È uscito in Brasile il volume Missionários no ambiente digital: em nome de quem? (Missionari nell’ambiente digitale: in nome di chi?), dell’editrice Santuário e Paulinas, scritto da Moisés Sbardelotto. L’autore è professore di Comunicazione, Teologia Pratica e Scienze della Religione alla Pontificia Università Cattolica di Minas Gerais, coordinatore del Gruppo di riflessione sulla comunicazione della Conferenza episcopale brasiliana e collaboratore dell’Istituto Humanitas Unisinos (IHU) dei gesuiti brasiliani. Del testo pubblichiamo il capitolo introduttivo.
Fin dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ha convocato la Chiesa a una «uscita missionaria». Questo dinamismo spinge la comunità ecclesiale principalmente a «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» [1]. Per questo, tra una Chiesa accidentata che esce per le strade e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, il papa non esita a preferire la prima. «Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza» [2].
La “riforma digitale”
La Chiesa si trova attualmente in mezzo a una “riforma digitale”, una vera rivoluzione socioculturale spinta dalla cultura digitale che sta provocando anche una trasformazione religiosa. Con ciò, gli ambienti digitali non solo offrono i mezzi per far sì che le persone pratichino in modo più autonomo e comunichino pubblicamente la propria fede in rete, ma anche per interconnettersi in modo globale e istantaneo.
Data la facilità di accesso e di partecipazione sociale negli ambienti digitali, le pratiche religiose lì realizzate stanno risignificando processi basilari dell’esperienza del cattolicesimo, come la sua stessa missione e la sua comunione.
Da parte sua, specialmente a partire dal 2020, la Chiesa ha assunto come focus della sua riflessione giustamente la “sinodalità”, il “camminare insieme” (syn + odos, in greco) in mezzo a questo «cambiamento d’epoca», come ribadisce Francesco.
In marzo di quell’anno, è stata annunciata la convocazione, da parte del pontefice, di un nuovo Sinodo dei vescovi, l’assemblea consultiva dei rappresentanti dell’episcopato e di membri della Chiesa cattolica in generale, volta ad aiutare il papa nel governo della Chiesa.
Il tema scelto dal papa è stato «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione». Nel discorso inaugurale di questo processo sinodale nell’ottobre 2021, Francesco ha affermato che si tratta di «una grande opportunità per una conversione pastorale in chiave missionaria» e, citando il teologo francese Yves Congar, ha spiegato: «Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa» [3].
Missionari nell’ambiente digitale
Il processo sinodale contemplava due sessioni dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, tenute in Vaticano nell’ottobre 2023 e nell’ottobre 2024. La preparazione per queste sessioni è stata abbastanza innovativa rispetto ai Sinodi precedenti, essendo stata suddivisa in tre fasi distinte: la fase diocesana, da ottobre 2021 ad aprile 2022, che ha promosso un grande e inedito processo di ascolto dei fedeli nelle diocesi di tutto il mondo; la fase continentale, da settembre 2022 a marzo 2023, nella quale si sono tenute assemblee delle Conferenze episcopali dei diversi continenti; e la fase della Chiesa universale, cioè le due sessioni dell’Assemblea generale del Sinodo, in Vaticano, entrambe con la presenza di più di 400 delegate e delegati da tutto il mondo.
Francesco ha già chiarito che «proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» [4]. La sinodalità, quindi, deve manifestarsi come lo stile in cui la Chiesa vive e agisce nella sua quotidianità. Una Chiesa sinodale, nel desiderio del papa, è «un luogo aperto, dove tutti si sentano a casa e possano partecipare».
È ancora una «Chiesa dell’ascolto», che ascolta i richiami dello Spirito e anche dei fratelli e delle sorelle, a partire dai segni che provengono dalle realtà locali.
Infine, è una «Chiesa della vicinanza», che si basa sullo stile di Dio, che è compassione e tenerezza, al fine di stabilire legami di amicizia più forti con la società, «una Chiesa che non si separa dalla vita, ma si fa carico delle fragilità e delle povertà del nostro tempo, curando le ferite e risanando i cuori affranti con il balsamo di Dio» [5].
Nuovi linguaggi
Una Chiesa sinodale, quindi, è una Chiesa profondamente comunicativa. Missione, partecipazione e comunione sono processi fondamentalmente attinenti alla comunicazione. E oggi, in tempi di «riforma digitale», la Chiesa si trova in mezzo a un’effervescenza di nuovi linguaggi, pratiche e tecnologie della comunicazione. In questo senso, gli ambienti digitali acquisiscono una rilevanza molto significativa di fronte alla sfida di «camminare insieme» in missione, in comunione e con partecipazione.
Questa preoccupazione appare nelle diverse fasi del Sinodo e nei vari documenti compilati dalla Segreteria generale nel processo sinodale. Nelle fasi diocesana e continentale, si è tenuto anche un inedito «Sinodo digitale», come è stato ufficialmente chiamato. Questo progetto pilota ha cercato di promuovere la riflessione sinodale nelle principali reti e piattaforme digitali.
