Beirut contro Nasrallah

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REUTERS/Mohamed Azakir

Oggi, 6 agosto, alle 16, ora italiana, torna a parlare il capo di Hezbollah, Hasan Nasrallah. Il leader miliziano si prende di nuovo la scena a nome del Libano, a nome di tutti e ci sarà sola la sua voce nell’ora della battaglia. Il suo intervento, infatti, è dettato da ragioni di politica interna: deve cancellare quel che accaduto in queste ore, deve cancellare Beirut.

Infatti, non notata dal mondo ma emersa su tutti i media locali, nonostante la grande apprensione per la guerra che incombe, Beirut è insorta contro Nasrallah e la sua truppa miliziana che il 4 agosto del 2020 l’ha distrutta demolendo il suo porto, cuore economico e commerciale della città. Un colpo mortale che il mondo ha dimenticato nella ricerca del solito conflitto tra nemico esterno e fronte libanese unito dietro il leader di Hezbollah. Ma non è così.

Il 4 agosto Beirut è insorta contro Nasrallah nonostante la guerra incombente e lo ha fatto con l’orazione pronunciata da William Noun, il fratello del pompiere libanese morto mentre tentava di fermare l’incendio del porto, appiccato dai piromani di Hezbollah che dovevano mettere a tacere l’intera città da anni restia a piegarsi alla dittatura miliziana di Nasrallah e soci.

William Noun ha chiesto giustizia per suo fratello ma anche per le vittime del 7 maggio 2008, quando i miliziani di Hezbollah invasero Beirut occupando i centri abitanti dei drusi, dei sunniti, delle comunità che non volevano accettare l’ordine miliziano di Hezbollah, che definì quel giorno, in cui i suoi miliziani marchiarono a fuoco le strade conquistate in ogni quartiere di Beirut, come il giorno della gloria.

Quella data rimane incisa col fuoco nel cuore di tutti i libanesi tanto quanto quella del 4 agosto, perché mai sino ad allora le armi della “resistenza” si erano levate contro i propri concittadini in modo così brutale, evidente, collettivo.

È vero che loro avevano ucciso Rafiq Hariri, poi un numero enorme di leader e intellettuali cristiani, ma mai avevano osato conquistare i quartieri degli altri strada per strada, isolato per isolato, ponendo sotto assedio le residenze dei leader delle altri comunità.

Sono passate poche ore e il 5 agosto, di buon’ora, tutti i social libanesi sono stati invasi da insulti feroci, mortali contro William Noun. Gli hanno addossato la colpa di tutto, lo hanno indicato come il nemico mortale, il traditore.

Questa contestazione è stata insopportabile per Hezbollah, Beirut non deve osare in questo frangente di rivendicare la propria identità plurale. È questo il motivo di fondo per cui proprio oggi pomeriggio Hasan Nasrallah deve parlare, imporre la sua voce sopra tutte le altre voci della capitale plurale del Libano. Certamente Nasrallah, prendendo questa decisione, si è ricordato di un vecchio slogan dei tempi passati: «nessuna voce si levi sopra la voce della battaglia!».

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