Il contesto vocazionale è poco favorevole. Le cause sono molteplici: perdita del senso dell’impegno, iper-sollecitazione dei giovani, calo della pratica religiosa, svalutazione dell’immagine del prete a seguito della scoperta dolorosa degli abusi commessi da alcuni ministri ordinati ecc. Se la vocazione del prete diocesano è in sofferenza, nondimeno il clero diocesano costituisce la «colonna vertebrale» della vita e della missione della Chiesa. Radicato in un territorio e appartenente a un presbiterio è il più vicino a tutti i battezzati per ragioni spirituali diverse, condividendo situazioni molto particolari (nascita, malattia, morti).
Ministero misconosciuto
«Fedeli al loro posto», nella durata del tempo e in tutte le condizioni, i preti diocesani accolgono le persone che bussano alla loro porta, incontrano quelle che non entrano più in una chiesa, percorrono chilometri per sostenere la vita delle comunità parrocchiali e investono la loro energia nell’organizzazione di eventi di grazia (campi giovanili, pellegrinaggi, formazione, celebrazioni ecc.). Straordinario ministero che si vive con una fedele e gioiosa discrezione dentro un campo missionario enorme con mezzi poveri.
E tuttavia c’è una svalutazione della missione singolare del prete diocesano. È percepito anzitutto come un “generalista”, occupato in cose molto diverse, spesso di ordine materiale o organizzativo. È celibe, profeta generoso che annuncia che la giara della farina non si esaurirà, né che l’orcio non si svuoterà (1Re 17,14). Collaboratore del vescovo, è il pastore e il servitore infaticabile della comunione ecclesiale vissuta realmente nel mezzo delle onde.
Il ministero diocesano è misconosciuto. Alcuni fedeli arrivano ad affermare che l’impegno per il celibato sacerdotale dei preti diocesani è meno serio e totale di quello dei preti religiosi! Niente è più falso.
Voto e promessa di celibato
È necessario ricordare la differenza fra le due scelte. Prima di essere ordinato, è già impegnano liberamente, dopo adeguata riflessione, a seguire Cristo povero, casto e obbediente, professando i tre voti. Tale impegno si vive dentro una comunità o una congregazione e seguendo le intuizioni spirituali di un fondatore. Così l’impegno celibatario del prete religioso nell’ordinazione rinnova e rafforza la professione del suo voto di castità. Per il prete diocesano è durante l’ordinazione diaconale che fa la promessa a vivere il celibato per significare il dono di sé stesso al Cristo e manifestare la presenza del Regno dei cieli.
Anche se la modalità è differente (voto religioso o promessa al momento dell’ordinazione), la scelta a seguire Cristo nel celibato sacerdotale si esprime con le stesse esigenze per il prete diocesano e per il prete appartenente a una congregazione religiosa.
Aggiungo che le fedeltà al celibato sono assai più numerose di quanto si pensi, ben più esigenti dei risultati sportivi, molto più feconde nel tempo. Le contro-testimonianze occasionali non devono farci dimenticare queste fedeltà reali e quotidiane.
Mentre di avvicina la ripresa pastorale, mi permetto di lanciare un appello: cerchiamo di conoscere al meglio la bontà, la necessità e l’esigenza del ministero del prete diocesano, nella complementarietà delle vocazioni e degli stati di vita. Invito in particolare i miei confratelli preti delle differenti diocesi francesi a testimoniare apertamente e collegialmente la gioia di vivere il ministero presbiterale nelle loro diocesi d’incardinazione.
P. Emmanuel Goulard è rettore del seminario Saint-Sulpice di Issy-les-Moulineaux. Il suo intervento è stato pubblicato su La Croix lo scorso 23 agosto 2024 (qui l’originale francese)
P.s.: L’articolo è molto discutibile per varie ragioni intorno alla questione del celibato. P. E. Goulard confonde, per l’ennesima volta nella storia della chiesa cattolica, il celibato con la castità, come se il matrimonio avesse in sé qualcosa di sporco e di male o fosse un male permesso. Sarebbe bene che chi la pensa così riconsiderasse quello che papa Francesco ha detto alcuni anni fa: la sessualità non è un male permesso, ma “un meraviglioso dono di Dio”. Poi, P.E. Goulard pensa che il celibato significhi “il dono di se stesso a Cristo” e una manifestazione della “presenza del Regno dei cieli”. Dunque, chi si sposa farebbe la volontà di chi? A chi si donerebbe? E di cosa il matrimonio sarebbe manifestazione? Forse P.E. Goulard dovrebbe rileggere Genesi 1, 28 e sgg., dove il Creatore fa alla prima coppia un augurio che è prima di tutto una raccomandazione: di crescere e moltiplicarsi. Nel matrimonio e nel dare la vita a nuove creature – immagini di Dio – e così nell’allevarle e prendersene cura si compie la più alta delle volontà del Creatore: dare la vita appunto, trasmetterla a nuove creature, e prendersene cura. Gesù stesso ammira questo dono, quando ricorda con infinita dolcezza, che oggi molti non sanno neanche cosa sia…, che una donna, nonostante le doglie del parto, gioisce poi perché ha dato alla vita un nuovo essere umano. E il celibato non è ascesi, ma un semplice modo di vivere il Regno dei cieli per gli altri. Solo l’autoesaltazione del proprio ruolo e l’ignoranza dei concetti fondamentali portano a oggi a giustificare l’ingiustificabile: attualmente la Chiesa cattolica impone il celibato a coloro che vogliono diventare presbiteri. Si tratta di un tabù sessuale che nulla a che vedere con le origini del cristianesimo e con i comandamenti di Gesù. E’ una convenzione diffusa per via di pregiudizi e ignoranza in area latina e che ha ricoperto la Chiesa cattolica di piaghe, al punto che oggi si preferisce l’imposizione del celibato alla possibilità di celebrare l’eucarestia.
Il mondo ha un estremo bisogno del prete che annunci, da celibe, profeta generoso, che la giara della farina non si esaurirà, né che l’orcio, eh si!, l’orcio non si svuoterà! Sono cose veramente importanti alle quali nessuno rinuncerebbe. E se il prete non fosse celibe e nemmeno casto, ne sono certo, l’orcio si svuoterebbe in quattro e quattro otto. Noto a margine che il Cristo storico era un maestro, un rabbino molto ascoltato nel Tempio. E i rabbini non dovevano essere casti, anzi, erano obbligati ad avere moglie e figli. Quindi? L’orcio di Cristo era vuoto, stante le sue concupiscenze e quello dei preti attuali e’ bello pieno? Verifichiamo.
Purtroppo quest’articolo dice poco, per non dire nulla, della reale situazione. E non riflette sul fatto che il celibato non è il presupposto del presbiterato. Nel N.T. vari responsabili delle Chiese o missionari sono sposati o è previsto che siano capi di famiglia. Tutto questo per tacere delle tante testimonianze sui presbiteri sposati nei primi secoli. Ma si fa finta di ignorarle. Così oggi la Chiesa cattolica è in condizioni difficilissime, e non solo in Amazzonia, a causa di candidati realmente idonei al presbiterato. In Francia i candidati al presbiterato sono pochissimi. Purtroppo l’autore dell’articolo neanche si pone la questione.
L’articolo tace sulla difficoltà che viene dalle relazioni con i confratelli presbiteri e con i superiori gerarchici, vescovo compreso.