Medio Oriente: la speranza americana

di:

usa-mo

I 95mila casi di colera accertati ma non dichiarati in Yemen sembrano confermare l’importanza della prudenza, quella che gli Houti non hanno avuto. Anche per questo quasi tutti nella regione sembrano immobili, il dito sul grilletto e gli occhi puntati sul calendario – per la precisione sul giorno di ferragosto.

Per quel giorno infatti l’ufficio del premier israeliano ha fissato il viaggio dei negoziatori israeliani per definire ciò che ancora manca all’intesa sul cessate il fuoco di Gaza e sul rilascio degli ostaggi. I termini del comunicato ufficiale non potevano essere più ottimisti: “to finalize the details for implementing the framework agreement”.

Si tratta del famoso accordo in tre fasi come indicato da Biden ormai mesi fa. L’impegno di Netanyahu è stato assunto poche ore dopo l’inusuale richiesta congiunta di Stati Uniti, Qatar ed Egitto di procedere senza altri rinvii a mettere in pratica l’accordo.

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Secondo gli americani, se Netanyahu lo facesse potrebbe ancora ottenere la sua alleanza militare con l’Arabia Saudita, che attende da mesi un sì israeliano, accompagnato ovviamente dalla disponibilità a risolvere le dispute con i palestinesi tramite un negoziato.

Gli americani sembrano convinti che questa formula possa funzionare e possa fermare la vendetta iraniana. Proprio loro, gli iraniani, si potrebbero presentare agli alleati dell’asse della resistenza come i vincitori, quelli che avrebbero costretto Israele a cedere: salverebbero così i loro terminal petroliferi da rappresaglia certa.

Il libanese Nasrallah potrebbe poi esibire un ancor più raro successo: aver paralizzato per settimane Israele, impedito il ritorno della popolazione nelle città del nord fino a ferragosto, gettato nello scompiglio l’aeroporto di Tel Aviv. È quello che Nasrallah ha rivendicato nel suo ultimo discorso: stiamo imponendo al nemico un prezzo economico molto salato.

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 Se andasse così arriverebbe anche l’accordo tra Israele e Libano, con il mediatore americano pronto a tornare a Beirut e mettere su carta i nuovi confini e il ritiro di Hezbollah a 40 km dal confine.

L’enorme dispiegamento militare statunitense sta lì a dire a tutti che se questa formula dà a tutti qualcosa, le altre esigerebbero da tutti prezzi enormi.

Joe Biden, riferiscono molti report di stampa, nella loro ultima burrascosa conversazione, avrebbe dato a Netanyahu due settimane di tempo per firmare l’accordo. Ferragosto ormai si avvicina e per Netanyahu si avvicinerebbe dunque l’ora di decidere.

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