A sua volta, la prima sessione dell’Assemblea generale ha enfatizzato proprio i «Missionari nell’ambiente digitale» come titolo di uno dei 20 capitoli della sua Relazione di sintesi sulle principali questioni trattate. E la «missione nell’ambito digitale» è stato anche il tema scelto dallo stesso papa Francesco per essere approfondito da uno dei 10 gruppi di lavoro da lui richiesti in preparazione alla seconda sessione dell’Assemblea generale.
Se, quindi, la sinodalità è il «modo di vita» caratteristico della Chiesa, e se la cultura digitale è oggi un ambiente di vita delle società contemporanee, questa interrelazione dev’essere pensata e praticata in modo consapevole e critico. Ciò comporta il discernimento delle possibilità e anche dei limiti, sia dal punto di vista della cultura digitale in generale, sia dell’azione dei «missionari digitali» in particolare, secondo una prospettiva sinodale della Chiesa.
- Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale Evangelii gaudium [EG], n. 20.
- Francesco, Messaggio per la 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 2014.
- Francesco, Discorso nel momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021.
- Francesco, Discorso nella commemorazione del 50º anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, 17 ottobre 2015.
- Francesco, cit., 2021.
- EG 27.
Moisés Sbardelotto, Missionários no ambiente digital: em nome de quem?, Coleção «Comunicação Pastoral», Editora Santuário e Paulinas (Brasile), 2024, pp. 136
Mi permetto di segnalare un articolo in italiano sulla Civiltà Cattolica, che “nasce” dal libro di Sbardelotto
https://www.laciviltacattolica.it/articolo/missionari-nellambiente-digitale-pensare-la-sinodalita-al-tempo-delle-reti/
Eccessivo scomodare la sinodalita’ per sostenere in ambito ecclesiale le opportunità delle nuove tecnologie digitali: anche questa è ideologia tradizionalista.
Bello il commento di Angela! Nella Chiesa purtroppo hanno una fortuna digitale chi è tradizionalista. Paradossale ma sorprendente: il tradizionalista convince e avvince più del progressista. Detto questo la Chiesa abita l’ambiente digitale ma solo promovendo alcuni. Se il prete di turno (vedi don Ravagnani) ha fortuna … allora viene sponsorizzato. Triste modo di fare “pastorale” e do creare una sua cultura digitale.
Non voleva essere un attacco al tradizionalismo, notavo solo un’adesione abbastanza pigra a logiche secolari. Stesse battaglie, stessa polarizzazione ecc. Con il senno di poi non so quanto si potesse fare meglio, alla fine le voci ufficiali (Avvenire, Vatican News, Osservatore, Civiltà cattolica..) reggono meglio di Twitter o Repubblica nel tentativo di raccontare tutto il mondo e non solo lo spicchio che interessa. Resta quasi impossibile il dialogo interpersonale purtroppo…
La Chiesa secondo me è completamente fuori dal mondo digitale, prendiamo un sito come questo che pure espone argomenti molto interessanti. Commentiamo in pochi, quasi in termini solipsistici, non esistono notifiche, quasi nessuno della redazione risponde. E anche nel resto della blogosfera non va meglio, nel migliore dei casi si riproducono le stesse dinamiche del mondo secolarizzato: destra contro sinistra, progressisti contro conservatori, a volte è veramente difficile capire cosa aggiunge alle discussioni il fatto di essere cristiani.
Detto ciò non so, forse alla fine è bene così e amen. Negli ultimi anni ho iniziato a seguire su instagram qualche casa editrice, Vita e pensiero Edb Queriniana, anche i valdesi di Claudiana. Non si discute, non si litiga ma arriva qualche pensiero che consola il cuore, forse più di così è impossibile.
Gentile Angela, ho ritenuto opportuno replicare al commento, da redattore, contraddicendo quanto tratteggia, per cercare di fare un po’ di chiarezza. Cito: “Commentiamo in pochi, quasi in termini solipsistici, non esistono notifiche, quasi nessuno della redazione risponde”. Ogni blog ha persone affezionate che lo seguono regolarmente e compartecipano alla discussione in modo continuativo; non è strano, è anzi la norma e la riprova del costituirsi di una comunità digitale solida e persistente. In relazione alle repliche della redazione, anche qui preferisco chiarirle che non è prerogativa di una redazione intervenire nella discussione. I contenuti che postiamo hanno per noi sicuro valore, altrimenti non li porremo in rete. Il blogger interviene nel dialogo solo in casi eccezionali, lasciando spazio alla conversazione sul tema proposto. Probabilmente non le è chiaro come un blog funzioni, differenziandosi da un forum. Il blog, ancora, non è uno strumento equiparato ad una testata editoriale telematica; anche in quest’ultimo caso, tuttavia, noterà che i giornalisti autori dei pezzi, così come i comitati di redazione, non intervengono ribattendo ad i commenti se non in casi assai rari e motivati. I social sono tutto un altro capitolo, con dinamiche assai differenti. A nostro avviso l’obiettivo da raggiungere è fare buona informazione, farlo in modo continuo, suggerire spunti di riflessione e garantire un terreno di scambio sul quale, al netto del turpiloquio e dell’inconsistenza, tutti sono benvenuti. Lungi da noi voler immaginare di essere l’archetipo della comunicazione digitale della Chiesa. E’ un tema molto complesso e configura un compito assai arduo, al limite dell’impossibile per le contraddizioni e le finezze che vede insite. Potrei parlare ore, ma non è il nostro.