Il Parlamento ucraino ha approvato in seconda lettura e in via definitiva (20 agosto) la legge che chiude lo spazio operativo alla Chiesa ortodossa di Onufrio, quella non autocefala, canonicamente legata al Patriarcato di Mosca.
Sotto il titolo, Per la protezione del sistema costituzionale nell’ambito delle attività delle organizzazioni religiose, il testo rende illegale la presenza e l’attività di Chiese o famiglie religiose che abbiano legami con la Chiesa russa, considerata parte attiva nella guerra che, da oltre due anni, devasta il paese (cf. qui su SettimanaNews).
Approvato in prima lettura il 19 ottobre 2023, il disegno di legge è stato poi rallentato per le pressioni internazionali e modificato (1.200 le proposte di emendamenti). Entrerà in vigore fra 30 giorni. Ci vorranno altri tre mesi per definire i regolamenti e altri 6 perché una commissione controlli le procedure e i ricorsi.
Il 16 di agosto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un messaggio video ha reso pubblica la decisione di legiferare per evitare ogni manipolazione da parte di Mosca.
Lo stesso giorno, il Comitato per la politica umanitaria e l’informazione ha raccomandato il testo all’approvazione dell’assemblea. I voti a favore sono stati 265, i contrari 29, gli astenuti 4 e i non votanti 24. Secondo Zelensky è necessario «togliere a Mosca le ultime possibilità di restringere la libertà degli ucraini. Le decisioni proposte devono essere efficaci al cento per cento».
Complici?
Il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose si era espresso favorevolmente alla legge l’11 aprile 2023, affermando contestualmente «che i diritti e le libertà religiose sono rispettati in Ucraina».
Il 16 agosto 2024, il Consiglio ha ripetuto la condanna alla Chiesa russa «complice dei crimini sanguinosi degli invasori russi»: «Sosteniamo l’iniziativa legislativa del presidente volta a impedire l’attività di organizzazioni (con legami con la Russia) nel nostro paese […]. Affermiamo che i diritti e le libertà religiose sono rispettati in Ucraina, anche di fronte a una guerra brutale».
Ma, nel Consiglio in esame, mancavano i rappresentanti della Chiesa di Onufrio e questo lascia qualche perplessità. Sull’assenza s’innesta la dura critica di Nicolas Balashov, consigliere del patriarca di Mosca, Cirillo. Per le norme interne al Consiglio, le decisioni devono essere unanimi. Anche se risulta curioso che la critica venga da Mosca che presiede un’analoga istituzione ma in cui non è previsto alcun «diritto» delle Chiese minori.
Il vescovo Onufrio non si è ancora espresso. Molto efficiente e rapido nel porre una netta distanza dall’invasore il giorno stesso dell’avvio della guerra e assai tempestivo nell’organizzare un Sinodo in cui modificare tutti gli elementi di «dipendenza» rispetto a Mosca, il gerarca, che gode di grande rispetto, ha cercato di contenere le critiche al governo e manifestare il pieno assenso all’azione bellica dell’esercito ucraino.
Ma l’incapacità di allontanare i vescovi troppo filo-russi, di censurare i gerarchi proni alle volontà di annessione del Cremlino (Donbass e Crimea), di affermare efficacemente l’appartenenza ecclesiale dei territori occupati e, in senso contrario, di produrre rapide e radicali censure a quanti mostravano interesse a passare alla giurisdizione canonica della Chiesa autocefala, lo hanno indebolito.
La sua Chiesa, accreditata di 10.000 parrocchie, è ancora la comunità maggioritaria nel paese e le folle raccolte nelle celebrazioni pubbliche testimoniano un consenso diffuso.
Pro e contro
La decisione legislativa è stata preparata dal viaggio di una delegazione ufficiale dello Stato al patriarca ecumenico di Costantinopoli il 14 agosto. Oltre al metropolita della Chiesa autocefala, Epifanio, vi erano infatti il capoufficio del presidente, Olena Kovalska, e il responsabile del servizio di Stato per la politica etnica e la libertà di coscienza, Viktor Yelensky. Bartolomeo ha dato il suo consenso, affermando il suo sostegno «a tutto ciò che è bene per l’Ucraina». Contestualmente, ha inviato una sua commissione a Kiev per monitorare gli eventi.
La questione della legge contro la Chiesa filo-russa è esplosa fin dal riconoscimento dell’autocefalia nel 2019, ma la guerra di invasione russa ha esasperato la situazione. Non sono mancate le perplessità e le critiche.
