con il nemico o di sfruttamento minerario hanno screditato nel tempo la MONUSCO. Molti sono giunti alla conclusione che la storia è più complessa di quanto sembri.

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E poiché i giovani sono il futuro, hanno creduto nel cambiamento. Erano convinti che tutto sarebbe potuto cambiare se le Nazioni Unite se ne fossero andate. Pensavano che la pace sarebbe arrivata da lì, perché per loro era “No war, no job”.

E come disse una volta un poeta locale, “solo per la pace vale la pena lottare”, quindi dovevano insorgere. Ed è quello che è successo il 26 luglio 2022.

Hanno dovuto lottare per la pace sbarazzandosi di coloro il cui unico compito era quello di osservare come muore la vita. Sono cadute teste da entrambe le parti, proprio perché, come diceva Pierre Victurnien Vergniaud, “ogni rivoluzione divora i propri figli”. Sedici giovani hanno perso la vita in questo modo. Possano le loro anime trovare la pace che sognavano e per la quale hanno lottato tanto.

Sono stati vittime della loro lotta, vittime dei carnefici che volevano perseguire i loro scopi, vittime di un sistema diabolico di sterminio dei popoli per impadronirsi di coltan, cobalto, nichel, cassiterite e così via.

A distanza di due anni, cosa succede ora? La famosa missione è ancora lì che si trascina e la situazione è solo peggiorata. Queste anime se ne sono andate, ma il loro sacrificio non è stato vano. Il loro sangue è un seme, un seme di pace, prosperità e dignità. E il loro coraggio annuncia il destino di un intero popolo: la “grandezza”…

  • In collaborazione con la rivista Je écris, Je crie.

Les émeutes contre le MONUSCO d’il y a deux ans

Le devoir de mémoire nous oblige à remonter dans l’histoire récente de la Province du Nord-Kivu, à l’Est de la République Démocratique du Congo. 26 juillet 2022-26 juillet 2024, cela fait exactement deux ans que les manifestations des jeunes éclatèrent dans les villes de Goma, Beni et Butembo pour réclamer le départ immédiat de la MONUSCO. Créée par la résolution 1279 du Conseil de sécurité en date du 30 novembre 1999, la Mission de l’Organisation des Nations unies en République démocratique du Congo (MONUC), devenue le 1er juillet 2010, la Mission de l’Organisation des Nations Unies pour la Stabilisation du Congo (MONUSCO) est une mission de maintien de la paix en RDC de l’Organisation des Nations-Unies (ONU).

En effet, victime d’une série des guerres d’agression depuis lors,(du RCD au M23 passant par le CNDP), le Congo a toujours eu besoin d’un appui efficace pour sa sécurité et surtout pour garantir la protection des civils. Une telle mission, il le faut en tout cas. Il fait ainsi vingt ans que la MONUSCO est sur le sol congolais avec ce cahier de charge bien clair. Avec quel bilan ?

Il faut dire que les jugements sont controversés. Quelque chose a été fait, naturellement mais ce qui saute aux yeux laisse voir un lamentable échec. En effet, arrivée au Congo dans le contexte où le pays était quasiment ingouvernable puisque déchiré par la guerre, la MONUSCO alors MONUC devrait accompagner le pays à sortir de ce chaos et progressivement à emprunter les rails de la démocratie. Sur ce point, il faut le dire, cette mission y a été pour beaucoup. Elle a soutenu le Congo dans ses efforts de démocratisation en tant que partenaire privilégié de la Commission Électorale Nationale Indépendante (CENI) dans l’organisation des élections de quatre législatures.

En ce qui concerne la question de la sécurité et la paix, qui du reste devrait être l’essentiel, tout est encore à faire. Et là, la MONUSCO est restée une mission “d’observation”. C’est en peine qu’on peut voir les onusiens aux côtés des Forces Armées de la République Démocratique du Congo pour combattre les rebelles. Et la protection des civils est par ailleurs chaotique. Comment comprendre en effet qu’il arrive que les rebelles ADF/NALU  massacrent la population à quelques mètres de la position de cette fameuse mission ? De telles interrogations et certains soupçons de complicité avec l’ennemi ou d’exploitation des minerais ont avec le temps jeté du discrédit sur la MONUSCO. Beaucoup en sont arrivés à conclure que dans cette histoire, il y a à boire et à manger.

Et comme les jeunes, sont l’avenir, ils croyaient au changement. Ils étaient convaincus que tout pourrait changer si les onusiens partaient. Ils se disaient que la paix passerait par là parce que pour eux, c’était du “No war, no job”. Or tout travail est à entretenir.

Et comme le disait un poète de chez nous, “seule la paix mérite qu’on se batte pour elle”, il fallait donc qu’ils se soulèvent. C’est ce qui arriva le 26 juillet 2022. Il fallait qu’ils se battent pour la paix en faisant partir ceux qui n’avaient pour job qu’observer comment la vie meurt. Les têtes ne manquèrent pas de tomber de deux côtés ; justement parce que comme l’affirme Pierre Victurnien Vergniaud, “toute révolution dévore ses propres enfants”. Seize jeunes laissèrent ainsi leur peau. Que leurs âmes trouvent la paix dont elles ont rêvé et pour laquelle elles se sont battues jusqu’au bout.

Ils furent donc victimes de leur lutte, victimes des bourreaux qui voulaient conserver leur boulot, victimes d’un système diabolique d’extermination des peuples pour s’emparer du coltan, du cobalt, du nickel, de la cassitérite, etc.

Deux ans après, qu’y a-t-il maintenant ? La fameuse mission est toujours là ; traîne le pas de son retrait et la situation n’a fait qu’empirer. Ces âmes s’en  sont allées certes ;  mais leur sacrifice n’était pas vain. Leur sang est une semence, semence de paix, de prospérité, de dignité. Et leur  courage annonce la destinée de tout un peuple : “la grandeur”…

  • En collaboration avec le magazine Je écris, Je crie.
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