Una voce saudita sul Medio Oriente

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Faysal Abbas, direttore di Arab News.

Faysal Abbas, direttore di Arab News.

Sono di nuovo ore drammatiche per tutto il Medio Oriente. In un contesto del genere conforta che il direttore del principale quotidiano saudita in lingua inglese, Faysal Abbas, abbia sentito la necessità di prendere carta e penna e rivolgersi ai suoi lettori in tutto il mondo arabo e islamico con chiarezza.

Questo è molto importante visto che, in un momento così delicato, la corona saudita preferisce occuparsi dei campionati mondiali di calcio che spera di ospitare nel 2034. Il direttore del loro principale giornale però non scappa dalla realtà e scrive in un momento cruciale per tutta la regione – e quindi anche per la corona saudita.

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“L’assassinio a Teheran del capo politico di Hamas (cf. SettimanaNews, qui), l’attacco aereo israeliano a Beirut sud che ha ucciso il principale comandante militare di Hezbollah e altre azioni militari verificatesi in queste ore dimostrano che Israele ha gli strumenti militari per agire evitando stragi di civili. Dunque bisognerebbe capire perché abbia deciso di ridurre Gaza in macerie, di uccidere circa 40mila palestinesi e rendere 1.700.000 di loro senzatetto.

Gli israeliani replicano, correttamente, che nulla di questo sarebbe accaduto senza il pogrom del 7 ottobre, ma è stato il loro ministro della difesa a dire subito dopo che gli animali si combattono come tali. Dobbiamo riconoscere però che c’è una lezione da cogliere: un decennio fa il 60% degli israeliani sosteneva la soluzione dei due stati, quello di Israele e quello palestinese, ora questa percentuale è scesa al 35%”.

In questi casi la tentazione è di disumanizzare l’altro, quello che fanno gli opposti integralismi. E allora Faysal Abbas sottolinea quanto ha scritto sul suo giornale Ronald Lauder, presidente del Congresso Ebraico Mondiale – per lui la soluzione dei due stati, uno israeliano e l’altro palestinese, è la sola opzione per il futuro: “non possiamo lasciare al terrorismo e alle minacce all’esistenza stessa di una nazione di dettarci il nostro futuro”.

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Ronald Lauder non è solo. Molte voci hanno avuto il coraggio di parlare con chiarezza in queste ore drammatiche. Particolare rilievo ha avuto il giornalista americano Thomas Friedman, che ha suggerito al primo ministro israeliano Netanyahu di scegliere Riyadh e non Rafah (il sobborgo di Gaza dove si nasconderebbero gli ultimi capi di Hamas). Ma il fiume di applausi che ha accompagnato il discorso di Netanyahu davanti al congresso americano non ha aiutato il premier israeliano a fare la scelta auspicata (cf. SettimanaNews, qui).

Così non si può che guardare con preoccupazione agli sviluppi politico militari, che sollecitano tutti a mostrare i denti. Ci sono anche i sondaggi a dare ragione ai duri: le ragioni della pace erano sostenute dal 60% degli israeliani dieci anni fa, ora il 65% degli israeliani mostra di non crederci più.

Ma proprio questo dimostra che la base per invertire la tendenza c’è ancora. Quasi un anno di ferocia e di aggressioni inaudite non hanno spento la luce della ragione da entrambi le parti e i sondaggi d’opinione, per quanto spietati, lo dimostrano.

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Così il direttore di Arab News può scrivere, con coraggio e visione, che certamente il presidente del Congresso Ebraico Mondiale, non un antisemita, per lui ha ragione, soprattutto quando scrive: “israeliani e palestinesi hanno il diritto di vivere e sognare un futuro pacifico e prospero per i loro figli. Non possiamo lasciare ai terroristi e alle minacce al diritto di esistere di una nazione di dettarci il nostro futuro”.

Il direttore di Arab News sembra dire ai suoi editori sauditi che non basteranno il calcio e gli stadi per costruire un nuovo Medio Oriente. Lo stesso discorso, a mio avviso, si potrebbe fare ai patriarchi d’Oriente: ma non c’è un giornale degli arabi cristiani che richiami i loro pastori alle comuni responsabilità.

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