L’arcivescovo maggiore degli Ucraini, il maggiore esponente della comunità greco-cattolica del paese, mons. Svjatoslav Ševčuk, in un’intervista a Ukrainska Pravda (19 gennaio 2023) ha fatto notare: «Interdire quella Chiesa vuol dire consegnarle la palma del martirio. La si inviterebbe a entrare realmente nell’orbita dell’opposizione silenziosa, giustificandone le rivendicazioni».
A un esponente politico ha detto: «Se volete dare un futuro al Patriarcato di Mosca in Ucraina, mettetelo fuori legge» (cf. qui su SettimanaNews).
Ma il consenso espresso dai greco-cattolici nel Consiglio panucraino delle Chiese fa pensare a un cambiamento di posizione. In questi giorni un religioso, Andreij Smyrnov, ha sottolineato che, se non vi è un consenso condiviso dai responsabili, è facile prevedere che l’attività religiosa della Chiesa di Onufrio continuerà: «Dopotutto, la nostra legislazione è così democratica che consente alle comunità religiose di operare anche senza una registrazione formale».
Decisione storica
Di altro tono le voci di numerosi deputati, come Irina Gerashenko, che afferma: «È una decisione storica! Il parlamento ha approvato un disegno di legge che vieta ogni filiale del paese aggressore in Ucraina».
Pedro Poroshenko, ex presidente ucraino e grande sostenitore del tomo costantinopolitano, aggiunge: «Chi desidera lavorare per il nemico deve essere bandito. Coloro che amano Dio e l’Ucraina possono unirsi all’unica Chiesa ortodossa autocefala».
Suonano a sostegno di Onufrio e della Chiesa non autocefala gli auguri per il decimo anniversario della sua nomina a metropolita da parte dei gerarchi Daniele di Bulgaria, Giovanni di Antiochia, Ilia di Georgia, Teodoro di Gerusalemme, Porfirio di Belgrado.
Rispetto alla legge, risultano molto più prudenti e sospettose le voci occidentali. Per il responsabile di Renovabis, importante organizzazione umanitaria cattolica per l’Europa dell’Est, Thomas Schwarz: «Non tutti i gerarchi (della Chiesa non autocefala) dovrebbero essere equiparati agli aggressori russi; anche se ci sono casi confermati e perseguiti legalmente di spionaggio e di tradimento da parte di rappresentanti di quella Chiesa».
Prese di distanza sono giunte da parte di rappresentanti del Partito repubblicano degli USA e da parte dell’Unione Europea. Due voci di laici americani, un protestante (John Burgess, docente di teologia dogmatica a Pittsburgh) e uno cattolico (John Borrelli, storico delle religioni all’Università di Georgetown) si sono espresse in maniera piuttosto critica. Con il secondo che ha fatto notare: «L’interdizione della Chiesa (di Onufrio) introduce a un’altra misura governativa, e cioè il riconoscimento della Chiesa autocefala come Chiesa nazionale».
Alcuni casi
I casi di frizione fra Chiesa non autocefala e governo nazionale si sono moltiplicati. Sono una settantina i preti e i gerarchi condotti in tribunale e già condannati come collaborazionisti.
Fra i più noti, il vescovo Gionata di Tultkin e Bratslav, celebre compositore di musica liturgica, confermato nella condanna a cinque anni di prigione e poi liberato per scambio di prigionieri e intervento diretto di Cirillo (e pare anche di papa Francesco). Nel 2015 compose la Supplica per la Russia in cui si dice: «Dio onnipotente e giusto, custodisci la madre Russia, e riunisci tutti noi nell’amore per la patria nativa! Sii sempre invincibile, Terra Madre, Santa Rus’». Sono parole scritte sette anni prima dell’invasione russa, ma anche un anno dopo le grandi manifestazioni popolari contro la Russia (piazza Maidan).
Altro caso noto è quello dell’igumeno della lavra dei Sacri monti (Sviatogersk), Arsenio, accusato di aver indicato i posti di blocco delle forze armate. E ancora la sottrazione alla Chiesa non autocefala delle lavra delle Grotte a Kiev e di quella di Potchaev.
Gli organismi statali hanno deciso di proibire l’assistenza pastorale ai militari ai pope di Onufrio e connotano ogni indicazione di quella Chiesa con l’aggiunta PM (Patriarcato di Mosca). Inoltre, hanno soppresso un gruppo di giornalisti che si erano proposti per rilanciare nei media le ragioni della Chiesa “filo-russa”.
Difensori occidentali
Molto efficiente risulta l’attività di difesa della Chiesa di Onufrio a livello internazionale. In particolare, il grande studio di avvocati di Robert Amsterdam in Olanda si è messo a disposizione gratuitamente per rilanciare nelle sedi delle istituzioni occidentali le censure e le violenze amministrative del governo ucraino: arresti ingiustificati, false accuse, detenzioni improprie, sequestri degli edifici ecc.
Una seconda istituzione è l’Alleanza per i diritti umani contro la xenofobia e la discriminazione, riconosciuto come agenzia all’ONU e dalle istituzioni europee. Presieduta da importanti gerarchi ucraini, serbi, ciprioti, della diaspora europea ecc., si sta attivando con efficacia.
Forse per la loro azione o per l’evidente inconsistenza è scomparsa l’accusa che equiparava le difficoltà amministrative e legali della Chiesa non autocefala alle terribili persecuzioni delle dittature comuniste. Un paragone e un parallelo disinvolti, incomprensibili e puramente retorici, eppure utilizzati dei massimi rappresentanti delle Chiese ortodosse simpatetiche con quella russa.
Dopo le nebbie della guerra
Difficile arrivare a giudizi conclusivi prima di vedere i risultati della decisione legislativa. Essa non è conforme ai canoni dei modelli occidentali e presta il fianco a critiche pertinenti.
Sorprende lo schiamazzo della Chiesa russa tanto preoccupata della libertà civile della Chiesa di Onufrio e assai poco della sua reale autonomia canonica e delle violenze e torture perpetrate nei territori conquistati dai russi verso preti e credenti di altre confessioni e fedi.
Espressione della complessità è il rifiuto dell’amministrazione ucraina di registrare legalmente una struttura dell’ortodossia rumena nei propri territori. L’opposizione delle Chiese ortodosse è fatta in ragione del «territorio canonico» di appartenenza, ma il mancato riconoscimento inficia la libertà civile. Così come l’entrismo del governo estone nell’esigere la piena indipendenza della locale Chiesa ortodossa contraddice i principi occidentali, ma è perfettamente coerente con la tradizionale «sinfonia» fra Ortodossia e governi dell’Est Europa (cf. SettimanaNews).
Ciò che inquina e confonde l’atmosfera è la presenza di una guerra di aggressione giocata con tutti gli strumenti a disposizione da parte del potere autocratico di Putin e del suo sostenitore, il patriarca Cirillo. Solo dopo la conclusione della guerra sarà possibile una riflessione più pacata e un giudizio adeguato.
Penso sia doveroso, in un Paese che vuol entrare a far parte dell’Unione europea, garantire il diritto alla libertà religiosa sia alle persone che alle associazioni di fedeli e agli enti ecclesiastici. Qualora si ravvisi che vengono commessi reati, i colpevoli vanno perseguiti a norma di legge.
“Nel 2015 compose la Supplica per la Russia in cui si dice: «Dio onnipotente e giusto, custodisci la madre Russia, e riunisci tutti noi nell’amore per la patria nativa! Sii sempre invincibile, Terra Madre, Santa Rus’». Sono parole scritte sette anni prima dell’invasione russa, ma anche un anno dopo le grandi manifestazioni popolari contro la Russia (piazza Maidan).”. Sono parole scitte un anno dopo l’annesione di Crimea e l’inizio della guerra contro Ucraina.
Prima considerazione: la successione apostolica (S. Andrea) riguarda il patriarcato di Costantinopoli e non di Mosca. Seconda: non penso che debba essere una legge di stato ad interferire in materia che riguardano le Chiese. Terzo: Come si può conciliare una sudditanza della Chiesa Ucraina verso la Chiesa di Mosca, quando il patriarca Cirillo più volte ha sostenuto e appoggiato Putin nella sua guerra di invazione.
Ma siamo sicuri che i cristiani ortodossi ucraini siano tutti d’ accordo o e’ un atto dittatoriale di Zelensky?
No che non sono d’accordo, e infatti che anche i vescovi cattolici si sono espressi contro la legge.
Ma d’altro canto le altre confessioni cristiane non vedono di buon occhio gli ortodossi russi, perché nei territori occupati dalla Russia e dai separatisti fin dal 2014 tutte hanno subito persecuzioni, sequestri di luoghi di culto, espulsione di ministri, arresto di fedeli, attacchi agli edifici etc. tranne gli ortodossi russi, che sono stati favoriti dalle autorità di occupazione.
Comunque questa è una legge votata dalla Rada, non un un atto volitivo del Presidente
Come è invecchiata male Unitatis Redintegratio …